Alcune misure fanno uso della virgola anziché del punto: ciò consente un più diretto copia/incolla a scopo di test su quei calcolatori di sistema che la richiedono. Vita, morte e miracoli dalle piramidiUn passaggio che trovo utile a dipanare qualche garbuglio di credulità tipicamente popolari, eppure attribuite a chi ne sapeva assai di più.Va tenuto presente che per quanto conosciamo del culto egiziano dei morti e dell'oltretomba, la nostra cultura non è organizzata per comprendere dal vero il significato e la funzione delle piramidi, intese come portali di collegamento con una dimensione al di là. Se la morte per il nostro corridoio e razionale può significare solo la fine dell'esistenza terrena, e tutt'al più un passaggio mal definito all'eterno, nella cognizione iniziatica egizia rappresentava la soglia, vero ponte di continuità ultraterrena, nozione questa a cui la scienza corrente non è preparata, e neppure la religione cattolica che riesce solo a distorcerla a suo pro.La tomba faraonica quindi si traduce da un concetto cimiteriale irreversibile, al più di mausolèo, sepolcro monumentale dedicato come capolinea a spoglie illustri, ad un avanzato strumento per salvaguardare ed interconnettere le realtà energetiche del defunto, corpi alterni a quello fisico e relativamente più duraturi, ad un livello di esistenza ed operatività parallelo, che a noi è ignoto. Nel caso della piramide attribuita a Cheope, che invece per l'autorevole chiaroveggente Egar Cayce ed altri risale a più di 10mila anni, un sarcofago vuoto può ben rappresentare l'opposto della morte come ultimo stadio, invitando la sua collocazione e specialissima fattura a servirsene per esperienze ESP. È tale premessa, benché qua esposta in modo rudimentale, che combina la scelta e costruzione di questa Grande Piramide, destinata più che alla funzione di singola tomba, ammesso e non provato che lo fosse nella sua irripetibile collocazione, a quella di apparato cosmico interattivo con livelli di frequenze di ordine superiore. Secondo lo studio ispirato all'Ing. Mario Pincherle – Dedicato all'Accademia Dei Lincei nel 1969 – fu eretta come involucro dello Zed, o Djed, parola e simbolo primario in ogni culto egiziano, tradotto come ‘presenza’, ‘stabilità’; simulacro che rappresenta un pilastro antropomorfo o un uomo mummificato recante uno scettro e una croce ankh, simbolo di esistenza eterna, colonna vertebrale del dio Osiride, dispositore ultraterreno di morte e rinascita, giustizia e rigenerazione, quindi ancor più dell'esistenza in vita. Non occorre certo ricorrere agli Egizi per affermare che la spina dorsale è sede del fluido vitale; mi limito a far notare la presenza di quattro livelli in lastre o spazi, che evocano i quattro Elementi, sovrastate dalla quinta come cupola. Se è così, la piramide è assolutamente il mezzo più indicato, forse il solo adeguato aggiungerò di riflesso, per salvagurdare anche in tal senso, ossia nel silenzio di una transitoria tomba per lo scorrere necessario di millenni, la più sacra torre di provenienza Accadica o Atlantidea. … l’entità diventò il supervisore delle escavazioni, nello studiare le vecchie documentazioni e nel preparare e costruire la casa delle documentazioni per quelli di Atlantide, nonché una parte della casa per gli iniziati - - ossia la Grande Piramide.
L'antica Testimonianza di Atlantide a Gizeh – www.edgarcayce.it
Un dispositivo forse anche capace di disintegrarsi o dissolversi nell'etere, una volta concluso il compito di mantenimento fino al sorgere di una nuova fase di evoluzione del e sul pianeta.
Verrà il giorno in cui la torre renderà ciò che le è stato affidato,
la Piramide salterà come un ariete e allora terminerà la triste età del ferro. (si dice dal “Libro di Enoch”)
Sebbene varie altre piramidi ricalchino con uno scopo comune al tempo degli Egizi certe proporzioni geometriche e matematiche, è più che evidente che la Grande Piramide sia unica, se non di gran lunga superiore, perciò antecedente ed irripetibile, e che la sua unicità ultraterrena, certamente non concepita ai tempi di Cheope, possa aver costituito il modello di riferimento e indottrinamento ideale per certe pratiche, avanzate sì, ma di orizzonte più circoscritto.
Nessuna persona dotata di buon senso può pensare o immaginare una vita eterna. Chiunque attribuisca agli iniziati egizi una siffatta credenza, offende con la sua stessa ingenuità una élite che quantomeno ha fatto scuola ai filosofi greci e latini. In primis, perché una definizione di vita eterna dopo la morte è una contraddizione in termini. Significato ed etimologia di ‘Vita’ riconducono al vivere, mai al dopo essere defunti. Ma soprattutto perché chiunque di media cultura può distinguere la vita materiale, o incarnazione, dalla sua coesistenza spirituale, in termini comuni chiamata anima sebbene in una forma ancora grezza, non disponendo la scienza dei mezzi per poterla classificare o riconoscere nella sua realtà; laddove la santa chiesa ne fa oggetto di monopolio e mercimonio da secoli depistando e soggiogando i suoi credenti; e dunque una conoscenza tutt'ora riservata a pochi dotati di un'evoluta capacità di contemplarla in proprio. Eppure basterebbe usare la ragione: non occorre essere occultisti per dedurre dal concetto stesso di re-incarnazione il senso di continuità della vera esistenza, che non è e non potrà mai essere quello di una singola vita protratta all'infinito. Che si possa uscire con il corpo astrale dal proprio corpo fisico in vita (poi anche da quello astrale), allontanandosi a distanze e dimensioni impensabili compiendo azioni ed esperienze, per poi reintegrarsi, dovrebbe essere ormai appurato ed ottimo punto di riferimento.A maggior ragione una civiltà che ha dato e lasciato tali testimonianze di sviluppo interdimensionale da non riuscire ancor oggi a decifrarle per intero, aveva motivo e conoscenze sufficenti a praticare e predisporre mezzi a supporto degli stadi di trapasso dell'entità che anima ogni singola incarnazione, verso lo status di eternità spirituale cosmica che le competeva sia da prima che dopo, sempre che le fosse stato conferito. D'altra parte, se il lemma stesso di re-incarnazione non ne prevede una sola, è comprensibile che tradurre il post mortem – o qualsiasi nuova era – in un'idea astrusa di vita eterna o resurrezione, anche se controbilanciata da un malcelato senso di superiorità, non sia che indice di dabbenaggine. Basterebbe chiedersi a quale età possa morire chiunque ed a quale resusciterebbe per poi viverla in eterno… | ||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L'Abate Théophile MoreuxPer salvarsi dal tumultuoso oceano di articoli e sentenze che vieppiù si accalcano nel web, e metter piuttosto a confronto alcune fonti storiche tra le più accreditate o eminenti, sarà opportuno fare un passo indietro nel tempo.Incontriamo il ben noto studioso Abate Théophile Moreux, missionario della divulgazione scientifica, tra i più noti riferimenti recenti – verosimilmente reincarnato dopo aver vissuto come Apollonio di Tiana, forse egli stesso me lo sussurra, e così ve lo propongo – il quale nella sua molta indagine, dopo averne tracciato le premesse esordisce sul π ufficiale (3.1416) con le seguenti riflessioni:
I metodi utilizzati per ottenere questo risultato erano sconosciuti all'antichità classica;
si basano su considerazioni del tutto moderne; eppure vedremo che questa costante ricercata per tanti secoli si materializza, per così dire, nella Grande Piramide. «La science mystérieuse des pharaons» (1943, Abbé Th. Moreux – p.37)
Una conclusione ricca di enfasi quanto di contraddizioni, e tuttavia auto-illusoria in quanto basata su fatti presunti: cioè che i metodi moderni siano quelli giusti, ‘eppure’ che la costante la si trovi già presente nella Piramide di Giza.
Un vezzoso compiacimento dell'assurdo, per uno scienziato: è sconosciuta la formulazione di un numero irrazionale ricercato per i successivi 4mila anni, ma che ‘si materializza’ come per incanto nella gigantesca architettura in pietra, l'ultima delle 7 meraviglie del globo, piazzata per longitudine al centro delle terre emerse a 30°N e 30°E: a quale casualità dovremmo credere? ma il peggio deve ancora proporsi: per andare incontro a tale miracolo, con una scappatoia a basso costo si aggiustano misure della piramide in modo che le corrisponda la quadratura del cerchio nel perimetro della base, secondo quel π che però rende incompatibile la seconda conditio sine qua non: l'area di ogni facciata uguale a quella dell'altezza al quadrato.
