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Vita, morte e miracoli dalle piramidi
Un passaggio che trovo utile a dipanare qualche garbuglio di credulità ti­pi­ca­men­te popolari, eppure attribuite a chi ne sapeva assai di più.

Va tenuto presente che per quanto conosciamo del culto egiziano dei morti e dell'oltretomba, la nostra cultura non è organizzata per comprendere dal vero il significato e la funzione delle piramidi, intese come portali di col­le­ga­men­to con una di­men­sio­ne al di là.

Se la morte per il nostro corridoio e razionale può significare solo la fine del­l'e­si­sten­za ter­rena, e tutt'al più un passaggio mal definito all'eterno, nella co­gni­zio­ne iniziatica egizia rap­pre­sen­tava la soglia, vero ponte di continuità ul­tra­ter­re­na, nozione questa a cui la scienza corrente non è preparata, e nep­pu­re la religione cattolica che riesce solo a distorcerla a suo pro.
La tomba faraonica quindi si traduce da un concetto cimiteriale irreversibile, al più di mausolèo, sepolcro monumentale dedicato come capolinea a spo­glie illustri, ad un avanzato strumento per salvaguardare ed interconnettere le realtà energetiche del defunto, corpi alterni a quello fisico e relativamente più duraturi, ad un livello di esistenza ed operatività parallelo, che a noi è ignoto.
Nel caso della piramide attribuita a Cheope, che invece per l'autorevole chia­ro­veg­gen­te Egar Cayce ed al­tri risale a più di 10mila anni, un sarcofago vuoto può ben rappresentare l'opposto della morte come ultimo stadio, in­vi­tan­do la sua collocazione e spe­cia­lis­sima fattura a servirsene per e­spe­rien­ze ESP.
È tale premessa, benché qua esposta in modo rudimentale, che combina la scel­ta e costruzione di questa Grande Piramide, destinata più che alla fun­zio­ne di singola tomba, ammesso e non provato che lo fosse nella sua ir­ri­pe­ti­bi­le collocazione, a quella di apparato cosmico interattivo con livelli di frequenze di ordine superiore.
Secondo lo studio ispirato all'Ing. Mario Pincherle – Dedicato all'Accademia Dei Lincei nel 1969 – fu eretta come involucro dello Zed, o Djed, parola e sim­bo­lo primario in ogni culto egiziano, tradotto come ‘presenza’, ‘stabilità’; si­mu­la­cro che rappresenta un pilastro antropomorfo o un uomo mum­mi­fi­ca­to re­can­te uno scettro e una croce ankh, simbolo di esistenza eterna, co­lon­na ver­te­bra­le del dio Osiride, dispositore ul­tra­ter­re­no di morte e ri­na­sci­ta, giu­sti­zia e rigenerazione, quin­di ancor più dell'esistenza in vita.
Non occorre certo ri­cor­re­re agli Egizi per affermare che la spina dorsale è sede del flu­i­do vitale; mi limito a far notare la pre­sen­za di quattro livelli in lastre o spazi, che e­vo­ca­no i quattro Elementi, sovrastate dalla quinta come cupola.
Se è così, la piramide è assolutamente il mezzo più indicato, forse il solo a­de­gua­to aggiungerò di riflesso, per salvagurdare anche in tal senso, ossia nel si­len­zio di una transitoria tomba per lo scorrere necessario di mil­len­ni, la più sacra torre di pro­ve­nien­za Ac­cadica o Atlantidea.
… l’entità diventò il supervisore delle escavazioni, nello studiare le vecchie documentazioni e nel preparare e costruire la casa delle documentazioni per quelli di Atlantide, nonché una parte della casa per gli iniziati - - ossia la Grande Piramide.
L'antica Testimonianza di Atlantide a Gizeh – www.edgarcayce.it
Un dispositivo forse anche capace di disintegrarsi o dissolversi nell'etere, una volta concluso il compito di mantenimento fino al sorgere di una nuova fase di evoluzione del e sul pianeta.
Verrà il giorno in cui la torre renderà ciò che le è stato affidato,
la Piramide salterà come un ariete e allora terminerà la triste età del ferro.
(si dice dal “Libro di Enoch”)

Sebbene varie altre piramidi ricalchino con uno scopo comune al tempo degli Egizi certe proporzioni geometriche e matematiche, è più che evidente che la Grande Piramide sia unica, se non di gran lunga superiore, perciò an­te­ce­den­te ed ir­ri­pe­ti­bi­le, e che la sua unicità ultraterrena, certamente non con­ce­pi­ta ai tempi di Cheope, possa aver costituito il modello di riferimento e in­dot­tri­na­men­to i­de­a­le per certe pratiche, avanzate sì, ma di orizzonte più cir­co­scritto.
Nessun'altra del resto può sostituirla per la collocazione geofisica ed a­stro­no­mi­ca, ri­spon­den­te a canoni e misure per lo più ignote a quell'epoca, o­rien­ta­men­to e, non ultimo, mistero del suo interno, sia esso interpretato che i­ne­splo­ra­to, certamente ricco di sfide che non saranno dei robot meccanici a svelare.
E chi avrebbe mai potuto comporre e far combinare cotanta perfezione, se non verosimilmente lo spirito eccelso di ENOCH, vissuto per l'appunto nel­l'era de­scrit­ta da Edgar Cayce, e supremo iniziatore di scrittura ed ar­chi­tet­tura?

E già che siamo in argomento, parliamo di vita eterna, un concetto che do­vreb­be essere ritrattato presso molti articoli.
Nessuna persona dotata di buon senso può pensare o im­ma­gi­na­re una vita eterna. Chiunque attribuisca agli iniziati egizi una siffatta credenza, offende con la sua stessa ingenuità una élite che quantomeno ha fatto scuola ai fi­lo­so­fi greci e latini.
In primis, perché una definizione di vita eterna dopo la morte è una con­trad­di­zio­ne in termini. Significato ed etimologia di ‘Vita’ riconducono al vivere, mai al dopo es­se­re defunti. Ma soprattutto perché chiunque di media cul­tu­ra può di­stin­gue­re la vita ma­te­ria­le, o incarnazione, dalla sua coesistenza spi­ri­tua­le, in ter­mi­ni comuni chiamata anima sebbene in una forma ancora grezza, non di­spo­nen­do la scienza dei mezzi per poterla classificare o ri­co­no­sce­re nella sua realtà; laddove la santa chiesa ne fa oggetto di monopolio e mer­ci­mo­nio da se­co­li depistando e soggiogando i suoi credenti; e dunque una co­no­scen­za tut­t'o­ra riservata a pochi dotati di un'evoluta capacità di con­tem­plarla in proprio.

Eppure basterebbe usare la ragione: non occorre essere occultisti per de­dur­re dal concetto stesso di re-incarnazione il senso di continuità del­la vera e­si­sten­za, che non è e non potrà mai essere quello di una singola vita pro­trat­ta al­l'in­finito.

Che si possa uscire con il corpo astrale dal proprio corpo fisico in vita (poi an­che da quello astrale), al­lon­ta­nandosi a distanze e dimensioni impensabili com­pien­do azioni ed e­spe­rien­ze, per poi reintegrarsi, dovrebbe essere or­mai appurato ed ottimo pun­to di riferimento.
A maggior ragione una civiltà che ha dato e lasciato tali te­sti­mo­nian­ze di svi­lup­po in­ter­dimensionale da non riuscire ancor oggi a de­ci­frarle per in­te­ro, a­ve­va motivo e conoscenze sufficenti a pra­ti­ca­re e pre­di­spor­re mezzi a supporto degli stadi di trapasso dell'entità che anima ogni singola in­car­na­zio­ne, verso lo status di eternità spi­ri­tua­le cosmica che le competeva sia da prima che dopo, sempre che le fosse stato conferito.
D'altra parte, se il lemma stesso di re-incarnazione non ne prevede una sola, è comprensibile che tradurre il post mortem – o qualsiasi nuova era – in un'i­dea astrusa di vita eterna o re­sur­re­zio­ne, anche se controbilanciata da un mal­ce­la­to senso di su­pe­rio­ri­tà, non sia che indice di dabbenaggine.
Basterebbe chie­der­si a quale età possa morire chiunque ed a quale re­su­sciterebbe per poi viverla in eterno…
L'Abate Théophile Moreux
Per salvarsi dal tumultuoso oceano di articoli e sentenze che vieppiù si ac­cal­ca­no nel web, e metter piuttosto a confronto alcune fonti storiche tra le più accreditate o eminenti, sarà opportuno fare un passo indietro nel tempo.
Incontriamo il ben noto studioso Abate Théophile Moreux, missionario della di­vul­ga­zio­ne scien­ti­fi­ca, tra i più noti ri­fe­ri­men­ti recenti – ve­ro­si­mil­men­te re­in­car­nato dopo aver vissuto come Apollonio di Tiana, forse egli stes­so me lo su­ssurra, e così ve lo propongo – il quale nella sua molta in­da­gi­ne, dopo a­ver­ne tracciato le pre­mes­se e­sor­di­sce sul π ufficiale (3.1416) con le seguenti riflessioni:
I metodi utilizzati per ottenere questo risultato erano sconosciuti all'antichità classica;
si basano su considerazioni del tutto moderne; eppure vedremo che questa costante ricercata per tanti secoli si materializza, per così dire, nella Grande Piramide.
«La science mystérieuse des pharaons» (1943, Abbé Th. Moreux – p.37)
Una conclusione ricca di enfasi quanto di contraddizioni, e tuttavia au­to-­il­lu­so­ria in quanto basata su fatti presunti: cioè che i metodi moderni siano quelli giusti, ‘eppure’ che la costante la si trovi già presente nella Piramide di Giza.
Un vezzoso compiacimento dell'assurdo, per uno scienziato: è sconosciuta la formulazione di un numero irrazionale ricercato per i successivi 4mila anni, ma che ‘si materializza’ come per incanto nella gigantesca ar­chi­tet­tu­ra in pietra, l'ultima delle 7 meraviglie del globo, piazzata per lon­gi­tu­di­ne al centro delle terre emerse a 30°N e 30°E: a quale casualità dovremmo cre­de­re?
ma il peggio deve ancora proporsi: per andare incontro a tale mi­ra­co­lo, con una scappatoia a basso costo si aggiustano misure della piramide in modo che le cor­ri­spon­da la quadratura del cerchio nel perimetro della base, se­con­do quel π che però rende incompatibile la seconda conditio sine qua non: l'area di ogni facciata uguale a quella dell'altezza al quadrato.
Sommiamo i quattro lati della base del monumento, il cui valore originario era
di 232 m. 805; avremo per il perimetro 931m. 22: Sia: 4 x 232.805 = 931.22
Dividiamo ora la lunghezza di questo perimetro per 2 volte l'altezza della Piramide
che era di 148 m 208 al momento della sua costruzione, troveremo il valore di π.
In effetti 931,22 / (2 * 148,208) = 3,1416.
Si noti che questo risultato non può essere casuale, perché secondo la legge formulata da Erodoto e che abbiamo citato, l'angolo delle facce avrebbe dovuto essere 51°49'; tuttavia, questo angolo è in realtà 51°51' e risulta che il rapporto tra il perimetro o la somma dei 4 lati della base rettangolare e l'altezza verticale è uguale a 3,1416 x 2, cioè a dire al rapporto tra la circonferenza di un cerchio e il suo raggio;
sicché questo monumento unico al mondo è davvero la consacrazione materiale di un valore importante per il quale lo spirito umano ha profuso sforzi inimmaginabili.
Da quale fonte i produttori hanno attinto questa nozione? Mistero sempre!
«La science mystérieuse des pharaons» (1943, Abbé Th. Moreux – p.23)
Coincidenza piuttosto forzata, poi vedremo anche come; tuttavia un mistero da e­sal­ta­re, giacché evoca il connubio di verticale ed orizzontale, a­strat­to e con­cre­to, spirito riconosciuto nel cerchio, e materia nel quadrato.
Va però notato subito che se l'angolo 51°51' – vedi sotto – non corrisponde a quel­lo di 51°49' in­di­ca­to da Erodoto (e da Ke­ple­ro), ciò invita ad alcune ri­fles­sioni.
Erodoto poteva riportare tale misura soltanto se gli era stata riferita da chi la conosceva con esattezza, non essendo in grado di rilevarla con mez­zi pro­pri. Ciò premesso, e così come la misura teorica risulta cor­ret­ta pro­prio a 51°49', il solo che soddisferà l'autentica Qua­dra­tu­ra del Cer­chio e tutto il re­sto con il π 3.14460, possiamo arguire che l'angolo 51°51' valesse a sod­di­sfa­re la ten­den­za a far quadrare un cerchio con un rag­gio­~al­tez­za mag­gio­re quanto ba­sta per il π 3.14159. Ne vedremo dettagli e conferme più a­van­ti, nelle det­ta­gliate relazioni di W. M. Flinders Petrie.