Sommiamo i quattro lati della base del monumento, il cui valore originario era
di 232 m. 805; avremo per il perimetro 931m. 22: Sia: 4 x 232.805 = 931.22 Dividiamo ora la lunghezza di questo perimetro per 2 volte l'altezza della Piramide che era di 148 m 208 al momento della sua costruzione, troveremo il valore di π. In effetti 931,22 / (2 * 148,208) = 3,1416. Si noti che questo risultato non può essere casuale, perché secondo la legge formulata da Erodoto e che abbiamo citato, l'angolo delle facce avrebbe dovuto essere 51°49'; tuttavia, questo angolo è in realtà 51°51' e risulta che il rapporto tra il perimetro o la somma dei 4 lati della base rettangolare e l'altezza verticale è uguale a 3,1416 x 2, cioè a dire al rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo raggio; sicché questo monumento unico al mondo è davvero la consacrazione materiale di un valore importante per il quale lo spirito umano ha profuso sforzi inimmaginabili. Da quale fonte i produttori hanno attinto questa nozione? Mistero sempre! «La science mystérieuse des pharaons» (1943, Abbé Th. Moreux – p.23)
Coincidenza piuttosto forzata, poi vedremo anche come; tuttavia un mistero da esaltare, giacché evoca il connubio di verticale ed orizzontale, astratto e concreto, spirito riconosciuto nel cerchio, e materia nel quadrato.
Va però notato subito che se l'angolo 51°51' – vedi sotto – non corrisponde a quello di 51°49' indicato da Erodoto (e da Keplero), ciò invita ad alcune riflessioni. Erodoto poteva riportare tale misura soltanto se gli era stata riferita da chi la conosceva con esattezza, non essendo in grado di rilevarla con mezzi propri. Ciò premesso, e così come la misura teorica risulta corretta proprio a 51°49', il solo che soddisferà l'autentica Quadratura del Cerchio e tutto il resto con il π 3.14460, possiamo arguire che l'angolo 51°51' valesse a soddisfare la tendenza a far quadrare un cerchio con un raggio~altezza maggiore quanto basta per il π 3.14159. Ne vedremo dettagli e conferme più avanti, nelle dettagliate relazioni di W. M. Flinders Petrie.
L'angolo giusto?Chiamandola ‘Teoria del pi (π)’, l'autore Christopher Bartlett, recita:La teoria Φ (Kepler) fornisce un angolo teorico di 51°49'38 (51,827"), mentre la teoria
Le teorie Φ e a causa di questa stretta similarità. Nexus Network Journal – Architecture and Mathematics
Un conflitto apparente, che sorge unicamente dalla teoria fondata su un π alterato.
Si vedrà che Il metodo e la base teorica delle misurazioni di Cole e Petrie differivano, ma i risultati coincidevano ‘entro i limiti consentiti’ (diciamo come tra 3.1416 e 3.1446 ?)
The design of The Great Pyramid of Khufu, p.9 Determinazione delle dimensioni esatte e dell'orientamento della Grande Piramide di Giza."
"J. H. Cole, del Survey of Egypt, ha effettuato nel 1925 un rilevamento della base di questa piramide, le dimensioni, la forma e l'orientamento esatti della base originale della Piramide alla pavimentazione. Le distanze sono state misurate con il Base Line Apparatus progettato da M. M. Benoit e Guillaume utilizzando fili invar standardizzati da 24 metri. Gli angoli sono stati misurati con un teodolite micrometrico Troughton e Simms da 6 pollici. Il metodo e la base teorica delle misurazioni di Cole e Petrie differivano, ma i risultati coincidevano entro i limiti dell'errore ammissibile." "Determination of the Exact Size and Orientation of the Great Pyramid of Giza. By J. H. COLE. - Survey of Egypt. SURVEY OF EGYPT PAPER No. 39. Government Press, Cairo, 1925.
Il goniometro grafico nel PDF conferma naturalmente il rapporto aureo, reso noto da Keplero, mentre nessuna teoria riferita al π potrebbe avere buon esito fuori dall'insieme di proporzioni già precisate tra le basi, altezze e spigoli. sebbene lo stesso suo saggio riproduca meritevolmente il lavoro di Gantenbrink, da quella grafica non si può certo dedurre una angolazione così precisa; ed egli non può che citare come una contesa quella tra le due teorie, che chiama Golden Ratio Theory e del π. È ormai chiaro per tutti che un'altezza della piramide come raggio di una circonferenza uguale al perimetro della base, ma calcolata con π 3.14159, essendo questo minore di 3.14460, dovrà risultare maggiore di quella richiesta dal π reale. Questa maggiore altezza farà saltare il rapporto aureo delle facce e la loro area non sarà uguale al quadrato di quel raggio. Per rendere meglio l'idea alla valutazione pratica, questo è il diagramma
Si trovano infine proposti qua e là angoli di
51º 52' ± 2', 51º 51' 20", 51º 51' 14.3", 51º 50' 39.1", 51º 50' 34.0", 51º 49' 38.3", 51º 40' 16.2", 51º 20' 25", 51°84, 51°51'46", 51°50'40", 51°826, 51°52'… anche come medie di 4 angolazioni differenti ed è arduo usare il termine ‘in realtà’.
così come si presentava nei primordi del mondo, ma con il segreto della sua natura su di sé,
completamente rivestita del suo manto di pietre levigate,
delimitata ad ogni lato da piani perfetti, terminanti a punta in cima, sorgendo da una sottostante zona rocciosa debitamente livellata ; Correva l'anno 1985, forse l'86, e mi accadde d'impulso, al mio primo sopraluogo organizzato in modo privato, con alcuni giorni aggiunti di proposito al classico programma turistico. Casa! Rammento anche di aver detto alla mia compagna di viaggio trovandoci presso la Sfinge, che esisteva un tunnel di raccordo sotterraneo nascosto che metteva in comunicazione l'interno della Sfinge con la Grande Piramide… Per ora, ritornando al Moreux: egli attribuisce al celebrato studioso Piazzi Smyth ( Le dimensioni primitive erano necessariamente alterate,
ma è facile correggerle, come ha fatto Piazzi Smyth nel 1864. Secondo questo astronomo, al quale dobbiamo un lavoro di prim'ordine su questo antico monumento, la Piramide di Cheope aveva come base un quadrato di 232 m. 805 di lato ed un'altezza di 148 m. 208 ibid. P. 23 ibid. pag. 23
e dato che la grande scoperta si imperniava sul π, quello ufficialmente ritenuto valido, non è difficile arguire che i calcoli ne avessero subìto una certa, pur leggera ma appetitosa influenza, stante la passione e la posta in gioco.
L'astronomo infatti volle essere sepolto sotto una pietra tombale con la sagoma proporzionata alla grande piramide. Il PDF riporta nella sottostante simulazione di un cartiglio dedicato alla Suprema rivelazione dei segreti della Grande Piramide ai due coniugi Piazzi Smyth, la presenza dominante del simbolo π al vertice di un triangolo. Avendo egli creduto a tal punto nella magia di questo simulacro, da sovrastare qualsiasi convinzione a livello puramente scientifico, mirò non senza sagacia alla soddisfazione di una dimensione ultraterrena. Ispirò a sua volta molti successori, che si adoprarono per porre fine a questo dibattito, senza tuttavia poter mai fornire prove definitive pro o contro; e le ragioni ormai dovremmo saperle. Tanto che lo stesso Moreux non esita a truccare i dadi:
Quanto poco mancava per trovarsi di fronte alla dimensione ideale? Un'altezza di 485,911 (148,1056728), meno di 9 centesimi di approssimazione, in questo caso 0,00018% lasciando invariata la base ! e dato che per qualche ragione le si affidava ai numeri interi, era naturale l'arrotondamento al numero più vicino; lo stesso vale per la base lasciando valore intero all'altezza, idealmente di 1528,278 piedi (232,9095672). Né si ritenne utile un arrotondamento grossolano come quello ricostruito dal Moreux, dopo quella prima verifica deludente fin dal quarto numero; o forse si pensava di doversi limitare a numeri interi per rispettare speciali unità di misura in ipotesi; ma quali che fossero, non potevano che sottostare al perfetto equilibrio della sezione aurea, che non si esprime attraverso numeri interi (nonostante i patetici sforzi mondani di farla coincidere con la simpatica serie di Fibonacci, di cui gli iniziati progettisti non avevano proprio alcun bisogno, e la cui progressione numerica non vale certo ad arrotondare le cifre). Non potendo saperlo, né supporlo, Piazzi Smyth si è davvero perso a dispetto della sua passione l'immensa gioia di scoprire quale grande tesoro contenesse la sua amata piramide: il π effettivo che in tempi moderni, composti da meccanica ed astrofisica, è da considerarsi una scoperta seconda solo a quella del fuoco. Si consola, o giustifica agli occhi del mondo una sapienza che non può ereditare (il prodotto di un'altra dimensione o civilizzazione preesistente), esaltandola sul piedistallo della primordialità: L'aver trovato, comunque, solo tre numeri correttamente costruiti nell'edificio primordiale, mostra un sorprendente risultato per quel tempo antico;
(vedi sopra)
Altri invece sottolineano la loro radicata certezza dicendo:
È quindi dato che l'equivalenza dell'area di un cerchio e di un quadrato dato è
derivata usando il valore della radice quadrata di Pi (√π)
Tuttavia, si dovrebbe comprendere che questa è un'equivalenza teorica poiché Pi è un numero irrazionale e non può essere scritto come il rapporto di due numeri interi. Ciò è stato dimostrato da Johann H. Lambert nel 1761. (22)
Inoltre, è importante notare che Pi (π) è trascendentale, per cui non esiste alcun polinomio con coefficienti razionali di cui Pi sia una radice. Ciò è stato dimostrato da Ferdinand von Lindemann nel 1882. (23) La conseguenza di ciò è che Pi non è costruibile, il che significa che non si può "costruire" un cerchio di area uguale a un quadrato usando un compasso e una riga. Pertanto l'equivalenza teorica non è costruibile. Il fascino della radice quadrata di Pi per i costruttori della Grande Piramide, a quanto pare, era semplicemente il fatto che avevano raggiunto il limite del possibile. “
Non è affatto chiaro il motivo per cui non si possano usare π e Φ allo stesso modo; ma la questione è un'altra: Lindemann ha solo dimostrato che il Pi (π) simulato è quasi inutilizzabile, se non come costante incompresa il 3.14159.
Si contendono lo scettro due valori, uno irrazionale risultando direttamente dalla
√5 , l'altro detto trascendente, in vero di provenienza ibrida, differenti per così poco da renderli fruibili senza distinzione in molte circostanze, ed è ciò che si sta verificando; ma anche tanto da far sì che mentre l'uno [3.14460] è strettamente connesso alla costante 0,7861513777574232860, (di cui ho proposto il simbolo ed il nome ‘Platinum’) e come tale mantiene in piedi una realtà in perenne e relativistica vibrazione, l'altro [3.14159] non lo è e con 0,7853981 farebbe crollare l'equilibrio del mondo.
Esistono alcune differenze tra le particelle che si allontanano
Come avevo introdotto alla pagina 28 del mio «2x2=3,14» e ribadito in seguito alla pag. quadratura-del-cerchio-con-il-vero-pi, ma senza estendermi troppo fuori dal tema di base, merita proprio in questo contesto un'immagine più azzardata, sulla base dello specialissimo parametro che è 'e quelle che si avvicinano. A velocità relativistiche estremamente elevate, gli oggetti che si avvicinano tra loro hanno un effetto repellente. Quando gli oggetti che si avvicinano tra loro si trovano a 0,78615 c, la loro inerzia è uguale al loro effetto gravitazionale. Per le particelle che si avvicinano tra loro a velocità ancora più elevate, l'effetto gravitazionale si convertirà in un effetto negativo di repulsione. Mi sono chiesto infatti se e quanto il π prenda parte alle formule che hanno condotto al suo calcolo ufficiale; mentre nel caso citato sopra, la costante potrebbe aver aggirato il problema, mantenendo insospettata ai ricercatori la sua dipendenza di ¼ del π aureo 3.14460. Il π, in genere considerato il rapporto tra un cerchio ed il suo raggio, andrebbe intesa come una costante universale indipendente da ogni stato, che con i suoi 4 quarti mantiene l'equilibrio nel moto circolare, nella gravità come nelle 4 fasi delle manifestazioni ondulatorie.
Quanto alla costante, mi limito a far osservare che applicando a 299792458 il quoziente approssimato tra i valori 3,14460 / 3,14159, = 1,0009590…, la velocità nel vuoto potrebbe avvicinarsi a 300079966; che nell'aria pura (se ne esiste ancora sul pianeta)
oscilla per l'indice di rifrazione generico
1,0002926 (incidenza calcolata con il π usuale) intorno a 299992188,
e con indice 1,000243285 a 50° Celsius (metà strada fra ghiaccio ed ebollizione), a 300006978,
valori assai più prossimi alla prediletta, istintivamente idealizzata formulazione 3×108 m/s.
A proposito, anche se costituisce il limite massimo di velocità in natura, dichiararla la massima velocità a cui può viaggiare qualunque informazione nell'universo, del quale non abbiamo certo varcato i confini, non è che una presunzione del tutto terrestre e non veritiera).
Merita rammentare che nel cerchio di diametro = 1, l'area del Divino Triangolo inscritto è √ Φ / φ2 = 0,30028310…, che è come dire area del cerchio ÷φ2 E poiché nella relatività generale si tratta della "velocità di gravità", ovvero prevista per le onde gravitazionali, e in un campo gravitazionale lo spazio è curvo, eccoci alle prese con l'intervento del π aureo.
Nel quadrato Sta di fatto che per quanti escamotage si possano mettere in campo per far quadrare questo cerchio, tutta la vasta congerie di ipotesi, ricopiate e quasi mai uguali, conversioni di conversioni per far collimare disaccordi persino sulle unità di misura e supposizioni varie, teorie tutte meritevoli in mancanza di certezze, suffragate da nutrite serie di referenze bibliografiche, esse non conseguiranno mai lo scopo prefissato, pur accontentandosi di corrispondenze soddisfacenti sulla base di una sezione aurea – degradata ad effetto, sbriciolata nella sequenza numerica ideata da Fibonacci, serie che di per sé non rappresenta alcuna legge matematica – e del π 3.1416, accordo che non è aritmeticamente possibile, cosa già ampiamente documentata.
Per tirare le somme ed avviare ad una conclusione fondata, se la maggior parte delle analisi deve contrapporre alle descrizioni di Erodoto ed altri antichi le numerose interpretazioni e relative unità di misura adottate, appare assai arduo sostenere cifre prestabilite e sicure. E poiché in questa sede interessano solo le misurazioni connesse alla dichiarata Quadratura del Cerchio, occorre partire dai due concetti base affatto significativi:
Ne deriva che ogni tentativo di far quadrare i conti adattandovi le misure della piramide comporti due effetti opposti ma egualmente proibitivi:
È difficile credere che, con la precisione con cui gli egiziani costruirono
questa enorme piramide, non ci fosse l'intenzione di costruirla sulla base di un importante disegno specifico. id. – The design of The Great Pyramid of Khufu, p.13
Su questo ha ragione, ma dovrà rimangiarsene buona parte per insufficienza del π, diluendo la supposta esibizione “per dimostrare al futuro una conoscenza matematica avanzata” come trasversale rispetto “alle loro altre preoccupazioni spirituali e funebri molto reali”.
Appare logico che tale percezione che pervade tutti dall'ammirazione all'immancabile frustrazione per la mancanza di una risposta definitiva, incrementi le più svariate visuali, sostitutive dell'applicazione di rapporti numerici che se nell'intuizione surrogherebbero la ratio aurea, in realtà diramano il pensiero in tanti rivoli, disgiunti dall'impronta di quel triangolo ieratico che al di sopra di tutto la contiene e rappresenta, π incluso. È singolare che le proporzioni della Grande Piramide abbiano esercitato una attrattiva tanto forte e ripetuta, da indurre molti studiosi a ripercorrerla con la massima cura, pur consapevoli di doverla negare ma non senza farsene una ragione, quasi fosse un tributo dovuto ad una tale genialità teoretica.
Cercherò allora in questa pagina di ristabilire un confronto dalle opere di accreditati ricercatori, dei disegni da essi affidati alla storia e alla cultura, con tale impronta decisiva e fondamentale per tutte le dimensioni che coinvolgono questa piramide. Lo scopo primo e sensato a fronte di fin troppe teorie è di mostrare quanto in realtà quasi nessuno degli schemi delineati si sottragga al magnetismo del Grande Triangolo, nonostante le immancabili varianti ed imprecisioni del tempo, dei luoghi e dei calcoli.
La struttura piramidale collega ogni lato del quadrato base ad un unico vertice, dando luogo ad una faccia triangolare, che potrebbe esserci o non esserci come superficie piena, ovvero la cui funzione precipua è di combinare le quattro essenze fondamentali in una: la Quintessenza, ‘quinta essentia’ (in greco pémpton stoichêion) a denominazione dell'etere che nella realtà ne irradia le manifestazioni vivificandole. È determinante comprendere questo passaggio dal numero 4 al numero 5 (o viceversa), in quanto geometricamente la circonferenza con centro al vertice e raggio fino alla base si trasmuta, per così dire, trasfigurandosi nel perimetro base, di cui è la ‘radice’ in virtù del rapporto aureo tra i loro corpi, che abbiamo visto essere: √ Φ su base Φ .
È nello studio svolto sulla spirale aurea di quinto livello che avevo già evidenziato quanto il numero 5 sia il radicale determinante in qualunque formulazione della Sezione Aurea, di cui ripeto solo un breve tratto indicativo: √ [0.05 + 0.05 + 0.05 + 0.05 + 0.05] + 0.5 + 0.5 = 1.118 ,
insomma √ 0.52 × 5 su base ,
che porta sia a 0.618 che a 1.618 , i quali moltiplicati tra loro fanno 1 .
Una scomposizione ai minimi termini che si potrebbe considerare banale, se non rendesse palese il come: E come ho potuto rappresentare nella mia ipotesi di spirale ed anti-spirale, al Φ è riconducibile il Vortice, un turbine che raccoglie con forza, alimenta, distrugge! Non mancava altro alla parola "piramide" che essere tradotta come “fuoco nel mezzo”. Una semplice vite può rendere l'idea della sua capacità di penetrazione, ma per immaginare la sua potenza, pensare ad un ciclone potrebbe non bastare. Si può notare in questa foto sperimentale basata su una bobina di Tesla, scattata nel 1979 con una camera Kirlian, il movimento del flusso energetico verticale in doppia elica, che peraltro riconduce il pensiero al DNA. La Quadratura del Cerchio non è solo un'esigenza geometrica ma un bisogno istintivo, per meglio dire esoterico, tradottosi per secoli nella ricerca alchemica della Pietra Filosofale, lapis philosophorum, segreto fattore di conversione tra la creatura e la sua sorgente vitale; su cui si possono leggere sul web le più dotte scempiaggini, come sempre da chi si sente in dovere di etichettare ciò che non sa o non capisce – sia detto per mettere in guardia chi non è preparato.