L'angolo giusto?
Chiamandola ‘Teoria del pi (π)’, l'autore Christopher Bartlett, recita:
La teoria Φ (Kepler) fornisce un angolo teorico di 51°49'38 (51,827"), mentre la teoria π determina un angolo di 51°51'14 (51,854"), molto vicini tra loro.
Le teorie Φ e π sono in grande contesa come teoria progettuale primaria
a causa di questa stretta similarità.
Nexus Network Journal – Architecture and Mathematics
The design of The Great Pyramid of Khufu, p.9

Un conflitto apparente, che sorge unicamente dalla teoria fondata su un π alterato. Si vedrà che Il metodo e la base teorica delle mi­su­ra­zio­ni di Cole e Petrie dif­fe­ri­va­no, ma i risultati coincidevano ‘entro i limiti consentiti’ (diciamo co­me tra 3.1416 e 3.1446 ?)
Determinazione delle dimensioni esatte e dell'orientamento della Grande Piramide di Giza."
"J. H. Cole, del Survey of Egypt, ha effettuato nel 1925 un rilevamento della base di questa piramide, le dimensioni, la forma e l'orientamento esatti della base originale della Piramide alla pavimentazione. Le distanze sono state misurate con il Base Line Apparatus progettato da M. M. Benoit e Guillaume utilizzando fili invar standardizzati da 24 metri.
Gli angoli sono stati misurati con un teodolite micrometrico Troughton e Simms da 6 pollici.
Il metodo e la base teorica delle misurazioni di Cole e Petrie differivano,
ma i risultati coincidevano entro i limiti dell'errore ammissibile."
"Determination of the Exact Size and Orientation of the Great Pyramid of Giza. By J. H. COLE. - Survey of Egypt. SURVEY OF EGYPT PAPER No. 39. Government Press, Cairo, 1925.

Goniometro sulla Grande Piramide,
angoli sia in gradi che in decimali
Il goniometro gra­fi­co nel PDF con­fer­ma na­tu­ral­men­te il rap­por­to au­reo, reso noto da Ke­ple­ro, men­tre nes­su­na te­o­ria ri­fe­ri­ta al π po­treb­be a­ve­re buon e­si­to fu­o­ri dal­l'in­sie­me di pro­por­zio­ni già pre­ci­sa­te tra le basi, al­tez­ze e spi­go­li. seb­be­ne lo stes­so suo sag­gio ri­pro­du­ca me­ri­te­vol­men­te il la­vo­ro di Gantenbrink, da quel­la gra­fi­ca non si può certo de­dur­re una an­go­la­zio­ne così pre­ci­sa; ed egli non può che ci­ta­re come una con­te­sa quel­la tra ­le due te­o­rie, che chia­ma Gol­den Ra­tio Theory e del π. È or­mai chia­ro per tutti che un'al­tez­za del­la pi­ra­mi­de come rag­gio di una cir­con­fe­ren­za u­gua­le al pe­ri­me­tro del­la base, ma cal­co­la­ta con π 3.14159, essendo questo mino­re di 3.14460, do­vrà ri­sul­ta­re mag­gio­re di quel­la ri­chie­sta dal π rea­le.
Questa mag­gio­re al­tez­za farà sal­ta­re il rap­por­to au­reo del­le fac­ce e la loro area non sarà u­gua­le al qua­dra­to di quel raggio.
Per rendere meglio l'idea alla valutazione pratica, que­sto è il dia­gram­ma PDF, tec­ni­ca­men­te af­fi­da­bi­le, sufficiente a ripercorrere a livello visivo di che dif­fe­ren­ze si stia ar­go­men­tan­do, per avallare o demolire una teoria nei fatti.

Si trovano infine proposti qua e là angoli di 51º 52' ± 2', 51º 51' 20", 51º 51' 14.3", 51º 50' 39.1", 51º 50' 34.0", 51º 49' 38.3", 51º 40' 16.2", 51º 20' 25", 51°84, 51°51'46", 51°50'40", 51°826, 51°52'… anche come medie di 4 an­go­la­zio­ni differenti ed è arduo usare il termine ‘in realtà’.
Si direbbe piuttosto che tali angolazioni servano o vengano desunte dal­le prio­ri­tà di vari autori nell'affermare misurazioni non certificate.
Per i fini che si propone questa esposizione, non è di alcuna utilità reiterare calcoli sullo stato attuale di un'architettura recante asimmetrie provocate dal tem­po e de­pa­u­pe­ra­ta in vari modi; senza contare che persino condizioni di temperatura diverse e stabili, o stagionali o climatiche, con il concorso di ef­fet­ti gra­vi­tativi e tellurici a monte del­l'er­ro­re umano, potrebbero influire sul ri­le­va­men­to del rapporto base/altezza in cen­ti­me­tri, di una massa pie­tro­sa come quella di 2.300.000 blocchi, an­che senza in­tac­ca­re il po­ten­zia­le e­ner­ge­ti­co che vi è stato conferito fin dal­l'i­nizio, ovvero:

così come si presentava nei primordi del mondo, ma con il segreto della sua natura su di sé, completamente rivestita del suo manto di pietre levigate,
delimitata ad ogni lato da piani perfetti, terminanti a punta in cima,
sorgendo da una sottostante zona rocciosa debitamente livellata ;
“OUR INHERITANCE IN THE GREAT PYRAMID”
BY PROFESSOR C. PIAZZI SMYTH, F.R.SS. L. &E. – 1864
Occorre in buona sostanza tener conto dell'apparato geometrico che rap­pre­sen­ti l'involucro e l'intento metafisico della progettazione, non me­ra­men­te te­c­ni­co co­strut­ti­vo; un a­spet­to che non è solo vir­tua­le ma, per la mia prima per­ce­zio­ne al suo cospetto, ‘tutt'ora funzionante’:
Correva l'anno 1985, forse l'86, e mi accadde d'impulso, al mio primo so­pra­lu­o­go organizzato in modo privato, con alcuni giorni aggiunti di proposito al clas­si­co programma turistico. Casa! Rammento anche di aver detto alla mia compagna di viaggio trovandoci presso la Sfinge, che e­si­ste­va un tunnel di raccordo sotterraneo nascosto che metteva in co­mu­ni­ca­zio­ne l'in­ter­no della Sfinge con la Grande Piramide…

Per ora, ritornando al Moreux:
egli at­tri­bu­i­sce al ce­le­bra­to studioso Piaz­zi Smyth (A­STRO­NO­MER­-RO­YAL FOR SCOT­LAND) le spe­ci­fi­che delle misure, non senza pre­met­te­re:
Le dimensioni primitive erano necessariamente alterate,
ma è facile correggerle, come ha fatto Piazzi Smyth nel 1864.
Secondo questo astronomo, al quale dobbiamo un lavoro di prim'ordine
su questo antico monumento,
la Piramide di Cheope aveva come base un quadrato di 232 m. 805 di lato ed un'altezza di 148 m. 208 ibid. P. 23
ibid. pag. 23
e dato che la gran­de sco­per­ta si im­per­nia­va sul π, quel­lo uf­fi­cial­men­te ri­te­nu­to va­li­do, non è dif­fi­ci­le ar­gui­re che i cal­co­li ne a­ves­se­ro subìto una cer­ta, pur leg­ge­ra ma ap­pe­ti­to­sa in­flu­en­za, stante la pas­sio­ne e la po­sta in gio­co.
L'a­stro­no­mo in­fat­ti vol­le es­se­re se­pol­to sot­to una pie­tra tom­ba­le con la sa­go­ma pro­por­zio­nata alla gran­de pi­ra­mi­de. Il PDF riporta nella sottostante simulazione di un cartiglio dedicato alla Suprema rivelazione dei segreti della Grande Piramide ai due coniugi Piazzi Smyth, la presenza dominante del simbolo π al vertice di un tri­an­go­lo. A­ven­do egli cre­du­to a tal pun­to nel­la ma­gia di que­sto si­mu­la­cro, da so­vra­sta­re qual­sia­si con­vin­zio­ne a li­vel­lo pu­ra­men­te scien­ti­fi­co, mirò non sen­za sa­ga­cia alla sod­di­sfa­zio­ne di una di­men­sio­ne ul­tra­ter­re­na. I­spi­rò a sua vol­ta mol­ti successori, che si a­do­prarono per por­re fine a que­sto di­bat­ti­to, sen­za tut­ta­via po­ter mai for­ni­re prove de­fi­ni­ti­ve pro o con­tro; e le ra­gio­ni or­mai do­vrem­mo ­saperle.