La scienza presenta l'univero come ‘materia’ che possiede coscienza, ma la verità è:
L’universo È C
Quadrare il Cerchio è miracolo e veicolo della Forza Motivante, il Motore Primo dell'Esistenza che induce le particelle alla densità e forma[zione] di elementi e ne governa il moto.
La realizzazione matematica e geometrica, Intelligenze della Creazione, Φ, si concretizza [meta]fisicamente parlando tutta qua: configurata ed applicata in modo funzionante nella struttura piramidale che ci è stata elargita. Alla luce di tali premesse, è quindi assai più difficile appurare quale fosse il compito affidato alla Grande Piramide, che non le sue misurazioni certe e virtuali. È imperante un quasi globale disaccordo su entrambi i postulati; ma se c'è un rappporto dato che emerge inattaccabile ed eloquente, eccolo nel Divino Triangolo Aureo.
repetita iuvant
Perché piramide?
Lo dimostra ancor meglio se non fosse che un capriccio, applicare lo stesso taglio diagonale al rettangolo di altezza doppia, e completare la figura sul lato destro per far risaltare la moltiplicazione di quattro triangoli aurei uguali. A lato non poteva mancare una distribuzione dei quattro, circolare e simmetrica sul cerchio, poiché pongono in evidenza come il quadrato a doppio tratteggio verde, i cui lati attraversano le intersezioni del cerchio con tutti i 4 triangoli, sia giusto quello che quadra il cerchio stesso. Se ne evince che il segmento che unisce le due intersezioni del cerchio azzurro con i lati del triangolo, esteso alle perpendicolari ai due estremi della base, è il lato del quadrato centrato nel cerchio equivalente. Un'ultima curiosità minore – quello (rosso) che è di uguale area, ruotato fino a far coincidere i vertici con le basi dei triangoli, tocca anche i vertici del verde perimetrale intersecando con essi il rettangolo. n.b. – I 4 profili non vanno confusi con le facce della piramide. Se per fortuna il primo enunciato prescinde dall'impiego del π, lasciando al Φ l'onere della rispondenza assoluta, e questo ci permette di appurare il valore esatto del π dall'eguaglianza tra circonferenza con raggio altezza della piramide e il suo perimetro di base – si mantiene l'assoluta relazione tra le quattro facce e la funzione di quadratura o inquartatura del cerchio, dal momento in cui per ciascun triangolo inclinato verso l'apice il rapporto tra ½base ÷ la sua altezza è Φ, e quindi il quadrato del rapporto costante che vedremo, tra ½base ÷ altezza della piramide. Tale rapporto inverso fa sì che se nel nostro profilo piramidale inscritto in un cerchio di diametro = 1 e circonferenza = π, l'altezza della piramide è Φ, l'altezza delle facce sia √ Φ, ovvero 0,78615, che configura idealmente quattro raggi che compongono il π, dipartendosi dal vertice per incorniciarne e ripartirne l'effetto fino alle quattro direzioni cardinali, o fasi cicliche più volte richiamate nei miei articoli, alle quali è orientata la base della costruzione solida. Gli stessi quattro raggi che delimitano due a due il profilo di sezione sugli assi Nord-Sud ed Est-Ovest In altre parole, è la stessa ½base che a partire dal centro del quadrato della base, nel profilo piramidale si relaziona a 0,78615¼π sul lato obliquo, mentre a partire da ogni suo angolo nelle 4 facce si relaziona a 0,78615¼π come loro altezza! Vale per qualsiasi tipo di piramide a base quadra, ma in questo sono dominanti il π e quell'interscambio di valori per cui se nella sezione della piramide Φ è l'altezza, in ogni facciata ½base ÷ altezza è Φ. Insomma, o dovrei dire in somma, π e Φ si modalizzano nelle quattro facciate che al vertice (energia) congiungono i cardini della massa rallentata, in equilibrio ideale per ogni versante o fase della costruzione. Ha senso immaginare qualcosa di casuale in tutta questa irripetibile perfezione? Quanto sopra esemplificato significa che qualunque rapporto tra altezza e ½ lato di base della piramide, [ per noi: 0,61803398874989484820458681467588 ÷ 0,48586827175664567818286387589454 ] che sia effettivamente divergente dalla √ Φ , diciamo
1,2720196495140,
per il variare dell'altezza o del lato, non consentirà l'eguaglianza di circonferenza a perimetro; ciò che infatti si verifica inevitabilmente con il π = 3.1416 anche rispettando la suddetta ratio per le aree. Lo so che mi sto solo ripetendo, ma varrà ad evidenziare che sotto certi aspetti sono i numeri quelli che decidono… anche i significati.
IL TAGLIO DELLA GEMMASe nel caso del cerchio di diametro unitario tutto è immediato, giacché la costante è la misura stessa dei lati, sul terreno aperto, in sintesi, due assiomi definiscono il taglio di questa ‘pietra’ preziosa, nella prospettiva di semplici proporzioni, ma nel contempo di un'approfondita ponderazione:
La vera chiave di volta e tutt'ora il primo segreto da comprendere non risiede solo in un fatto architettonico, ed è tanto ricco e poderoso da rendere l'emozione nel ripercorrerlo come un flusso di corrente. Si possono anche attribuire alla costruzione misure tali per cui il perimetro di base corrisponda alla circonferenza avente raggio la sua altezza, le ipotesi di misure sono molte a calpestarsi l'un l'altra ma senza nulla che sia dimostrabile; nessun vero rapporto con la sezione aurea, e tutta questa meraviglia va in pezzi. Quanto ho rilevato dai A questo schema tratto dall'Upuaut che possiamo ritenere il più indicativo, si affiancano svariati profili che, pur discostandosi l'un l'altro di poche unità o frazioni – a parte la disposizione dei spazi interni noti o ignoti, di cui non escluderei affatto ulteriori attinenze, ma che non riguardano la presente trattazione – gravitano intorno al magico triangolo confermandolo quanto basta, pur senza averne colto l'importanza geometrica fondamentale e cioè l'essenza, una verità immutabile che nessuno aveva ancora di fronte.
Più cerco di focalizzare questo mio lavoro sui dati disponibili più certificati, più vedo aumentare la marea di articoli impegnati nel definire e ridefinire ogni pietra, ogni anfratto ed inclinazione, sommersi da un catalogo di misure di cui non posso che osservare la sola curiosità descrittiva, poiché prescindono dal fattore più certo ed essenziale, a volte arrampicandosi sugli specchi per avallare l'uno o l'altro mistero.
Anche per verificare quanti più valenti autori si siano uniformati alla ratio effettiva, la sola che risponda a tutti i requisiti con impeccabile esattezza. veritiero della Sezione Aurea e del π che ne è la radice,
Comunque la si pensi, i canoni che ho prospettato sono quelli che garantiscono un prototipo di piramide perfetta in tutti i sensi esaminati e descritti dalla storia, anche per chi non li ritenesse applicati alla piramide di Giza.
Si può forse intravvedere nel π l'essenza del motore primo? per certo è il centro di ogni cerchio, o sfera e come tale garantisce l'equilibrio di qualsiasi campo gravitazionale. La visione fin qua descritta lo colloca al vertice della piramide, centro del cerchio che si farà quadrato alla base; ed il valore 3.14460 ne conforta l'assunto, benché se ne siano perdute le fonti cognitive. Quanto a queste fonti, il molto citato Erodoto non sembrerebbe altrettanto affidabile, se dichiara che lato e altezza misurano egualmente 800 piedi:“La sua base è quadrata, ogni lato è lungo ottocento piedi
e la sua altezza è la stessa” Herodotus Histories 2.124-125, translation by A.D. Godley
Si può solo supporre, dato il paradosso evidente, che ri-traduzioni affrettate, o il danneggiamento di documenti originali abbiano alterato il senso descrittivo di un'altezza raggio di un cerchio uguale alla base.
11, La storia della figlia di Cheope è paragonabile a quella della figlia di Rampsinito;
e possiamo essere certi che Erodoto non la ricevette mai dai "sacerdoti", di cui non capiva la lingua, ma da alcuni degli "interpreti" greci, dai quali fu così spesso tratto in inganno, Notes (By Sir Henry Rawlinson) – Extract from Herodotus - c, 430 BC. 'The Histories', Vol II: 124.
Tralascio anche la:
"A Letter from Alexandria on the Evidence of the Practical Application of the Quadrature of the Circle, In the Configuration of the Great Pyramids of Gizeh","authors":"H. Agnew","pub_date":"1838", non tanto perché l'Autore si è servito di un sestante fatto di propria mano, sicuramente ammirevole, Il mio strumento era un sestante di 2½ piedi di raggio, fatto di legno ben stagionato e regolato con precisione con mirini appropriati, e un filo a piombo sospeso con un sottile filo di seta dal centro. Era montato su un supporto di altezza appropriata, e l'intero apparato era solido e pesante. Con questo strumento potevo misurare angoli di altitudine con grande soddisfazione
ma perché anche le sue tavole ed ipotesi tutte imbastite sul π corrente sono viziate in radice e dunque inutili. Di fronte agli enunciati sopra esposti e loro soluzione non approssimata, tutto il resto non è che un dibattito superfluo.