Tanto che lo stesso Moreux non esita a truc­ca­re i dadi:
lo fa ci­ta­ndo le re­la­ti­ve mi­su­ra­zio­ni del­l'a­stro­no­mo Piazzi Smyth (ri­pro­duco l'originale) co­me “232.805m. del lato ed al­tez­za di 148.208m”, ap­pli­can­do le qua­li si ot­tie­ne il π a lui (Moreux) fa­mi­lia­re.232,805 / 148,208
Pre­ci­sa an­che “il fat­to che gli ar­chi­tet­ti del­l'e­po­ca cal­co­lavano tut­te le di­men­sio­ni con le loro u­ni­tà di mi­su­ra, pol­li­ci e cu­biti”.
In veri­tà le mi­su­re che Piazzi Smyth ri­portava in ‘feet’ (pie­di) – già pub­bli­ca­te dal­l'au­to­re John Tay­lor nel 1859 (come si legge in figura), per le mi­su­ra­zio­ni ef­fet­tua­te dal­l'ar­che­o­lo­go del XVII se­co­lo John Grea­ves e da­gli stu­dio­si fran­ce­si che a­ve­va­no e­sa­mi­na­to la Gran­de Pi­ra­mi­de di Giza du­ran­te la spe­di­zio­ne e­gi­zia­na di Na­po­le­o­ne – dif­fe­ri­va­no da quelle descritte dal Moreux, proprio perché ten­den­ti ad e­nun­cia­re già allora senza saperlo il vero π, al­me­no fino ai mil­le­si­mi.
  manca poco al venirsi incontro:basealtezza½base/altezza
Piazzi Smyth – / John Taylor232,8672148,1328π: 3.14403
Gantembrink – Great Triangle 232,9134148,1352π: 3.14460
1528 / 486 = 3,144032921810 – in metri: 232,8672 *2 / 148,1328 = 3,1440.
Quanto poco mancava per trovarsi di fronte alla dimensione ideale?
Un'altezza di 485,911 (148,1056728), meno di 9 centesimi di ap­pros­si­ma­zio­ne, in questo caso 0,00018% la­scian­do invariata la base ! e dato che per qual­che ragione le si affidava ai numeri interi, era naturale l'ar­ro­ton­da­men­to al nu­me­ro più vi­ci­no; lo stesso vale per la base lasciando valore intero al­l'al­tez­za, idealmente di 1528,278 piedi (232,9095672).
Né si ritenne utile un arrotondamento grossolano come quello ricostruito dal Moreux, dopo quella prima verifica deludente fin dal quarto numero; o forse si pensava di doversi limitare a numeri interi per rispettare speciali u­ni­tà di mi­su­ra in ipotesi; ma quali che fossero, non potevano che sot­to­sta­re al per­fet­to e­qui­li­brio della sezione aurea, che non si esprime attraverso nu­me­ri interi (no­no­stan­te i patetici sforzi mondani di farla coincidere con la sim­pa­ti­ca serie di Fi­bo­nacci, di cui gli iniziati progettisti non avevano pro­prio alcun bi­sogno, e la cui progressione numerica non vale certo ad ar­ro­ton­da­re le cifre).
Non potendo saperlo, né supporlo, Piazzi Smyth si è davvero perso a di­spet­to della sua passione l'im­men­sa gio­ia di sco­pri­re qua­le grande te­so­ro con­te­nes­se la sua a­ma­ta pi­ra­mi­de: il π ef­fet­ti­vo che in tem­pi mo­der­ni, com­po­sti da mec­ca­ni­ca ed a­stro­fi­si­ca, è da con­si­de­rar­si una sco­per­ta se­con­da solo a quel­la del fu­o­co. Si consola, o giu­sti­fi­ca agli occhi del mon­do una sa­pien­za che non può e­re­di­ta­re (il pro­dot­to di un'al­tra di­men­sio­ne o ci­vi­liz­za­zio­ne pre­e­si­sten­te), esaltandola sul piedistallo della primordialità:

L'aver trovato, comunque, solo tre numeri correttamente costruiti nell'edificio primordiale, mostra un sorprendente risultato per quel tempo antico;
(vedi sopra)
Altri invece sottolineano la loro radicata certezza dicendo:
È quindi dato che l'equivalenza dell'area di un cerchio e di un quadrato dato è derivata usando il valore della radice quadrata di Pi (π) Tuttavia, si dovrebbe comprendere che questa è un'equivalenza teorica poiché Pi è un numero irrazionale e non può essere scritto come il rapporto di due numeri interi. Ciò è stato dimostrato da Johann H. Lambert nel 1761. (22)
Inoltre, è importante notare che Pi (π) è trascendentale, per cui non esiste alcun polinomio con coefficienti razionali di cui Pi sia una radice.
Ciò è stato dimostrato da Ferdinand von Lindemann nel 1882. (23) La conseguenza di ciò è che Pi non è costruibile, il che significa che non si può "costruire" un cerchio di area uguale a un quadrato usando un compasso e una riga.
Pertanto l'equivalenza teorica non è costruibile. Il fascino della radice quadrata di Pi per i costruttori della Grande Piramide, a quanto pare,
era semplicemente il fatto che avevano raggiunto il limite del possibile.
THE GREAT PYRAMID OF GIZA: Decoding the Measure of a Monument - p.12”
COPYRIGHT 2012 © Eckhart R. Schmitz

Non è affatto chiaro il motivo per cui non si possano usare π e Φ allo stesso modo; ma la questione è un'altra: Lindemann ha solo dimostrato che il Pi (π) si­mu­la­to è quasi inutilizzabile, se non come costante incompresa il 3.14159.
Peraltro l'espressione "a quanto pare" non è ma­te­ma­tica, ma solo letteratura.
Piuttosto che attaccarsi al detto che π è tra­scen­den­ta­le, solo perché lo si è avvicinato per vie traverse, varrebbe assai meglio ricoscerne la vera natura.
Per come la vedo io, i numeri sono ra­zio­na­li o ir­ra­zio­na­li; ‘trascendenti’ è un ter­mi­ne che può essere attribuito solo a delle funzioni non al­ge­briche.

Si con­ten­do­no lo scet­tro due va­lo­ri, uno ir­ra­zio­na­le risultando di­ret­ta­men­te dal­la 5, l'altro detto tra­scen­den­te, in vero di provenienza i­bri­da, dif­fe­ren­ti per così poco da ren­der­li fru­i­bi­li sen­za di­stin­zio­ne in mol­te cir­co­stan­ze, ed è ciò che si sta ve­ri­fi­can­do; ma an­che tan­to da far sì che men­tre l'uno [3.14460] è stret­ta­men­te con­nes­so alla co­stan­te 0,7861513777574232860, (di cui ho pro­po­sto il simbolo ed il nome ‘Platinum’) e co­me tale mantiene in piedi una realtà in pe­ren­ne e re­la­ti­vi­stica vi­bra­zio­ne, l'al­tro [3.14159] non lo è e con 0,7853981 fa­reb­be crol­la­re l'equilibrio del mondo.
Esistono alcune differenze tra le particelle che si allontanano
e quelle che si avvicinano. A velocità relativistiche estremamente elevate,
gli oggetti che si avvicinano tra loro hanno un effetto repellente.
Quando gli oggetti che si avvicinano tra loro si trovano a 0,78615 c,
la loro inerzia è uguale al loro effetto gravitazionale.
Per le particelle che si avvicinano tra loro a velocità ancora più elevate,
l'effetto gravitazionale si convertirà in un effetto negativo di repulsione.
Come avevo introdotto alla pagina 28 del mio «2x2=3,14» e ribadito in se­gui­to alla pag. quadratura-del-cerchio-con-il-vero-pi, ma sen­za e­sten­der­mi trop­po fuori dal tema di base, merita proprio in que­sto con­te­sto un'im­ma­gi­ne più azzardata, sulla base dello spe­cia­lis­si­mo pa­ra­me­tro che è 'c', velocità della luce di 299.792.458 metri al se­con­do (o presunta tale).
Maxwell's Equations-(2-of-30)
– Speed of Light –
Mi sono chiesto infatti se e quanto il π pren­da par­te alle for­mu­le che han­no con­dot­to al suo cal­co­lo uf­fi­cia­le; men­tre nel caso ci­ta­to so­pra, la co­stan­te po­treb­be aver ag­gi­ra­to il pro­ble­ma, man­te­nen­do insospettata ai ri­cer­ca­to­ri la sua dipendenza di ¼ del π aureo 3.14460.
Il π, in genere considerato il rapporto tra un cerchio ed il suo raggio, andrebbe intesa come una costante u­ni­ver­sa­le indipendente da ogni stato, che con i suoi 4 quarti mantiene l'e­qui­li­brio nel moto cir­co­la­re, nella gravità come nelle 4 fasi delle manifestazioni on­du­la­torie.
Quanto alla costante, mi limito a far osservare che applicando a 299792458 il quo­zien­te ap­pros­si­ma­to tra i va­lo­ri 3,14460 / 3,14159, = 1,0009590…, la ve­lo­ci­tà nel vuo­to potrebbe avvicinarsi a 300079966; che nell'aria pura (se ne e­si­ste an­co­ra sul pia­ne­ta) oscilla per l'indice di rifrazione generico 1,0002926 (in­ci­den­za cal­co­la­ta con il π usuale) intorno a 299992188, e con indice 1,000243285 a 50° Celsius (metà strada fra ghiaccio ed ebollizione), a 300006978, valori assai più prossimi al­la pre­di­let­ta, i­stin­ti­va­men­te i­de­a­liz­za­ta formulazione 3×108 m/s.
Merita rammentare che nel cerchio di diametro = 1, l'area del Divino Tri­an­go­lo inscritto è Φ / φ2 = 0,30028310…, che è come dire area del cerchio ÷φ2
A proposito, anche se costituisce il li­mi­te massimo di velocità in natura, di­chia­rar­la la massima ve­lo­ci­tà a cui può viaggiare qualunque in­for­ma­zio­ne nel­l'u­ni­ver­so, del quale non abbiamo certo varcato i confini, non è che una pre­sun­zio­ne del tutto terrestre e non veritiera).
E poiché nella relatività generale si tratta della "velocità di gravità", ovvero prevista per le onde gra­vi­ta­zio­na­li, e in un campo gra­vi­ta­zio­na­le lo spazio è curvo, eccoci alle prese con l'intervento del π aureo.

Nel quadrato c2 di ta­le base – com­po­nen­te del­l'e­qua­zio­ne fon­da­men­ta­le E = mc2, ben nota for­mu­la del­la re­la­ti­vi­tà di Ein­ste­in – con la sua co­stan­te o ¼π ri­ta­glia l'arco, quarto di cerchio o di sinusoide, di cui ogni punto sa­rà pro­por­zio­nal­men­te e­qui­di­stan­te da ogni suo vertice, cioè risentirà della stes­sa attrazione /repulsione in modo radiale in costante equilibrio di­na­mico.
Moltiplicata per 4 la formazione, si completa il periodo di frequenza, vir­tual­men­te ricomponendo il cerchio [gravitazionale] di cui ogni vertice è il cen­tro, governato dal π. Al momento non saprei esprimere in modo più ap­pro­pria­to questo con­cet­to abbozzato a fatica; spero solo che non mi induca ad una ulteriore ri­cer­ca avanzata, come dal π e alle spirali auree

Si è visto che scarti tra le misure inferiori a un decimetro fanno slittare di 3.1 mil­le­si­mi il rap­por­to, da ,..16 a ,..46; pertanto come i risultati proposti dal Mo­reux e molti altri, non fanno testo. Del re­sto in una sfida teoretica come que­sta un'ap­pros­si­ma­zio­ne a poche cifre, che invece dovrebbe ga­ran­ti­re la coda or­mai ce­le­ber­ri­ma del π, è tut­t'al­tro che da prender sul serio ed af­fi­da­bi­le.
Se si deve dimostrare la validità di una formulazione ma­te­ma­ti­ca o ge­o­me­tri­ca, almeno 5 o 8 decimali sono necessari alla precisione sulla carta; ciò varia na­tu­ral­men­te in relazione alle grandezze intere.
Per di più il Moreax at­tri­bu­i­sce alla GP un'altezza di 148 mt. a cui aggiunge 0.208 anziché 0.1328, per con­se­gui­re il quoziente da lui desiderato, che sen­za la sua aggiunta sarebbe sta­to 3.14403.
Da chi e come l'avrebbe desunta, se non per poterla ricondurre alla sola co­stan­te cui affidarsi, che pe­ral­tro era già la nota stonata nel concerto te­o­ri­co pi­ra­mi­dale?
Consacrazioni a parte, resta una delle poche ipotesi a suffragare misure che si avvicinano entro un decimetro ai rilevamenti di precisione superiore con­se­gui­ti in epoca mo­der­na con la stru­men­ta­zio­ne del Gan­ten­brink; quindi en­tro certi limiti e malgrado tutto con­va­li­de­reb­be il meglio.
In fondo il suo resoconto ha avuto il pregio di avermi invogliato a que­sta ul­te­rio­re ed affascinante verifica della Quadratura del Cerchio, af­fi­nandone la ri­cer­ca sul π nella Grande Piramide pro­prio per il suo contenuto simbolico er­me­ne­u­ti­co, di cui non mi ero subito occupato, pur avendone focalizzato per pri­mo il più imponente Tri­an­go­lo Aureo, che di per sé ha posto in vi­bra­zio­ne tut­te le altre corde del mio pensiero. Tra l'altro oggi mi chiedo quanto la stessa esplorazione robotica sia stata dedita a corridoi e volumi interni, più che al pro­fi­lo complessivo, probabilmente ricostruito sui dati dei maggiori pre­de­ces­so­ri; ma quali che siano le fonti primarie, ne è emerso ciò che conta per la ricerca che ho portata avanti.
Sebbene una minore approssimazione del lato di base possa influire sulla pre­ci­sio­ne del rapporto, ho ricontrollato che anche nella mia pubblicazione del 2003, i valori medi riportati si avvicinavano abbastanza alle debite pro­por­zio­ni; benché tale approfondimento sarebbe intervenuto solo negli anni a ve­ni­re.
Si dava infatti una media probabile di 230,3683 *4 / (146,515 *2) = 3,1446, sebbene fatta di misure corte, le più diffuse.
Al momento ne ero ignaro, e potevo far riferimento solo alla matematica uf­fi­cia­le; mentre in realtà un cerchio di raggio Φ × il giusto π si presenta con pe­ri­me­tro 8, come il quadrato di lato 2 alla base della piramide, e non 7.992335 come nella mia nota (3 di allora.

Sta di fatto che per quanti escamotage si possano mettere in campo per far quadrare questo cerchio, tutta la vasta congerie di ipotesi, ricopiate e quasi mai uguali, conversioni di conversioni per far collimare disaccordi persino sul­le unità di misura e supposizioni varie, teorie tutte meritevoli in man­can­za di cer­tez­ze, suffragate da nutrite serie di referenze bibliografiche, esse non con­se­guiranno mai lo scopo prefissato, pur accontenta­ndosi di cor­ri­spon­den­ze soddisfacenti sulla base di una sezione aurea – degradata ad ef­fet­to, sbri­ciolata nella sequenza numerica ideata da Fibonacci, serie che di per sé non rappresenta alcuna legge matematica – e del π 3.1416, accordo che non è aritmeticamente possibile, cosa già ampiamente do­cu­men­tata.
Uno scarto frazione di 3.1‰ nello stabilire un rapporto tra base e altezza è davvero facile astuzia arrotondare, ma il vero segreto per la misurazione del­la pi­ra­mi­de, soprattutto in assetto virtuale dopo migliaia di anni, risiede u­ni­ca­men­te ed escluvamente nell'adottare a riferimento al Grande Triangolo Au­reo che ne co­sti­tu­i­sce l'impalcatura geometrica e progettuale, poiché con­tie­ne π e Φ in assoluta e coesistente precisione.


Per tirare le somme ed avviare ad una conclusione fondata, se la maggior par­te delle analisi deve contrapporre alle descrizioni di Erodoto ed altri an­ti­chi le nu­me­ro­se in­ter­pre­ta­zio­ni e relative unità di misura adottate, appare assai arduo so­ste­ne­re ci­fre pre­sta­bi­li­te e sicure. E poiché in questa sede in­te­res­sa­no solo le mi­su­ra­zio­ni connesse alla dichiarata Quadratura del Cerchio, oc­cor­re partire dai due con­cet­ti base affatto significativi:
  1. Per poterla realizzare i progettisti dovevano conoscere il π vero e la sua es­sen­za matematica, o non lo avrebbero associato al class=zoomione aurea in que­sta straordinaria sintesi monumentale; a mio vedere, non avrebbero a­vu­to motivo di cimentarsi in un accostamento ibrido e scompagnato per una siffatta impresa, dove un dato rapporto è perfetto e l'altro no.
    Ciò che per il nostro punto di vista attuale è dissociato in due teorie con­trap­po­ste, per quei Sapienti doveva essere massimo connubio e cor­ri­spon­den­za ad ogni livello; e non è solo questione di un 3‰: ho già citato la co­stan­te 0.78615 regolatrice degli effetti di attrazione/repulsione nel moto su­ba­tomico.
  2. Erodoto, e quant'altri non ne conoscevano il valore esatto, soprattutto nel­l'an­ti­chi­tà; pertanto ogni riferimento numerico ad antichi enunciati sul­la qua­dra­tu­ra del cerchio è da considerarsi astratto o sem­pli­ce­men­te ri­por­ta­to, ma solo a livello storico e documentaristico, senza diretta o ma­te­ma­ti­ca cognizione di causa.
Purtroppo nemmeno il valore di π, ricostruito da formulazioni moderne riesce a sod­disfare i calcoli necessari a validare queste tesi.
Ne deriva che ogni tentativo di far quadrare i conti adattandovi le misure del­la piramide com­por­ti due effetti opposti ma egualmente proibitivi:
  • Consentire agli scettici di negare tale possibilità e fatto geometrico, at­teg­gia­men­to che non ri­spetta la veridicità della Quadratura del Cerchio come una realtà vi[r]t[u]ale, di cui la pi­ra­mi­de è la prova in essere.
  • Veder fallire il presunto conteggio, poiché il ricondurre le misure in i­po­te­si a rapporti atti a com­pia­ce­re il π ufficiale non può che produrre un fal­so ri­sul­ta­to, dato che il π corrente non è abbastanza preciso per validare tale con­fron­to, non essendo compatibile con le proporzioni auree coinvolte.
Del resto lo stesso autore Bartlett, e non soltanto lui, ammette e sottolinea:
È difficile credere che, con la precisione con cui gli egiziani costruirono
questa enorme piramide, non ci fosse l'intenzione di costruirla
sulla base di un importante disegno specifico.
id. – The design of The Great Pyramid of Khufu, p.13
Su questo ha ragione, ma dovrà rimangiarsene buona parte per in­suf­fi­cien­za del π, diluendo la supposta esibizione “per dimostrare al futuro una co­no­scen­za matematica avanzata” come trasversale rispetto “alle loro altre pre­oc­cu­pa­zio­ni spirituali e funebri molto reali”.
Appare logico che tale percezione che pervade tutti dall'ammirazione al­l'im­man­ca­bi­le frustrazione per la mancanza di una risposta definitiva, in­cre­men­ti le più sva­ria­te visuali, sostitutive dell'applicazione di rapporti nu­me­ri­ci che se nel­l'in­tui­zio­ne surrogherebbero la ratio aurea, in realtà dirama­no il pensiero in tanti rivoli, disgiunti dall'impronta di quel tri­an­go­lo ieratico che al di sopra di tut­to la contiene e rappresenta, π incluso.

È singolare che le proporzioni della Grande Piramide abbiano e­ser­ci­ta­to una at­trat­ti­va tanto forte e ripetuta, da in­dur­re molti studiosi a ri­per­cor­rerla con la massima cura, pur consapevoli di doverla negare ma non senza far­se­ne una ragione, quasi fosse un tributo do­vu­to ad una tale genialità teoretica.
Lo si può giustificare, tenendo conto del fatto che non disponessero di al­ter­na­ti­va al π istituito una tantum; e probabilmente nemmeno motivazioni per rim­piazzarlo, se non di fronte a questa ‘prova di banco’ che potrebbe ri­ve­lar­si epocale.
Ora infatti, a partire anche solo dal Divino Tri­an­go­lo Aureo che lo racchiude, le ragioni per discuterlo sono innegabilmente e­spo­ste nel mio sag­gio «2x2=3,14» alle pagine 15,16, im­ple­mentate ampiamente in questo sito du­ran­te e dopo a­ve­re rimesso ordine nel mondo delle spirali auree, con la pro­va ed una di­mo­stra­zio­ne informatica dell'errore, talché dovrebbero in­dur­re al­l'at­ten­zio­ne dovuta.

Cercherò allora in questa pagina di ristabilire un confronto dalle opere di ac­cre­di­ta­ti ricercatori, dei disegni da essi affidati alla storia e alla cultura, con tale impronta decisiva e fondamentale per tutte le dimensioni che co­in­vol­go­no que­­sta piramide. Lo scopo primo e sensato a fronte di fin troppe teorie è di mo­stra­re quanto in realtà quasi nessuno degli schemi de­li­ne­a­ti si sot­trag­ga al ma­gne­ti­smo del Grande Triangolo, nonostante le i­mmancabili va­rianti ed im­pre­ci­sio­ni del tempo, dei luoghi e dei calcoli.
Personalmente nel 2002 ho avuto la ventura di imbattermi nelle misure del­la Grande Piramide offerte dai rilevamenti ad opera del progetto UPU­AUT, do­cu­men­ta­ti da precisi schemi AUTOCAD, dai quali potei estrarre mi­su­re mil­li­me­triche più affidabili, a posteriori, di qualsiasi disegno reperibile; fu­ro­no suf­fi­cien­ti in­fat­ti a condurmi alla scoperta di quel Divino Triangolo, che non esitai a proporre come il Terzo Tesoro della Geometria, rivelatosi al­la mia per­ce­zio­ne il più son­tu­o­so mistero di tutta la geometria, sacra e pro­fana.

Pur avendone già pubblicate in PDF fin dalla prima trattazione nel 2003, ne ri­pro­du­co una schermata ricavata dal più recente e completo video il­lu­stra­ti­vo «Every CAD drawing of Cheops Pyramid from www.cheops.org», clic­cabile per verificarla in un PDF di 8937px × 7689px, al profilo della quale so­vrap­pon­go semplici dati di misura e due grafici: un goniometro centrato al vertice si­ni­stro della base, e in trat­teg­gio dorato il Grande Triangolo Aureo con suoi i quat­tro cerchi aurei.
tratteggio triangolo —: 370,853 mm |: 235,866 mm, ratio ÷ 0,786151
[370,853 / 235,866 * 2 = 3,144607531] La costruzione poggia sulla base qua­dra­ta, lati orientati ai punti cardinali, co­me ai quattro Elementi componenti es­sen­zia­li dell'esistenza materiale, già in­di­ca­ti nella pagina precedente.
La struttura piramidale collega ogni lato del quadrato base ad un unico ver­ti­ce, dando luogo ad una faccia triangolare, che potrebbe esserci o non es­ser­ci come su­per­fi­cie piena, ovvero la cui funzione precipua è di combinare le quat­tro essenze fon­da­men­ta­li in una: la Quintessenza, ‘quinta essentia’ (in gre­co pémpton stoichêion) a denominazione dell'etere che nella realtà ne irradia le ma­ni­fe­sta­zio­ni vi­vi­ficandole.
È determinante com­pren­de­re questo passaggio dal numero 4 al numero 5 (o viceversa), in quanto geometricamente la circonferenza con centro al vertice e raggio fino alla base si trasmuta, per così dire, trasfigurandosi nel perimetro base, di cui è la ‘radice’ in virtù del rapporto aureo tra i loro corpi, che ab­bia­mo visto essere: Φ su base Φ.
È nello studio svolto sulla spirale aurea di quinto livello che avevo già e­vi­den­zia­to quanto il numero 5 sia il radicale determinante in qualunque for­mu­la­zio­ne della Sezione Aurea, di cui ripeto solo un breve tratto i­ndi­cativo:
[0.05 + 0.05 + 0.05 + 0.05 + 0.05] + 0.5 + 0.5 = 1.118,
insomma 0.52 × 5 su base 1, che ± 0.5 porta sia a 0.618 che a 1.618, i quali moltiplicati tra loro fanno 1.
Una scomposizione ai minimi termini che si potrebbe considerare banale, se non rendesse palese il come:
La Sezione Aurea è un "mistero" governato dalla cifra 5, che può rap­­pre­sen­tar­la pienamente nella sua forma e notazione es­sen­ziale!