Un po' di rassegna storicaPropongo tuttavia di sfogliarne alcuni casi, tra la vasta gamma di immagini e schemi di progetto distribuite un po' ovunque, verificandone quanto il rapporto base÷altezza delle misurazioni attuali si discosti dalla costante chiave 0.78615, ovvero √ Φ. Nella pubblicazione dello studio sulla geometria della piramide di Christopher Bartlett, di cui tralascio le proposizioni più soggettive, sono elencate ben 21 misurazioni della piramide, eseguite dal 1840 al 2012, di cui solo la prima (Howard Vyse) è di 232.8 × 148.2 (uso questa notazione di lato base × altezza); per lo più le altre, pur differenti per frazioni minori, si attestano intorno a 230.3 × 146.7, verosimilmente riferendosi alle misure attuali del monumento, spogliate dal suo importante rivestimento.La difficoltà nella misurazione deriva dalla distruzione araba di quasi tutti
i sottili blocchi inclinati del rivestimento, spessi circa 3 piedi (0,9144 mt,), lasciando così a gradini il nucleo interno della muratura… https://www,nature,com/articles/116942a0
A dire il vero, meno di 2 metri di differenza non sembrano coprire che per metà lo scarto che appare nei vari diagrammi, tra il perimetro virtuale completo di rivestimento e quello di soli massi nudi, ma non ne tengo conto,
avendo notato delle diversità, laddove il profilo triangolare esterno è il solo traguardo di riferimento ai calcoli decisivi.
Di Piazzi Smyth e John Taylor ho già dato cenni, Nel 1865, Piazzi Smyth realizzò il primo rilievo ampiamente accurato della Grande Piramide, che pubblicò in diversi libri e articoli. Piazzi Smyth ottenne il permesso ufficiale di svolgere questo lavoro dal viceré d'Egitto, Ismail Pasha, e ricevette assistenza dall'Egyptian Antiquities Service e dal governatore di Giza. Questi permessi sono descritti nelle sue pubblicazioni, incluso il suo libro del 1867.
1867 – Life and Work at the Great Pyramid (vol, 1, pp, ix, 4-8, 29-30).
Le sue misurazioni in due tempi a 232,8672 × 148,1328 confortano il nostro π fino al millesimo, con 3.1440.
I profili rossi tratteggiati sovrapposti alle immagini sono tutti lo stesso Grande Triangolo Aureo e mostrano assai bene la corrispondenza quasi assoluta della costruzione, lasciando quei piccoli scarti decimali a combattere con i momenti e gli strumenti di rilevamento. Quel che cerco di ribadire è che più o meno tutte le misure dichiarate – a meno che siano molto discoste dal rapporto ideale, e qualcuna, soprattutto più moderna, non manca – concorrono a delineare il profilo di base con delle differenze che unitamente ad effetti degli agenti esterni, possono essere considerate delle approssimazioni frazionarie occasionali rispetto alla mole complessiva. Tra i tanti autori, ne raffronterei alcuni più dediti alla ricerca che non alla narrativa.
State certi che la Grande Piramide è un dispositivo cosmico finito, perfetto e tutt'ora colmo di segreti, al quale l'estro dei ricercatori non potrà aggiungere né togliere niente, qualunque sia il loro punto di vista.
Anche se due tra i primi e più accreditati esploratori della Grande Piramide gli si sono avvicinati meno di altri, per le misure del 1925 Petrie relaziona meglio:
Quella del re Snefru a Meydum precedette immediatamente la Grande Piramide
e fu progettata con un sistema di misure similare. Entrambe hanno la proporzione risultante dall'altezza che è il raggio di un cerchio uguale al circùito della base, gli angoli trovati essendo
December 26,1925 – N
Pur limitandosi a cifre assai spartane,
da 3.1402 eccoci a 44 ÷7 ×2 = 3.1429! Nel 1883 doveva essere anche più complicato, sia da goniometro e livella, o da Angolo d'arresto o squadra d'acciaio, ma sempre ad occhio e croce; 24. Per ottenere l'altezza originale della Piramide, dobbiamo basarci sulle osservazioni del suo angolo.
Naturalmente non manca chi ne ha elaborate di proprie – a parte la non lieve problematica di conversione dei cubiti, che induce lo stesso Petrie a lasciar perdere, trovandole destinate ad un “ammasso di teorie, che si estendono dal buon senso fino ad un pantano di impossibilità”; e dato che così si esprimeva nel 1925 in “Surveys of the Great Pyramid” citando J.H. Cole, possiamo anche immaginare il suo commento se si fosse imbattuto nel Web di un secolo dopo! Sebbene del progetto originale si siano perse le tracce, le vestigia ripercorse periodicamente con diverse approssimazioni non possono che ricondurre a quel costrutto dominante che è l'imperativo Triangolo Aureo, matrice ed anima della costruzione. Non ci si sottrae alla sua presenza e alle sue priorità matematiche, alle quali è volto questo mio lavoro, essendone stato l'inizio ed ora il traguardo. L'aggiornamento che segue, più o meno interessante in questa sede, per il suo riferimento a delle orbite planetarie, da «Planetary Correlation of the Giza Pyramids», pur non distante dalle mie ricerche per la disciplina astrosismica che ho avviato nel 2011, stante la cura posta nel formato tecnico-grafico mi offre un'occasione in più per verificare la rispondenza del profilo della piramide al Triangolo Aureo, sovrapposto in color giallo. From W. M. F. Petrie 1965 and Today, in the year 2014 Sezione trasversale dello stato originale della Grande Piramide con dettagli della "posizione di Marte" e del suo ambiente (inserto superiore) durante gli eventi astronomici dell'anno 3088 d.C. I livelli dei corsi furono misurati da W. M. F. Petrie [6, Mappa VIII]. La forma dei blocchi di pietra attorno all'apertura del condotto di aerazione meridionale è tratta da disegno di Maragioglio e Rinaldi [9, parte IV, mappa 2, Fig. 2].
Mentre una riduzione proporzionale del profilo potrebbe collimare con i rapporti dovuti, non mi soffermerò su proposte attuali della piramide che non supportino la presenza del π; né potrebbero dimostrare una quadratura effettiva sulla base di misure differenti tra un lato e l'altro, da un periodo all'altro, o della media che ne deriva.
Questo disegno, in cui troviamo anche i numeri dei corsi, fu pubblicato nel 1965. Oggi, nell'anno 2014, sono stati rimossi altri blocchi intorno all'imboccatura del condotto di aerazione. Quindi, il lettore può confrontare lo stato del 1965 con la situazione attuale. Il rapporto tra le misure di Howard Vyse nel 1840 con un solo decimale (0,785425), sembrerebbe discostarsi dalla costante 0.78615 con uno scarto di -0,000726, tale differenza da quella di Stecchini (1971) e di Verner(1998) assai più prossime al vero π sarebbe abbastanza significativa da invalidare la tesi, anche se per differenze di soli centimetri. Osservando l'immagine a tutto schermo, un occhio attento potrà notare che la base [nera] del triangolo tende impercettibilmente a rientrare rispetto ai lati rossi sovrapposti. Ciò denota estrema accuratezza nel disegno, che per quanto approssimativo conferma assai bene la divisione base÷altezza con un quoziente leggermente minore di 0.78615. Trovo invece assai interessante il fatto che Vyse è stato accusato da alcune persone di aver falsificato il cartiglio di Cheope, in particolare da Zecharia Sitchin. Nel suo libro «The Stairway to Heaven», Sitchin accusa Vyse (e i suoi assistenti Mr. Hill e Mr. Perring) di aver perpetrato la falsificazione a causa della "determinazione di Vyse di ottenere una scoperta importante giacché il tempo e i soldi stavano per esaurirsi".[13] Tuttavia, l'affermazione della falsificazione non riceve alcun credito da storici ed egittologi come Selim Hassan,[14] Zahi Hawass,[12] Jaromir Malek,[15][16] il professor Rosalie David[17] o Bill Manley, o importanti musei come il British Museum[18] e l'Egyptian Museum,[19] i quali accettano tutti che Cheope fosse il costruttore della piramide e per implicazione che il cartiglio di Vyse sia autentico. https://military-history.fandom.com/wiki/Richard_William_Howard_Vyse
e questo perché nessuno dei garanti è in grado di dimostare che Cheope sia stato il costruttore della piramide, da Zahi Hawass ai vari musei del mondo, che possono solo ‘accettarlo’ ma non accertarlo; laddove fonti e motivazioni degne di attenzione ne datano la costruzione a vari millenni prima, ponendo una soglia oltre cui nessuno di detta lista potrebbe avventurarsi con successo.