E come ho potuto rappresentare nella mia ipotesi di spirale ed anti-spirale, al Φ è riconducibile il Vortice, un turbine che rac­co­glie con forza, alimenta, distrugge! Non mancava altro alla pa­ro­la "piramide" che es­se­re tradotta come “fuoco nel mezzo”.
Una semplice vite può rendere l'idea della sua capacità di pe­ne­tra­zio­ne, ma per immaginare la sua potenza, pensare ad un ci­clo­ne potrebbe non bastare.
Si può notare in questa fo­to spe­ri­men­ta­le ba­sa­ta su una bo­bi­na di Te­sla, scat­ta­ta nel 1979 con una ca­me­ra Kir­li­an, il mo­vi­men­to del flus­so e­ner­ge­ti­co ver­ti­ca­le in dop­pia e­li­ca, che peraltro ri­con­du­ce il pen­sie­ro al DNA.

La Quadratura del Cerchio non è solo un'esigenza geometrica ma un bisogno istintivo, per meglio dire esoterico, tradottosi per secoli nella ricerca alchemica della Pietra Fi­lo­so­fa­le, lapis philosophorum, segreto fattore di conversione tra la creatura e la sua sor­gen­te vitale; su cui si possono leggere sul web le più dotte scem­piag­gi­ni, come sempre da chi si sente in dovere di etichettare ciò che non sa o non ca­pi­sce – sia detto per mettere in guardia chi non è preparato.

L'energia, per inciso, non è l'origine, ma è manifestazione della COSCIENZA Suprema.
Questo in­se­gna il dettato superiore del CRISTO con quelle da LUI definite 9 LETTERE, documenti storici e co­gni­tivi che come minimo dovremmo chia­ma­re LEZIONI, che ho avuto il privilegio di ri-editare allo stato dell'arte, non­ché di il­lu­strarne brani in una ricercata galleria di 800 Tweets.

La scienza presenta l'univero come ‘materia’ che possiede coscienza, ma la verità è: L’universo È COSCIENZA, che ha assunto parvenza materiale, come risultato di una discesa nelle frequenze più basse di vibrazione. Ogni cosa nell’universo è un particolare ed individualizzato stato di COSCIENZA, reso visibile.
estratti dalle 9 LETTERE DI CRISTO, pagg. 111, 267 – dettate dalla SUA ENTITÀ nel 1998
Quadrare il Cerchio è mi­ra­co­lo e veicolo della Forza Motivante, il Motore Pri­mo dell'Esistenza che in­du­ce le particelle alla densità e forma[zione] di e­le­men­ti e ne governa il moto.
La realizzazione matematica e geometrica, Intelligenze della Creazione, Φ, si con­cre­tiz­za [me­ta]­fi­si­ca­men­te parlando tutta qua: configurata ed applicata in modo funzionante nella struttura piramidale che ci è stata elargita.

Alla luce di tali premesse, è quindi assai più difficile appurare quale fosse il compito affidato alla Grande Pi­ra­mi­de, che non le sue misurazioni certe e virtuali. È imperante un quasi globale disaccordo su entrambi i postulati; ma se c'è un rappporto dato che emerge inattaccabile ed eloquente, eccolo nel Divino Tri­an­go­lo Aureo.
Il primo aspetto per così dire critico e de­ter­mi­nan­te, che mi ha condotto fin qua, è il fatto che un suo lato obliquo ×4 equivale alla cir­con­fe­ren­za che lo circoscrive, dulcis in fundo è il seme del π; per me la costante , Platinum.
Ho già illustrato a più riprese come entro il cerchio di diametro=1 il pe­ri­me­tro della sua base:
0,97173654351329135636572775178908 moltiplicata × 4 lati, sia
= 3,8869461740531654254629110071563
ed equivalga alla sua altezza, che è il raggio del cerchio da quadrare
0,61803398874989484820458683436564 × 2 moltiplicato
× 3,1446055110296931442782342932803
= 3,8869461740531654254629108214067
perfetta fino al 23° decimale, giustificati i limiti di calcolo imposti dal­l'e­la­bo­ra­tore. Si può chiedere di più, o rifiutare tale evidenza? è la sola Quadratura del Cerchio possibile e reale, quanto reale ed affidabile è il π 3.14460.
Nulla di questo ed altro può essere emulato dal π 3.1416, e l'architettura della piramide ne è testimonianza, dovrei aggiungere immancabile.
Giacché senza di essa non si sarebbe pervenuti al riconoscimento del vero π.

repetita iuvant

Perché piramide?
porsi e rispondere a questa domanda potrebbe essere il primo passo per co­glier­ne la risonanza, non solo architettonica; non è questa infatti che av­vin­ce il mondo nel suo insostenibile silenzio che tutti fa parlare, dal mo­men­to che edifici sorprendenti per bellezza e stra­or­di­na­rie­tà originale non ne man­cano.
Quale sarà la sua ‘marcia in più’ oggi, che non la vediamo nemmeno più bril­lare al sole come una stella?
Ripercorriamo a vista il suo carattere di superficie.
Detta piramide è direzionale, ha base ed apice, o viceversa alto e basso, ver­ti­ca­le ed orizzontale. Ubbidisce quindi ad un campo gra­vi­ta­zio­na­le.
Osserviamo per contro il Tetraedro, che pur essendo a sua volta una pi­ra­mi­de regolare è l'esempio opposto: è un perno della vita, della simbiosi zo­dia­ca­le e del DNA, ma a differenza della grande piramide non ha capo né co­da, quasi come una sfera; può essere osservato da qualunque lato o po­sto su qua­lun­que faccia come base, senza alcuna differenza dinamica.
Per penetrare la ragione che conduce alla scelta quasi universale della for­ma piramidale regolare a base quadrata come apparato funzionale, sta in prima linea quell'enunciato fon­da­men­tale:

  • L'area di un qua­dra­to a­ven­te per la­to l'al­tez­za del­la pi­ra­mi­de e­qui­va­le­va al­l'a­rea di cia­scu­na fac­cia o­ri­gi­na­ria, cioè a dire l'al­tez­za del­la pi­ra­mi­de era il car­dine del­la superficie di cia­scu­na fac­cia, una ri­spon­den­za ver­ti­ca­le che raf­for­za la sim­bio­si dei 4 lati con il vor­ti­ce di cui sopra, che ri­per­cor­rerò più avanti con meno numeri è più de­scri­zio­ni, correlato al π:
    nel nostro cerchio infatti si tratta di Φ×Φ × Φ = Φ
    ossia radice quadrata di:
    (0,48586827175664567818286387589454 [½ base]
    × 0,78615137775742328606955857332008) [altezza]
    = 0,3819660112501051517954131595499  [Φ²]
  • In tal modo il perimetro di base equivale alla circonferenza con raggio pari all'al­tez­za Φ ×Φ ×8 = Φ ×2 ×π
    da cui risulta π quale rapporto tra perimetro e diametro
    π = ( Φ ×Φ ×8) ÷ (Φ ×2) = Φ ×4
    pari a 3,1446055110296931442782342932802.
  • Già che ci siamo, pos­sia­mo altresì ve­ri­fi­ca­re che l’area del­lo stes­so cer­chio e­qui­va­le al­l'a­re­a del ret­tan­go­lo con al­tez­za il suo dia­me­tro e base quel­la del­la se­zio­ne pi­ra­mi­dale; una so­len­ne integrazione al tri­an­go­lo di Keplero, dato che da ogni suo lato si può calcolare l'a­rea del cer­chio a­ven­te uguale raggio.
    Con il giusto π, nel caso nu­me­ri­co già a­dot­ta­to so­pra, sem­pli­fi­can­do il cal­co­lo ge­o­me­tri­co ad un quar­to del­le due aree, pos­sia­mo infatti gio­carcela an­che così:
      Φ×Φ ×Φ = Φ2 × Φ
       BASE × ALTEZ.
       RETTANGOLO
     |  R2 × ¼π
     CERCHIO
    oppure con il teorema di Pitagora:
    Φ-Φ2 ×Φ = Φ2 × Φ = 0,30028310
    cifra già commentata alla pagina: quadratura-del-cerchio-con-il-vero-pi
    e comunque, in omaggio alla vista geometrica assai più esplicita del­l'a­rit­me­ti­ca, Φ2 visto come lato del quadrato in tratteggio azzurro, genera un quadrato la cui area verrà ritagliata allo 0,78615% dall'arco di cerchio che ha come raggio il suo lato.
    Per tradurla in cifre complete:
    Rettangolo: 0.971736 × 2 × 0.618034 = 1.20113242400
    Cerchio: 3.14460 × 0.6180342 = 1.20113242400
    Con un clic sulla figura si può notare per­si­no la perfetta intersezione del cer­chio di diametro = 1 (che circoscrive il tri­an­go­lo) insieme a quella del cerchio az­zur­ro (di raggio Φ), con il lato del rettangolo.
    Naturalmente con π = 3.1416 anche questa cor­ri­spon­den­za di aree e pe­ri­me­tri non avrebbe riscontro.
Tutto questo non può che rafforzare come l'area del cerchio da qua­dra­re sia connessa al tri­an­go­lo, catalizzatore positivo, dal numero quattro, poiché se quel ret­tan­go­lo che e­qui­va­le ad un quadrante del cerchio è tagliato dia­go­nal­mente da un lato del tri­an­go­lo, la sua metà sinistra corrispondendo all'altra metà dello stesso, sta ad indicare chiaramente che ogni quadrante o ¼ di cer­chio è uguale al­l'a­rea di un Tri­an­go­lo Aureo avente per altezza il raggio (R e base R ××2).
Lo dimostra ancor meglio se non fosse che un capriccio, applicare lo stes­so taglio diagonale al rettangolo di altezza doppia, e completare la fi­gu­ra sul la­to de­stro per far risaltare la moltiplicazione di quattro tri­an­go­li aurei u­guali.
A lato non poteva mancare una distribuzione dei quattro, circolare e sim­me­tri­ca sul cerchio, poiché pongono in evidenza come il quadrato a doppio trat­teg­gio verde, i cui lati attraversano le intersezioni del cerchio con tutti i 4 tri­an­go­li, sia giusto quello che quadra il cerchio stesso.
Se ne evince che il segmento che unisce le due intersezioni del cerchio az­zur­ro con i lati del tri­an­go­lo, esteso alle perpendicolari ai due estremi della base, è il lato del quadrato centrato nel cerchio equivalente.
Un'ultima cu­rio­si­tà mi­no­re – quello (rosso) che è di uguale area, ruotato fi­no a far coincidere i vertici con le basi dei tri­an­go­li, tocca an­che i vertici del verde perimetrale intersecando con essi il ret­tan­go­lo.
n.b. – I 4 pr­ofi­li non vanno confusi con le facce della piramide.
Se per fortuna il primo enunciato prescinde dall'impiego del π, la­scian­do al Φ l'onere della rispondenza assoluta, e questo ci per­met­te di ap­pu­ra­re il va­lo­re esatto del π dall'eguaglianza tra cir­con­fe­ren­za con raggio al­tez­za del­la pi­ra­mi­de e il suo perimetro di base – si mantiene l'assoluta re­la­zio­ne tra le quattro facce e la funzione di quadratura o inquartatura del cerchio, dal mo­men­to in cui per ciascun triangolo inclinato verso l'apice il rapporto tra ½base ÷ la sua altezza è Φ, e quin­di il quadrato del rapporto costante che ve­dre­mo, tra ½base ÷ altezza della pi­ra­mi­de.
Tale rapporto inverso fa sì che se nel nostro profilo piramidale inscritto in un cerchio di diametro = 1 e circonferenza = π, l'al­tez­za della piramide è Φ, l'al­tez­za delle facce sia Φ, ovvero 0,78615, che configura idealmente quat­tro raggi che compongono il π, dipartendosi dal vertice per in­cor­ni­ciarne e ri­par­tir­ne l'effetto fino alle quattro direzioni cardinali, o fasi cicliche più volte ri­chia­ma­te nei miei articoli, alle quali è orientata la base della costruzione solida.
Gli stessi quattro raggi che delimitano due a due il profilo di sezione sugli assi Nord-Sud ed Est-Ovest In altre parole, è la stessa ½base che a partire dal cen­tro del quadrato della base, nel profilo pi­ra­mi­da­le si relaziona a 0,78615¼π sul lato obliquo, mentre a partire da ogni suo angolo nelle 4 facce si re­la­zio­na a 0,78615¼π come loro altezza! Vale per qualsiasi tipo di pi­ra­mi­de a base qua­dra, ma in questo sono dominanti il π e quel­l'in­ter­scam­bio di valori per cui se nella sezione della piramide Φ è l'altezza, in ogni facciata ½base ÷ al­tez­za è Φ. Insomma, o dovrei dire in somma, π e Φ si mo­da­lizzano nelle quat­tro fac­cia­te che al vertice (energia) congiungono i cardini della massa ral­len­ta­ta, in e­qui­li­brio ideale per ogni versante o fase della co­stru­zione.
Ha senso immaginare qualcosa di casuale in tutta questa irripetibile per­fe­zione? Quanto sopra esemplificato significa che qualunque rapporto tra al­tez­za e ½ lato di base della piramide, [ per noi:
0,61803398874989484820458681467588
÷
0,48586827175664567818286387589454 ]

che sia effettivamente divergente dalla Φ, diciamo 1,2720196495140,
per il variare dell'altezza o del lato, non consentirà l'eguaglianza di cir­con­fe­ren­za a perimetro; ciò che infatti si verifica i­ne­vi­ta­bil­men­te con il π = 3.1416 anche ri­spet­tan­do la suddetta ratio per le aree.
Lo so che mi sto solo ripetendo, ma varrà ad evidenziare che sotto certi a­spet­ti sono i numeri quelli che decidono… anche i significati.

IL TAGLIO DELLA GEMMA
Se nel caso del cerchio di diametro unitario tutto è immediato, giacché la co­stan­te è la misura stessa dei lati, sul terreno aperto, in sintesi, due as­sio­mi de­fi­ni­sco­no il taglio di questa ‘pietra’ preziosa, nella prospettiva di sem­pli­ci pro­por­zio­ni, ma nel contempo di un'approfondita ponderazione:
  1. L'area delle facce triangolari come altezza al quadrato, quando il rap­por­to ½base ÷ altezza della pi­ra­mi­de è la costante 0,78615 ( Φ).
    Si noti che tale rapporto ‘½base ÷ altezza dei triangoli delle facce’ è Φ, cioè il rapporto di cui sopra elevato al quadrato.
    L'area di ogni faccia eretta su metà della base dà luogo ad un ret­tan­go­lo aureo; per cui l'eguaglianza delle aree è riducibile alla formula:
    ½base2 × φ = altezza2
  2. L'eguaglianza del perimetro base e circonferenza con raggio l'altezza, che si riduce a:
    base × 2 = altezza × π | da cui si ottiene in tutto il suo splendore: |
    π = base × 2 ÷ altezza,
Soltanto se questa duplice relazione tra le misure della piramide è ri­spet­ta­ta, abbiamo accesso al vero effetto del π; giacché il perno-colonna della com­bi­na­zio­ne, come un fuso gravitazionale che garantisce il π nella sua fun­zio­ne, è l'altezza della piramide quale raggio del cerchio massimo e lato dei quadrati che virtualmente intersecano e si identificano con ogni facciata; immagina il cardine di una porta girevole a 4 ante quadrate.
La vera chiave di volta e tutt'ora il primo segreto da comprendere non ri­sie­de solo in un fatto architettonico, ed è tan­to ricco e poderoso da ren­de­re l'e­mo­zio­ne nel ripercorrerlo come un flus­so di corrente.

Si possono anche attribuire alla costruzione misure tali per cui il perimetro di base corrisponda alla circonferenza avente raggio la sua altezza, le i­po­te­si di misure sono molte a calpestarsi l'un l'altra ma senza nulla che sia di­mo­stra­bi­le; nessun vero rapporto con la sezione aurea, e tutta questa me­ra­vi­glia va in pezzi. Quanto ho rilevato dai CAD di Gantenbrink, e da ul­te­rio­ri prospetti parla fin troppo chiaro per poter essere ignorato.

A questo schema tratto dall'Upuaut che possiamo ritenere il più indicativo, si af­fian­ca­no svariati profili che, pur di­sco­standosi l'un l'altro di poche unità o fra­zio­ni – a parte la disposizione dei spazi in­ter­ni noti o ignoti, di cui non e­sclu­de­rei affatto ulteriori attinenze, ma che non riguardano la pre­sen­te trat­ta­zio­ne – gra­vi­ta­no intorno al magico tri­an­go­lo confermandolo quan­to ba­sta, pur senza averne colto l'importanza geometrica fondamentale e cioè l'essenza, una ve­ri­tà immutabile che nessuno aveva ancora di fronte.

Più cerco di focalizzare questo mio lavoro sui dati disponibili più certificati, più vedo aumentare la marea di articoli impegnati nel definire e ri­de­fi­ni­re ogni pietra, ogni an­frat­to ed inclinazione, som­mer­si da un catalogo di mi­su­re di cui non posso che osservare la sola curiosi­tà descrittiva, poiché pre­scin­do­no dal fattore più certo ed es­sen­zia­le, a volte ar­ram­pi­candosi sugli spec­chi per a­val­la­re l'uno o l'altro mistero.
Si elaborano studi e grafici imbastiti sugli studi di altri, schemi su schemi, con le più disparate teorie, alla ricerca di qualcosa di nuovo da rivelare, ma sem­pre ag­gi­ran­do il dato reale più importante.
Le misure sono discordi, o non vi sarebbe alcun bisogno di un simile flusso; ma che sia più realistica la serie 232/148 o 230/146, quanto mi sono sfor­za­to di esporre manterrà un solo si­gni­fi­ca­to: la necessaria Proporzione Aurea tra le componenti è la prima chiave di lettura virtuale della Piramide di Che­o­pe, del suo costrutto e del­l'in­tento in esso custodito.
Non poter risolvere questo è come rincorrere vie più o meno tor­tu­o­se, ma sempre alla cieca, per un puzzle privo di soluzione; tanta fatica sprecata.

Ne riprodurrò alcuni tra i più affidabili schemi classici, con un confronto gra­fi­co del tri­an­go­lo aureo in so­vrap­po­si­zio­ne, per facilitare la valutazione vi­si­va di quanto poco basti per ren­der­li pressoché uguali e ad un tempo tutti diversi, lasciando ogni singola teoria co­me su una zattera in balia delle onde.
Anche per verificare quanti più valenti autori si siano uniformati alla ratio ef­fet­ti­va, la sola che ri­spon­da a tutti i requisiti con im­pec­ca­bi­le esattezza.
Tanto da rendere la Grande Piramide di Giza uno scrigno
veritiero della Sezione Aurea e del π che ne è la radice,

Comunque la si pensi, i canoni che ho prospettato sono quelli che ga­ran­ti­sco­no un pro­to­ti­po di piramide perfetta in tutti i sensi esaminati e descritti dalla sto­ria, an­che per chi non li ritenesse applicati alla piramide di Giza.
La quale potrebbe anche essere più antica di 10,000 anni, ed aver perduto par­te della sua mole, tuttavia mantenendo in evidenza delle proporzioni ve­ro­si­mil­men­te garantite dal suo proprio campo energetico e gravitazionale.
Le misure del Divino Triangolo, moltiplicate per qualsiasi unità modulare ri­spet­tan­done la ratio, sono pertanto quelle da adottarsi per la co­stru­zio­ne di mo­del­li in scala, con o senza facciate solide, purché orientate correttamente.
Nondimeno una considerazione più eccitante a mio parere esiste, ed è quella introdotta alla pagina pre­ce­den­te, che invita a sperimentarne gli effetti di be­nes­se­re praticando i 5 Riti cosiddetti Tibetani, una vera e propria Quadratura del Cerchio nel proprio corpo multidimensionale.
Potrebbe anche aiutare a capire la Grande Piramide in modo nuovo,
Chi avesse avuto il privilegio di sostare anche solo per una ventina di minuti all'interno della stanza del re, nel cuore della piramide, dovrebbe avere spe­ri­men­ta­to alla sua uscita la sensazione inattesa come di trovarsi d'improvviso in una sorta di vacuità deludente e im­per­cet­ti­bil­men­te nostalgica; per poi rien­tra­re nella norma entro breve, ma conservandone un ricordo indelebile nel tem­po. Un effetto inverso del campo di energia in cui si trovava, e che invece pro­ba­bil­mente non ricorderà, non avendone avuto immediata con­sa­pe­vo­lez­za, tan­to più trafelato dopo avere scalato quel corridoio per poterla rag­giun­gere.

Si può forse intravvedere nel π l'essenza del motore primo? per certo è il cen­tro di ogni cerchio, o sfera e come tale garantisce l'equilibrio di qual­sia­si cam­po gra­vi­ta­zio­na­le. La visione fin qua descritta lo colloca al vertice della pi­ra­mi­de, centro del cerchio che si farà quadrato alla base; ed il valore 3.14460 ne con­for­ta l'assunto, benché se ne siano perdute le fonti cognitive.

Quanto a queste fonti, il molto citato Erodoto non sembrerebbe altrettanto af­fi­da­bi­le, se dichiara che lato e altezza mi­su­ra­no egualmente 800 piedi:
“La sua base è quadrata, ogni lato è lungo ottocento piedi
e la sua altezza è la stessa”
Herodotus Histories 2.124-125, translation by A.D. Godley
Si può solo supporre, dato il paradosso evidente, che ri-traduzioni affrettate, o il danneggiamento di documenti originali abbiano alterato il senso de­scrit­ti­vo di un'altezza raggio di un cerchio uguale alla base.
11, La storia della figlia di Cheope è paragonabile a quella della figlia di Rampsinito;
e possiamo essere certi che Erodoto non la ricevette mai dai "sacerdoti",
di cui non capiva la lingua, ma da alcuni degli "interpreti" greci,
dai quali fu così spesso tratto in inganno,
Notes (By Sir Henry Rawlinson) – Extract from Herodotus - c, 430 BC. 'The Histories', Vol II: 124.
Tralascio anche la:
"A Letter from Alexandria on the Evidence of the Practical Application of the Quadrature of the Circle, In the Configuration of the Great Pyramids of Gi­zeh","authors":"H. Agnew","pub_date":"1838", non tanto perché l'Autore si è servito di un sestante fatto di propria mano, sicuramente ammirevole,
Il mio strumento era un sestante di 2½ piedi di raggio, fatto di legno ben stagionato e regolato con precisione con mirini appropriati, e un filo a piombo sospeso con un sottile filo di seta dal centro. Era montato su un supporto di altezza appropriata, e l'intero apparato era solido e pesante. Con questo strumento potevo misurare angoli di altitudine con grande soddisfazione
ma perché anche le sue tavole ed ipotesi tutte imbastite sul π corrente sono viziate in ra­di­ce e dunque inutili. Di fronte agli enunciati sopra esposti e lo­ro so­lu­zio­ne non approssimata, tutto il resto non è che un dibattito superfluo.