Nel 2014 comunque doveva azzerare questa specie di concordato l'avventurosa scoperta di due studenti di archeologia dell'Università di Dresda, avendo potuto accertare in laboratorio che il pigmento usato per il cartiglio – di cui fu fatto in modo da contrabbandare un campione – è recente ed è stato apposto sui blocchi originali solo con un successivo intervento sull'intonaco. Pagina PDF da: www.ancient-code.com/surid-aka-enoch-the-real-pyramid-builder-ancient-texts-reveal-jaw-dropping-details/ – Un articolo ricco di argomenti degni di nota –
Nondimeno, le misure di base ed altezza secondo H. Vyse pare siano le uniche a tener conto delle dimensioni complete dell'assetto piramidale e quindi vicine a quelle del Si deve partire dal presupposto che la soluzione dei misteri geometrici della piramide non risiede nelle unità di misura, anche se queste offono una priorità a certi addetti, ma nel vero π e, semmai, nel modo in cui queste lo riproducevano; il che comporta anzitutto saperne il giusto valore.
Il lato sconcertante di tutta la questione è l'insistere a lodare una precisione 'estremamente accurata', tanto vicina ai calcoli ideali da parte degli antichi, anziché rendersi conto ed ammettere che sono i nostri calcoli ad essere frutto di un compromesso geometrico per l'incomprensibile π, mentre essi, chiunque fossero, lo hanno esposto esatto, con colossale ed incomparabile magnificenza (e appellarsi alla casualità ci farebbe sprofondare sempre più nella reticenza retriva) giacché ce lo hanno servito su un piatto d'argento da 5.75 milioni di tonnellate, anzi di un Oro che da almeno un secolo non riusciamo ad acquisire, per mero condizionamento accademico; e in secondo piano egittologico.
Basterebbe sospettare per un momento che il π elargito dalle proporzioni della Grande Piramide fin dal suo profilo di sezione sia quello giusto – e non vi è un vero motivo che lo impedisca – per rendersi conto ancora di più dell'effettivo splendido capolavoro che adornava il suolo terrestre nella sua luminosa veste adamantina. Una volta presa coscienza di ciò a livello ufficiale e riconosciuti erronei al di là di ogni dubbio, tutti i calcoli applicati alla piramide e in generale riferiti al π inesatto, nonché le relative teorizzazioni planetarie ed astronomiche dovranno essere riveduti ed aggiornati. Non sarà indolore, nessun processo di crescita lo è, ma certamente foriero di maggiori soddisfazioni ed esaltanti conquiste.
È riconosciuto che i geroglifici egiziani venissero stilati su tre livelli cognitivi, la cui ridefinizione può variare molto a seconda di chi la interpreta.
Se le mie descrizioni in questo sito rivestono un senso per chi legge, è verosimile che i detentori di certe verità energetiche ed astrofisiche, nell'edificare la piramide non ritenessero di dover o poter trasmettere certe conoscenze ai progettisti esecutivi, trattandosi di nozioni che andavano ben oltre il culto funerario o edilizio, e che non avrebbero potuto essere recepite e custodite opportunamente se non da adepti.
La parabola di 22/7 comunque (in seguito denominata costante di Archimede, probabilmente per essergliene giunta voce) riesumata dal Petrie nel 1925, poteva essere indicativa a basso livello, ma nessun costrutto aureo, o definitivo calcolo del cerchio avrebbe potuto derivarne, sebbene il suo quoziente 3.1429 sia più prossimo e adatto al π di quello corrente.
Allo stesso modo, gli studiosi delle piramidi rivolgono la maggior attenzione alla disposizione architettonica dal punto di vista costruttivo, attingendo per lo studio di massi e cunicoli alle fonti e papiri disponibili, tradotti secondo una terminologia corrente, di certo non ermetica; ciò non esclude la possibilità che misure e figure geroglifiche fossero state sapientemente convertite ad enigmi, ammesso che se ne sentisse l'occulta necessità al di là delle mere funzioni esecutive. D'altro canto la fonte più attendibile è la Grande Piramide stessa, con un'imponenza specifica che provoca ed ispira ogni genere di interpretazione, al di sopra di tutte le altre consimili. In altri termini, sebbene 3.1429 fosse più promettente del 3.1416, non vi sarebbe alcun motivo di accettarne la sostituzione, mantenendosi del tutto estraneo alla luminosità della ricorrenza aurea, i cui molteplici risvolti non ammettono approssimazioni di sorta. Sennonché ripassando il suo rapporto con più attenzione, si nota un dettaglio piuttosto significativo che Petrie ha ventilato: Per l'intera forma la proporzione π (l'altezza è il raggio di un cerchio = circonferenza della piramide) è stata accettata molto generalmente negli ultimi anni, ed è una relazione fortemente confermata dalla presenza dei numeri 7 e 22 nel numero di cubiti rispettivamente in altezza e base: 7 : 22 è una delle approssimazioni più note di π.
Per precisare la correzione proprio sul 22 avrà avuto una ragione, proprio perché la base è più agevole e sicura da misurare dal vero che non l'altezza.
Con questi numeri ( Fissate così la forma e le dimensioni, il pavimento della camera principale dell'edificio, la Camera del Re, fu posto al livello in cui la sezione verticale della Piramide era dimezzata, dove l'area della sezione orizzontale era metà di quella della base, dove la diagonale da un angolo all'altro era uguale alla lunghezza della base e dove la larghezza della faccia era uguale alla metà della diagonale della base.* La Camera della Regina fu posta a metà di questa altezza sopra la base; ed esattamente nel mezzo della Piramide da N. a S. In realtà egli, al pari di quel progettista, con la sua deduzione non infondata aveva già introdotto la maggior corrispondenza al π 3.14460; infatti 22,0122 /7 = 3.1446 basterebbe all'atto pratico a sanare molte imprecisioni scientifiche; ma poiché dal 1925 ad oggi ciò non avrebbe condotto a deduzioni apprezzabili, il dettaglio è stato sottovalutato, se non ignorato. Né il semplice 22÷7 nudo e crudo poteva essere privilegiato nella costruzione (mentre avrebbe potuto esserlo da uno scriba o su un papiro), dal momento che certi rapporti di sezione aurea, sulla quale non sussistono arrotondamenti matematici o geometrici e nessun rapporto tra numeri interi può definirla (proprio come non potrà Tuttavia 22,01223857720 o anche solo 22,01224 sarebbe stato sufficiente ad emulare il vero π a tutti gli effetti: ecco la giusta “leggera correzione frazionaria sul 22”, assai più precisa e confacente che non 21,99115, che genera il π adottato dall'establishment.
Giacché pare che non vi sia pietra in questa montagna di meraviglie, la cui collocazione non abbia una ragion d'essere, merita almeno qualche schema di quanto descritto, naturalmente attenendoci al profilo già definito, in scala 10px = 0.1 mt, con perfetta sintonia di dati e risultati.
Va tenuto presente che ogni perimetro è soprattutto indicativo, una composizione lineare astratta, priva di consistenza se non teorica e rappresentativa, che delimita un'area che invece è forma e sostanza. Cercherò di adeguare l'analisi al tono descrittivo del Petrie, riportando i risultati numerici a scopo di verifica sul mio stesso impianto grafico. Partiamo da “il pavimento della Camera del Re, al livello in cui la sezione verticale della Piramide era dimezzata, ”
La sezione verticale della Piramide (½base × altezza)÷2, presenta area:
2329,134 /2 * 1481,352 = 1725133,654584 /2 = 862566,827292
( con inverse operazioni avremmo: 2329,134 *2 / 1481,352 = π 3,14460 )
Per calcolare l'altezza della sezione verticale dimezzata applicherò all'altezza il rapporto tra le due aree ridotte a basi virtuali (per la costante 0,707101) da cui: sqrt(862566,827292) /sqrt(1725133,654584) * 1481,352 = 1047,474, o conoscendo il lato del quadrato minore: 1725133,655 /1646,9464 = 1047,474 Ne deriva la distanza del pavimento della camera del Re dalla base della piramide: 1481,352 - 1047,474 = 433,8779 /1646,9464 Ciò che una verifica grafica conferma in una sola mossa accattivante: “dove l'area della sezione orizzontale era metà di quella della base”
Disegnato un quadrato per l'area 2329,1342 = 5424865,189956 (i colori del testo sono quelli di ogni specifico profilo, per facilitare la vista) sulla base della piramide, l'ho duplicato in un quadrato con area dimezzata, che in breve presenta il lato di 1646,94644569
Posizionato al centro orizzontale del grande triangolo, ne interseca i lati ad altezza 433,8779 dalla base, nei due punti ed il segmento che li unisce delimita esattamente il pavimento della Camera del Re. Ruotato di 45°, dato che la sua area ne è dimezzata, i suoi vertici almeno destro e sinistro toccheranno i lati del quadrato in rosso, il che mostra che “la diagonale da un angolo all'altro era uguale alla lunghezza della base”
È una relazione del tutto naturale tra le due figure, ma può acquistare nuova valenza se riferita alla croce degli Elementi già considerata.