Un po' di rassegna storica
Propongo tuttavia di sfogliarne alcuni casi, tra la vasta gamma di immagini e schemi di progetto distribuite un po' ovunque, verificandone quanto il rap­por­to base÷altezza delle misurazioni attuali si discosti dalla costante chiave 0.78615, ovvero Φ. Nella pubblicazione dello studio sulla geometria del­la piramide di Christopher Bartlett, di cui tralascio le proposizio­ni più sog­­get­­ti­ve, sono elencate ben 21 misurazioni della pi­ra­mi­de, eseguite dal 1840 al 2012, di cui solo la prima (Howard Vyse) è di 232.8 × 148.2 (uso que­sta no­ta­zio­ne di lato base × altezza); per lo più le altre, pur differenti per fra­zio­ni minori, si at­te­sta­no intorno a 230.3 × 146.7, ve­ro­si­mil­men­te ri­fe­ren­do­si alle misure at­tua­li del monumento, spogliate dal suo im­por­tan­te ri­ve­sti­mento.
La difficoltà nella misurazione deriva dalla distruzione araba di quasi tutti
i sottili blocchi inclinati del rivestimento, spessi circa 3 piedi (0,9144 mt,),
lasciando così a gradini il nucleo interno della muratura…
https://www,nature,com/articles/116942a0
A dire il vero, meno di 2 metri di differenza non sembrano coprire che per metà lo scarto che appare nei vari diagrammi, tra il perimetro virtuale com­ple­to di rivestimento e quello di soli massi nudi, ma non ne tengo conto, aven­do notato delle diversità, laddove il profilo tri­an­go­la­re esterno è il solo tra­guar­do di ri­fe­ri­men­to ai calcoli decisivi.
Di Piazzi Smyth e John Taylor ho già dato cenni,
Nel 1865, Piazzi Smyth realizzò il primo rilievo ampiamente accurato della Grande Piramide, che pubblicò in diversi libri e articoli. Piazzi Smyth ottenne il permesso ufficiale di svolgere questo lavoro dal viceré d'Egitto, Ismail Pasha, e ricevette assistenza dall'Egyptian Antiquities Service e dal governatore di Giza. Questi permessi sono descritti nelle sue pubblicazioni, incluso il suo libro del 1867.
1867 – Life and Work at the Great Pyramid (vol, 1, pp, ix, 4-8, 29-30).
Le sue misurazioni in due tempi a 232,8672 × 148,1328 con­fortano il nostro π fino al millesimo, con 3.1440.
I profili rossi tratteggiati sovrapposti alle im­ma­gi­ni sono tut­ti lo stes­so Gran­­de Trian­go­lo Au­reo e mo­stra­no as­sai bene la cor­ri­spon­den­za qua­si as­so­lu­ta del­la co­stru­zio­ne, la­scian­do quei pic­co­li scar­ti de­ci­ma­li a com­bat­te­re con i mo­men­ti e gli stru­men­ti di ri­le­va­men­to. Quel che cer­co di ri­badi­re è che più o meno tut­te le mi­su­re di­chiarate – a meno che sia­no mol­to di­sco­ste dal rap­por­to i­de­a­le, e qual­cu­na, soprattutto più moderna, non man­ca – con­cor­ro­no a de­li­ne­a­re il pro­fi­lo di base con del­le dif­fe­ren­ze che unitamente ad effetti degli agenti e­ster­ni, pos­so­no es­se­re con­si­de­ra­te del­le ap­pros­si­ma­zio­ni fra­zio­na­rie oc­ca­sio­na­li ri­spet­to alla mole complessiva.
Tra i tanti autori, ne raffronterei alcuni più dediti alla ricerca che non alla narrativa.
YearSourceSideHeightside /2 /heightπ (sd *2 *hg)
1840Howard Vyse232,8148,20,78542510123,141700405
1865Piazzi Smyth, John Taylor232,8672148,13280,78600753,14403
1883Flinders Petrie230,348146,710,78504532753,14018131
1925J, H, Cole230,363146,7310,78498403,139936346
1971Livio Stecchini230,363146,5120,78615744793.144629791
Il dottor Stecchini, che nel numero di febbraio di ABS ha messo in relazione l'alfabeto originale con un precedente sistema numerico divinatorio, riassume qui i risultati della ricerca sull'origine delle misure. I sistemi di misurazione del mondo hanno probabilmente una radice comune nell'antica Mesopotamia.
In alcune culture erano dotati di un'aura religiosa; in Grecia diedero origine alla disputa tra Protagora, secondo cui “l’uomo è la misura di tutte le cose”, e Platone, secondo cui “Dio è la misura di tutte le cose”.
Nel mondo moderno sorgono numerosi malintesi teorici perché scienziati e umanisti hanno dimenticato la vera natura della misura.
https://journals.sagepub,com/doi/abs/10,1177/000276426100400706
1997Mark Lehner (estimation)230,33146,590,78562657753.14250631
2000Roger Hersch-Fischler230,4146,60,78581173263,14324693
Herz-Fischler presenta una serie di grafici su queste relazioni per le quantità osservate e misurate trovate all'interno di ogni teoria. Fortunatamente per il lettore, le cifre decimali vengono ridotte ai soli millesimi.
NEXUS NETWORK JOURNAL - VOL, 3, NO 2, 2001 197
Sarebbe da segnalare agli appassionati del Pi Day!
2001John F. Pile (no inspection) 230,356146,6490,78539915043.141596601
Se qualcun altro dei ricercatori non ha disdegnato qualche artificio pur di vedere sod­di­sfat­ta una leggenda, ha fatto solo un buco nell'acqua. Vediamo infatti che John F. Pile, fotografo ed esperto di interior design è il solo a conseguire il risultato ottimale 3.141596601; lo ha prodotto al tavolino, con: “nessuna ispezione” e magari proponendosi proprio di avallare la teoria del π!; ed è stato praticamente copiato
da Farid Atiya fino al 9° decimale…
2007Zahi Hawass230,37146,590,78576301253,14305205
2009Farid Atiya (F, Pile copy)230,356146,6490,78539915043.141596601
2010Stephen Brabin230,348146,590,78568797333,142751893
Dalla circonferenza ellittica della Terra con il giusto π aumenterebbe la base, con un rapporto ancora più vicino al 3.1446 – «The_Incomplete_Pyramids» by Stephen Brabin
2014Christopher Bartlett (trial)230,363146,5150,7861413503,14456540
Una sua media totale che da 230,478 /146,726 *2 rechi ad un π di 3.14161, non può che affermare misure assortite ad hoc, inclusi i du­pli­ca­ti ed esclusi al­tri casi, forse ancora nell'intento di privilegiare la teoria del π, nonostante l'evidenza frustrante che tale valore non possa sod­di­sfa­re en­tram­bi i po­stu­la­ti di base essendo in di­saccordo con la sezione aurea; e non è dav­ve­ro il caso di consolarsi con i primi tre decimali.
Se ha ben poco senso per la presente ricerca calcolare la media tra le lun­ghez­ze dei 4 lati, ne ha meno ancora calcolare la media tra le lunghezze at­tri­bu­i­te dai vari autori nei decenni. Tanto più se rielaborate da pur valenti scrit­to­ri sulla base delle poche ufficiali, al fine di pubblicare e vendere un loro libro.

State certi che la Grande Piramide è un dispositivo cosmico finito, perfetto e tut­t'o­ra col­mo di segreti, al quale l'estro dei ricercatori non potrà aggiungere né to­glie­re niente, qualunque sia il loro punto di vista.
Quanto a quegli immancabili dissacratori che amano fregiarsi di sarcasmo, non meritano troppa attenzione; talvolta ai giullari di corte veniva concesso di beffeggiare anche i re. Del resto, se può essere difficile argomentare sul fon­da­men­to di certe nozioni, lo è ancor più intentarlo su nozioni che non si hanno.

Soltanto l'ambiente e l'umano im­per­ver­sa­re nei secoli hanno sottratto alla vi­sta quelle misure che non potranno mai più essere recuperate in solido; ma non hanno impedito che ci trasmettesse i più im­por­tan­ti messaggi, primo fra tutti l'accesso al Divino Tri­an­go­lo e da questo al vero π.

Anche se due tra i primi e più accreditati esploratori della Grande Piramide gli si sono avvicinati meno di altri, per le misure del 1925 Petrie relaziona meglio:

Quella del re Snefru a Meydum precedette immediatamente la Grande Piramide
e fu progettata con un sistema di misure similare.
Entrambe hanno la proporzione risultante dall'altezza che è il raggio di un cerchio uguale al circùito della base, gli angoli trovati essendo
Per la teoria π51° 51' 14" ·3
Piramide di Cheope  51° 50' 40" ±1' 5"
Piramide di Snefru51° 52' ±2' ?
Le dimensioni trovate sono:
di Cheope altezza 7, circùito 44, x 40  cubiti.
di Snefru ''7,'' 44, x 25  cubiti.
December 26,1925 – NATURE – Petrie Surveys_116942a0.pdf

Pur limitandosi a cifre assai spartane,
da 3.1402 eccoci a 44 ÷7 ×2 = 3.1429!
Nel 1883 doveva essere anche più complicato, sia da goniometro e livella, o da Angolo d'arresto o squadra d'acciaio, ma sempre ad occhio e croce;
24. Per ottenere l'altezza originale della Piramide, dobbiamo basarci sulle osservazioni del suo angolo.
THE PYRAMIDS AND TEMPLES OF GIZEH. BY W. M. FLINDERS PETRIE, LONDON [1883]
Pongo bene in vista que­sto brano, che e­vi­den­zia com­pro­mes­si ed in­cer­tez­ze, on­de per cui quel che im­por­ta è pren­de­re atto che le mi­su­ra­zio­ni sono sta­te da sem­pre og­get­to di cal­co­li de­dut­ti­vi, rap­por­ta­ti­vi piuttosto che a dei millesimi, ad uno status quo con­ti­nua­men­te variabile per l'angolo stimato, al quale egli stesso aggiungerà nel 1925 un ±1' 5"; tutte ar­go­men­ta­zio­ni volatili nei confronti di un impianto teorico di base. Misure tuttavia de­sti­na­te a cri­stal­lizzarsi come dati fissi e certificati, a cui si rifanno tutti coloro che le con­si­de­ra­no le sole attendibili, ma che sono soltanto indicative. Tra i più sto­ri­ci quindi e reputati, da cui molti hanno attinto per offrirle al pubblico:
By Sir W. M. FLINDERS PETRIE, F.R.S. – © Nature Publishing Group
1881 1925
N. side9069”4 - 3' 20"230.36276| 9065”1 - 2' 23"230.25354
E. side9067”7 - 3' 57"230.31958| 9073”0 - 5' 30"230.4542
S. side9069”5 - 3' 41"230.36530| 9070”5  - I' 57"230.3907
W. side068”6   - 3' 54"230.34244| 9069”2 - 2' 30"230.35768
  MEAN9068”8 - 3' 43"230.34752| 9069”4 - 3' 6" 230.36276

Naturalmente non manca chi ne ha elaborate di proprie – a parte la non lieve problematica di conversione dei cubiti, che induce lo stesso Petrie a lasciar perdere, trovandole destinate ad un “ammasso di teorie, che si estendono dal buon senso fino ad un pantano di impossibilità”; e dato che così si esprimeva nel 1925 in “Surveys of the Great Pyramid” citando J.H. Cole, pos­sia­mo anche im­ma­gi­na­re il suo com­men­to se si fosse imbattuto nel Web di un se­co­lo dopo!
Sebbene del progetto originale si sia­no per­se le trac­ce, le ve­sti­gia ri­per­cor­se pe­rio­di­camente con di­ver­se ap­pros­si­ma­zio­ni non pos­so­no che ri­con­dur­re a quel co­strut­to do­mi­nan­te che è l'im­pe­ra­ti­vo Trian­go­lo Aureo, matrice ed a­ni­ma della co­stru­zione.
Non ci si sottrae alla sua presenza e al­le sue prio­ri­tà ma­te­ma­ti­che, alle qua­li è vol­to que­sto mio la­vo­ro, es­sen­do­ne sta­to l'i­ni­zio ed ora il tra­guardo.