A differenza dai lati, le diagonali sono due, si incrociano in un unico centro ed emergono particolari rapporti tra quelle di ciascun quadrato e l'altro, come piani connessi dalla specifica disposizione verticale dentro la piramide. Superfluo ribadire che tutto ciò manterrà valore unicamente presso un modello di piramide perfetto, che esclude l'angolazione arrangiata a scopo descrittivo secondo i parametri comuni. Per meglio comprenderli sarebbe bene visualizzare i piani separati, ma strati di un unico processo; il quadrato alla base e quello sotto la camera del re, potenzialmente ruotato di 45°, per far sì che le sue diagonali puntino ai 4 punti cardinali, a cui sono orientate le facce della piramide. È un aspetto che sfuggirà ma che potebbe ispirare la chiave di lettura già citata. A sua volta lo studioso aggiunge che ½diagonale del quadrato base equivale alla base che avrebbe ogni faccia, delimitata dal nuovo pavimento fino al vertice. Questo perché in pratica ½diagonale è come il lato del ½quadrato. C'è da dire che se il piano della Camera del Re è situato in un punto chiave dell'altezza in questa piramide, per ragioni a noi ignote ma certamente non casuali e prive di precipue attinenze, e lo stesso vale per la collocazione della Camera della Regina, con il basamento al centro di un basilare campo di forza tra due particolari piani, e la cupola al circocentro del grande triangolo, le relazioni tra quadrati e diagonali non sono affatto speciali, anzi geometricamente comuni a qualunque caso con queste proporzioni. Ricondurre il lato alla larghezza della faccia, di cui è la base, lascia piuttosto l'impressione che il Petrie abbia voluto ricamarci un po' su, accentuando qualche risvolto suggestivo, ma poco efficace in quanto tale; tuttavia potrebbe stabilire un raccordo tra le 4 semidiagonali della base ed i quattro lati del quadrato superiore, forse basato su frequenze per risonanze di lunghezze d'onda incrociate. Una sinergia tra lati ed angoli che potrebbe far parte di un vortice piramidale, ripetendosi il processo di riduzione in avvolgimento continuo dalla base all'apice; ma è solo un'idea passeggera. Resta comunque da appurare come egli abbia potuto dedurre tale rapporto tra le aree di quadrati che presentano lati uno diverso dall'altro, per di più senza contare il rivestimento esterno, se non con degli arrotondamenti ed intùito. Certo avrebbe poco senso che chi ha tagliato ed accostato pietre con una precisione tale da non lasciare intercapedine per una lametta, e scolpito e levigato l'interno di un ‘sarcofago’ di granito rosso (vedi sotto) con tecniche ancora oggi assai ardue da ipotizzare, per qualche finalità più consona a risvolti vibrazionali che non funerari, abbia potuto indulgere ad approssimazioni su qualsivoglia misura. I suoi ideatori seppero proiettare la Quadratura di un Cerchio di raggio Φ su tre dimensioni realizzando una piramide che aveva per altezza il suo raggio, e
½base di lunghezza pari al raggio × la sua radice quadrata: Φ Pare proprio che siano gli zeri a suggerire il limite di definizione necessaria per un impiego abbastanza corretto delle costanti irrazionali più ricorrenti, come Φ: 0.61803 e φ: 1.61803, φ2: 2.61803, √ Φ: 1.27201.
D'altra parte, se pure questa lacuna del π è ormai avvertita per molti versi, e quanto meno la sua trattazione in questo dominio dovrebbe contribuire a sollevare, il problema vero non è o sarà di natura scientifica, quanto pragmatica, poiché le implicazioni tecniche, storiche e formali saranno sterminate, travolgenti e assai lunghe da dipanare. A dirla tutta, la stessa Potenza Di Fuoco del Grande Triangolo Aureo stenterà ancora oggi ad essere recepita fino in fondo, e tutto ciò che di misterioso è stato diffusamente propagato nei secoli ed in parte provato, rimane ogetto di linee di osservazione differenti; ma i tempi stanno evolvendo verso un livello vibratòrio più elevato la coscienza dell'uomo. Come ho già sottolineato, Keplero stesso ne aveva intuito la portata solo per metà. Il problema di fondo che tecnicamente persiste deriva in tutti i casi dal dover fare capo ad un π re-impostato in tempi moderni, che ha la capacità di rendere invalidante qualunque verifica approfondita, con cifre di almeno a 24 decimali consentiti dai moderni calcolatori, sufficenti a garantire la coesistenza effettiva di π e φ nelle proporzioni sia pure virtuali del monumento.È palese che sovrapponendo il Grande Triangolo Aureo al disegni di valenti studiosi susseguitisi nei secoli, lo vediamo corrispondere a occhio nudo con soddisfacente precisione, anche se da disegni eseguiti a mano dei quali i tratti stessi possono mascherare le differenze minime delle misure, ma sufficienti a rinunciare alla decantata magia numerale. Del resto è impensabile che l'aver raffigurato 230 metri reali in una pubblicazione di due secoli or sono faccia distinguere quelle differenze che oscillano da 3.1416 a 3.1446; tuttavia solo in certi grafici più recenti, troppo improvvisati o arbitrari la sovrapposizione non corrisponde neppure a livello visivo.
Ho dimostrato alla pagina precedente quanto sia fin troppo facile confondere o sovrapporre ipotetici metodi di calcolo della circonferenza basati su 3.1416 o 3.1446 (rivelando il difetto del primo, ed io per primo); addirittura tra conversioni multiple di unità di misura sacre e profane, risalenti ad un'epoca in cui pochi decimali erano già troppi da rispettare. Oggi la domanda a fronte dei grafici prodotti e posti a confronto è sempre la stessa: è sufficiente uno scarto pressoché invisibile nei tracciati ad evadere il modello essenziale? o piuttosto lo riconferma, con i limiti di tolleranza premessi?! Non è del resto ben chiaro come possano tutti gli autori verificare dei millimetri di misura, se non quali segni di calcoli presunti o adattati ai propri modelli di riferimento, certamente più che ad apparati strumentali veri e propri o a misurazioni in loco.Si può obiettare che il presente studio faccia lo stesso, ma qua il modello è super partes e inequivocabile; deriva da rilevamenti effettuati con apparecchiature avanzate; il Devo ancora una volta scusarmi con chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qua, per le immancabili ripetizioni ed eventuali sviste in qualche parte del testo. Tutta questa ricerca non ha fatto che amplificarsi su se stessa, moltiplicando le direzioni e i dati da scoprire e confrontare, ritornando spesso sui argomenti già introdotti, rimeditandoli e ravvivandoli ove necessario. Non ho redatto un libro da vendere, anche se l'impegno profuso potrebbe giustificarlo insieme ai contenuti; né cerco notorietà; ne ho già accumulata quanto basta nei secoli passati. Soprattutto so già che il tempo necessario a riordinare gli scritti in un corpus pianificato a posteriori, verrebbe sottratto ad ulteriori questioni di non minore importanza, che sono già all'orizzonte, anzi introdotte al paragrafo seguente, proprio perché emerse tra pieghe e i rilevamenti del caso ciascuno dei quali ne suggerisce altri, e intanto il tempo corre. Un'ultima nota, personale. Qualunque studioso più o meno titolato potrebbe arroccarsi dietro l'idea che tutto questo lavoro non sia altro che un mio sogno, distinto dalla realtà attuale del monumento. Un'opinione che non mancherei di rispettare, ma non senza aver fatto notare che, se così fosse, si tratterebbe comunque di un sogno geometricamente e matematicamente impeccabile.
«Pyramid casing stone» by National Museum Scotland – www.nms.ac.uk/explore-our-collections
dal π ad ApophisAl termine di questa discreta carrellata, ad un ultimo tentativo di verificare se e quanto il problema del π fosse notorio, fa la sua comparsa un caso davvero inatteso, lì per lì un'ultima amenità, ma che a posteriori ha dato fondo ad un ulteriore faticoso capitolo di ricerche e verifiche, che non potevo evitare.Secondo un gruppo dedito a comunicare con entità extraterrestri, che sciorina conoscenze e tecnologie occulte in base alle quali un certo Billy, basandosi sul dato che “nell'intero universo esistono 280 elementi dopo che Guido ha ottenuto questo dato attraverso dei calcoli”, avrebbe “calcolato che l'altezza originale della Piramide di Giza era di 152,955347 metri” e che “ l'altezza odierna di circa 136,8 metri è dovuta al fatto che gli antichi egizi, ecc., rimossero così tanto materiale dalla piramide tale si ridusse di conseguenza. Ebbene, gli scienziati terrestri affermano che la Grande Piramide di Giza originariamente aveva un'altezza di 146,6 metri, il che però, secondo i miei calcoli e le vostre affermazioni, non corrisponde affatto alla verità.” Una serie di improvvisazioni piuttosto sconnesse, ma collegate da una singolare magia narrativa. Di quali calcoli parla? Abbiamo visto che il solo modo per calcolare l'altezza della piramide sia averla misurata almeno in parte, naturalmente tenendo in conto che non gli antichi egizi (supposizione assurda), ma i saccheggiatori arabi negli ultimi sette secoli scorsi l'avevano spogliata fin dove potevano, fino alle più recenti applicazioni edilizie. Anche se molti studiosi terrestri attribuiscono alla Grande Piramide di Giza un'altezza di 146.6 metri, non affermano che l'avesse originariamente, semmai i più noti 148+, né specialmente che l'altezza odierna sia di 136.8 m., visto che la minima formulata dal 1840 ad oggi supera i 146. Si direbbe che chi scrive non sappia di cosa parla, o voglia far in modo che altri non lo sappiano. Fermo restando l'inconfutabile Grande Triangolo Aureo quale modello di proporzioni, se mai la piramide fosse diminuita in altezza per più di un 10%, la stessa base avrebbe dovuto restringersi altrettanto e per le stesse cause, a meno che si dimostri quanto e quale materiale abbia potuto essere convenientemente asportato dalla sola cima; ma un 10% alla base significa ben 23 mt. mentre i rivestimenti di pietra non avevano uno spessore di 11 mt. Una delle pietre più grandi rimaste alla base è alta circa 1.5 x 2.4 mt di base, e pesa circa 14 tonnellate. Certi calcoli ipotizzano che tutte le pietre di rivestimento in posa avrebbero l'effetto di giganteschi specchi, riflettenti una luce tanto intensa da essere visibile dalla luna come fosse una stella splendente sulla terra. Strabone le descrive come se facessero apparire la piramide: “un edificio calato dal cielo, non toccato da mani d'uomo”.Sembrava che la ridda di delucidazioni che seguono, tanto descrittive quanto in apparenza impegnative, ma non documentate (se non da ‘Rapporti di Contatto’ non di pubblico dominio e privi di fondamento dimostrativo) andasse oltre il nostro topico, se non fino al punto in cui si introduce il sig. Guido Moosbrugger, membro del “Nucleo Centrale dei 49”, il primo a calcolare il corretto valore del π. Seguono autorevoli commenti di Questo calcolo è davvero sorprendente, ma è ancora troppo presto poter aggiungere informazioni più dettagliate e più precise al riguardo. temevamo questa risposta, ma volevamo solo provare. Certo, capisco, ma devo davvero attenermi a quanto detto. Se dovessi entrare più in dettaglio al riguardo, allora dovrei violare le nostre direttive, ma non lo facciamo. ‘calcolo sorprendente’ Poi sulla piramide: L'altezza originaria in realtà ammontava a 152.955.347 metri, che, trasposta in chilometri, corrisponde esattamente alla distanza Terra-Sole
Anzitutto, quale sarebbe in un'orbita ellittica la distanza Terra-Sole a cui attenersi per definire l'altezza originaria della piramide ‘in realtà’ e a dispetto delle misurazioni di fatto? e perché il raggio massimo dell'afelio?
Se ne può dedurre che non potendo l'autore averle inventate e non essendo motivate nel suo scritto autografo, gli siano state passate da fonte esterna, per poi presentarle come il sorprendente risultato di presunti calcoli astronomici sulla distanza dalla Terra al Sole, sicuramente più comoda da calcolare che non l'altezza reale del monumento; forse per garantirsi un primato su un dato proporzionale già delineato da vari autori, ma da sempre presente nella Grande Piramide per netta conoscenza dei costruttori. In ogni caso non ci sarebbe gran che da “violare”, se non l'intelligenza di chi legge. Se poi non basta il membro Moosbrugger, si introduce questo nuovo precursore: Harry Lear, il quale a sua volta ne fa oggetto di allarme per la scienza – la sola causa giusta e degna di nota – ma non dimostra affatto l'errore del valore 3.14159, né l'assolutezza del π 3.14460.
Il cerchio è trascendente ed è trascendenza: può inscrivere o circoscrivere in ogni dimensione, ma non vi è possibilità di convertirlo direttamente in una qualsivoglia figura geometrica alternativa.
La didascalia (hint) sull'immagine è prodotta dal sito web. È un tacito esempio del rapporto non fra π e Φ, ma tra il soffiare fumo negli occhi di chi non è preparato, e le verità più lineari. in luogo dei calcoli insulsi di cui è strapiena, i soli attinenti e possibili infatti sarebbero tutti qua: π =√ Φ×4 dove Φ =(√5-1)÷2. Ne riproduco alcuni passi tra i più adatti ad una disamina. Nota: la NASA afferma che la distanza dalla Terra al Sole, 1 UA (Unità Astronomica), è pari a 149 597 871 km, ma in realtà è 152 955 335,7 km.
Per la seconda volta si rivolge una precisa accusa alla comunità scientifica, supportata dall'espressione “in realtà”.
Una leggerezza imperdonabile ed ingiustificata.
La 28ª assemblea generale dell'Unione astronomica internazionale ha definita fin dal 2012 (6 anni prima della lettera) l'unità astronomica [AU], con il valore di 149 597 870 707 m, che rappresenta la distanza media tra Terra-Sole.
I 152 955 335,7 in realtà non sono rapportabili che alla massima distanza Terra-Sole, l'Aphelion, e sono già differenti dai 152 955 347 dallo stesso Naturalmente per chi calcola l'orbita ellittica del pianeta con la formula di un cerchio – formula che illustrerà nei particolari a scienziati chiamati ad un allarme per collisione di orbite – il termine e significato di “distanza media” non ha motivo di esistere. Come sapete la circonferenza di un cerchio (come le orbite della Terra e di Apophis) è calcolata dalla semplice equazione C = d x p, dove C è Circonferenza,
Tanto più che procede con la gentile concessione alla NASA del valore impiegato, per applicargli calcoli e relazione priva di conclusione matematica definitiva, senza rendersi conto che la distanza media Terra-Sole non ha alcun valore nei confronti di un momento e luogo precisi di ipotetico impatto orbitale dell'asteroide, per calcolare il quale varrebbe soltanto l'effettiva meccanica celeste; ma tanto di calcoli non ne fa.
d è il diametro dell'orbita e π è una costante. Notare che chi è in grado di navigare per spazi interstellari dispone ovviamente di una tecnologia che consente previsioni orbitali peraltro necessarie ai loro scopi, niente di trascendentale o profetico su un asteroide. Naturalmente la NASA si è accorta di Apophis quando è entrato nel suo raggio di interesse. Tutto questo sembra però non aver importanza, per chi si appoggia ad un Bollettino seguito da circa 29000 scienziati e altri settori interessati perché Meier e i Plejaren (che dice di aver contattato “Solo per divertimento”), hanno precedentemente e costantemente fornito informazioni astronomiche e scientifiche corrette (n.d.t: proprio pubblicando dati molto precisi su questo Bollettino), a cui gli scienziati di tutto il mondo sono molto interessati.
Scienziati per di più chiamati ad un allarme per collisione di orbite (ellittiche)
suggerire una soluzione…
anziché contribuire a far riconoscere il peso epocale del π e Φ, abbia sortito l'effetto opposto. Scrive al Presidente Trump:
spostiamo semplicemente Apophis fuori dalla sua orbita attuale, …portate le mie dimostrazioni matematiche ai Plejaren e i Plejaren hanno affermato (con un certo stupore ed eccitazione, …) che, sebbene non fossero autorizzati a interferire fisicamente negli affari della Terra, le mie dimostrazioni matematiche e calcoli riguardanti il vero valore di π erano assolutamente corretti.
Una sequela di affermazioni senza capo né coda, solo per far effetto:
‘dimostrazioni matematiche’ consistenti? ‘interferire fisicamente’?? Dimostrazioni matematiche e calcoli di cui vengono inoltre citate 23 pagine da parte di Guido Moosbrugger, mai esposte sul web in quanto tali.
Quanto all'asteroide Apophis, al secolo 99942, per gli Egiziani deità del caos, della distruzione e antagonista di Rà il sole, è stato stimato che un corpo così grande si avvicini tanto alla Terra solo una volta ogni 5 mila/ 10 mila anni… Ebbene, il problema potrebbe non limitarsi ad un impatto, considerato più probabile solo di recente, ma a mio avviso estendersi ad effetti gravitazionali e di altro genere, dovuti all'interazione del ripetuto passaggio con il campo gravitazionale terrestre, capaci di interferire con l'equilibrio polare. I 10 mila anni, che potrebbero far pensare agli 11500 associati da tempo allo slittamento dei poli, sono alle porte, Non vorrei azzardare ipotesi che vanno oltre la mia preparazione, ma nel mio quadriennale impegno nell'astro-sismologia (2011-2014), in cui calcolavo e relazionavo quotidianamente rapporti orbitali nel sistema solare con i terremoti (come questo o questo, tutt'ora oggetti di sistematica consultazione a migliaia dal 2014 da parte di sismologi, non certo di bloggers), non senza svariate previsioni andate segno, indirizzate anche all'INGV via Twitter, nonostante la sua dimensione ridotta di 375 km non va trascurato il fatto che Plutone, per la mia esperienza in astro-sismologia, pur essendo il più lontano dalla Terra e circa soltanto 6.32 volte più grande dell'asteroide, è sempre stato una delle più pericolose presenze, quando coinvolto da Aspetti precisi nelle configurazioni geocentriche; ho sempre pensato a questioni ondulatorie, o di risonanza ancora più che di gravità; ma poi mi sono occupato di altro. Il primo passaggio nel 1929 potrebbe quindi essere solo preparatorio di quello di 7 anni dopo; ma non di “un'enorme catastrofe cosmica” bensì della fine improrogabile di un mondo che è giunta l'ora di rinnovare; fosse anche l'intervento del distruttore Apophis solo simbolico.
Tutto ciò mi stimola a lasciarvi ancora con un gioco, un eloquente simpatico rompicapo, che offro proprio per riportarvi sui miei passi mentre scrivo.
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