L'aggiornamento che segue, più o me­no interessante in questa sede, per il suo ri­fe­ri­men­to a delle orbite pla­ne­ta­rie, da «Planetary Correlation of the Giza Pyr­am­ids», pur non distante dalle mie ricerche per la disciplina a­stro­si­smi­ca che ho avviato nel 2011, stante la cura posta nel formato tecnico-grafico mi offre un'occasione in più per ve­ri­fi­ca­re la rispondenza del profilo della pi­ra­mi­de al Tri­an­go­lo Aureo, sovrapposto in color giallo. From W. M. F. Petrie 1965 and Today, in the year 2014

Sezione trasversale dello stato originale della Grande Piramide con dettagli della "posizione di Marte" e del suo ambiente (inserto superiore) durante gli eventi astronomici dell'anno 3088 d.C. I livelli dei corsi furono misurati da W. M. F. Petrie [6, Mappa VIII]. La forma dei blocchi di pietra attorno all'apertura del condotto di aerazione meridionale è tratta da disegno di Maragioglio e Rinaldi [9, parte IV, mappa 2, Fig. 2].
Questo disegno, in cui troviamo anche i numeri dei corsi, fu pubblicato nel 1965.
Oggi, nell'anno 2014, sono stati rimossi altri blocchi
intorno all'imboccatura del condotto di aerazione.
Quindi, il lettore può confrontare lo stato del 1965 con la situazione attuale.

Mentre una riduzione proporzionale del profilo potrebbe collimare con i rap­por­ti dovuti, non mi soffermerò su pro­po­ste attuali della piramide che non sup­portino la presenza del π; né potrebbero dimostrare una quadratura ef­fet­ti­va sulla base di misure differenti tra un lato e l'altro, da un periodo all'altro, o della media che ne deriva.
Il rapporto tra le misure di Howard Vyse nel 1840 con un solo de­ci­ma­le (0,785425), sem­bre­reb­be discostar­si dalla co­stan­te 0.78615 con uno scar­to di -0,000726, tale dif­fe­ren­za da quel­la di Stec­chi­ni (1971) e di Verner(1998) as­sai più pros­si­me al vero π sarebbe ab­ba­stan­za si­gni­fi­ca­tiva da in­va­li­da­re la tesi, an­che se per differenze di soli centimetri.
Osservando l'immagine a tutto schermo, un occhio attento potrà notare che la base [nera] del tri­an­go­lo tende im­per­cet­ti­bil­men­te a rientrare rispetto ai lati rossi sovrapposti. Ciò denota estrema accuratezza nel disegno, che per quan­to ap­pros­si­ma­ti­vo conferma assai bene la divisione base÷altezza con un quo­zien­te leg­ger­men­te minore di 0.78615.
Trovo invece assai interessante il fatto che
Vyse è stato accusato da alcune persone di aver falsificato il cartiglio di Cheope, in particolare da Zecharia Sitchin. Nel suo libro «The Stairway to Heaven», Sitchin accusa Vyse (e i suoi assistenti Mr. Hill e Mr. Perring) di aver perpetrato la falsificazione a causa della "determinazione di Vyse di ottenere una scoperta importante giacché il tempo e i soldi stavano per esaurirsi".[13] Tuttavia, l'affermazione della falsificazione non riceve alcun credito da storici ed egittologi come Selim Hassan,[14] Zahi Hawass,[12] Jaromir Malek,[15][16] il professor Rosalie David[17] o Bill Manley, o importanti musei come il British Museum[18] e l'Egyptian Museum,[19] i quali accettano tutti che Cheope fosse il costruttore della piramide e per implicazione che il cartiglio di Vyse sia autentico.
https://military-history.fandom.com/wiki/Richard_William_Howard_Vyse
e questo perché nessuno dei garanti è in grado di dimostare che Cheope sia stato il costruttore della piramide, da Zahi Hawass ai vari musei del mondo, che possono solo ‘accettarlo’ ma non accertarlo; laddove fonti e motivazioni de­gne di attenzione ne datano la costruzione a vari millenni prima, ponendo una soglia oltre cui nessuno di detta lista potrebbe avventurarsi con suc­cesso.
Nel 2014 comunque doveva azzerare questa specie di concordato l'av­ven­tu­ro­sa scoperta di due studenti di archeologia dell'Università di Dresda, avendo potuto accertare in laboratorio che il pigmento usato per il car­ti­glio – di cui fu fat­to in modo da contrabbandare un campione – è recente ed è stato apposto sui blocchi originali solo con un suc­ces­si­vo intervento sul­l'in­to­naco.

Nondimeno, le misure di base ed altezza secondo H. Vyse pare siano le u­ni­che a tener conto delle dimensioni complete dell'assetto piramidale e quin­di vi­ci­ne a quelle del CAD strumentale Upuaut; sebbene si debba tener conto che qual­sia­si profilo esterno attribuito alla struttura oggi sia solo una deduzione, che può non ripetere con precisione totale le dimensioni della base – e di quale base, se sono tutte diverse? – date le fiancate private sem­pre più del loro involucro. Se non rammento male, nel lontano 2002 convertii di­ret­ta­men­te le misure ricavate dal CAD di Gantembrink da de­ci­me­tri a pixels, e da allora li sto utilizzando nello stesso formato, me­di­tan­do sul quale derivai i primi quat­tro cerchi aurei ed a cui mi attengo per questo quale unica matrice, pur con­sa­pe­vo­le che una corrispondenza to­ta­le alle pie­tre attuali non sa­reb­be re­a­li­sti­ca, ma solo teoretica.

Resta evidente che π non è il risultato di una media aritmetica, ma è in­so­sti­tu­i­bi­le perfezione, e come tale deve risultare integrato nel piano del pro­getto.
Si deve partire dal presupposto che la soluzione dei misteri geometrici della piramide non risiede nelle unità di misura, anche se queste offono una prio­ri­tà a certi ad­det­ti, ma nel vero π e, semmai, nel modo in cui queste lo ri­pro­du­ce­va­no; il che com­por­ta anzitutto saperne il giusto valore.
Il lato sconcertante di tutta la questione è l'insistere a lodare una precisione 'estremamente accurata', tan­to vicina ai calcoli ideali da parte degli antichi, an­zi­ché rendersi conto ed ammettere che so­no i nostri calcoli ad essere frutto di un com­pro­mes­so geometrico per l'incomprensibile π, mentre essi, chiunque fossero, lo hanno esposto esatto, con colossale ed in­com­pa­ra­bi­le ma­gni­fi­cen­za (e appellarsi alla ca­sua­li­tà ci farebbe sprofondare sem­pre più nella re­ti­cen­za retriva) giacché ce lo hanno servito su un piatto d'ar­gen­to da 5.75 milioni di tonnellate, anzi di un Oro che da al­me­no un secolo non riu­sciamo ad ac­qui­si­re, per mero con­di­zio­na­men­to accademico; e in secondo piano egittologico.
Basterebbe sospettare per un momento che il π elargito dalle proporzioni dell­a Grande Piramide fin dal suo profilo di sezione sia quello giusto – e non vi è un vero motivo che lo impedisca – per rendersi conto ancora di più del­l'ef­fet­ti­vo splen­di­do ca­po­la­vo­ro che adornava il suolo terrestre nella sua lu­mi­no­sa veste a­da­man­tina.
Una volta presa coscienza di ciò a livello ufficiale e riconosciuti erronei al di là di ogni dubbio, tutti i calcoli applicati alla piramide e in generale riferiti al π i­ne­sat­to, non­ché le re­la­ti­ve teorizzazioni planetarie ed astronomiche dovranno es­se­re ri­ve­du­ti ed ag­gior­na­ti. Non sarà indolore, nessun processo di crescita lo è, ma certa­mente foriero di maggiori soddisfazioni ed esaltanti conquiste.

È riconosciuto che i geroglifici egiziani venissero stilati su tre livelli cognitivi, la cui ri­de­fi­ni­zio­ne può variare molto a seconda di chi la interpreta.
In breve: quel­lo comune, per chi sapeva leggere ed am­mi­ni­stra­re, quello col­to di con­te­nu­to più erudito, e quello ieratico inteso da chi era iniziato.
Nel saggio “Il linguaggio metafisico dei geroglifici egiziani”, Moustafa Ga­dal­la li ri­fe­ri­sce come I­mi­ta­ti­vo, Figurativo, Al­le­go­ri­co; ma anche la sua è un'in­ter­pre­ta­zio­ne me­ta­fi­si­ca corrente, non sacerdotale, o comunque rivolta ad un pub­bli­co profano.

Se le mie descrizioni in questo sito rivestono un senso per chi legge, è ve­ro­si­mi­le che i detentori di certe verità energetiche ed astrofisiche, nel­l'e­di­fi­ca­re la piramide non ritenessero di dover o poter trasmettere certe co­no­scen­ze ai pro­get­ti­sti esecutivi, trattandosi di nozioni che andavano ben oltre il culto fu­ne­ra­rio o edilizio, e che non avrebbero potuto essere recepite e custodite op­por­tu­na­mente se non da adepti.
Allo stesso modo, gli studiosi delle piramidi rivolgono la maggior attenzione al­la disposizione architettonica dal punto di vista costruttivo, attingendo per lo studio di massi e cunicoli alle fonti e papiri disponibili, tradotti secondo una ter­mi­no­lo­gia corrente, di certo non ermetica; ciò non esclude la possibilità che mi­su­re e figure geroglifiche fossero state sapientemente convertite ad enigmi, ammesso che se ne sentisse l'occulta necessità al di là delle mere funzioni esecutive. D'altro canto la fonte più attendibile è la Grande Piramide stessa, con un'im­po­nen­za specifica che provoca ed ispira ogni genere di in­ter­pre­ta­zio­ne, al di sopra di tutte le altre consimili.

La parabola di 22/7 comunque (in seguito denominata costante di Ar­chi­me­de, probabilmente per essergliene giunta voce) ri­esumata dal Petrie nel 1925, po­te­va essere indicativa a basso livello, ma nes­sun co­strut­to aureo, o de­fi­ni­ti­vo calcolo del cer­chio avrebbe potuto derivarne, sebbene il suo quo­zien­te 3.1429 sia più pros­si­mo e adatto al π di quello cor­ren­te.
In altri termini, sebbene 3.1429 fosse più pro­met­ten­te del 3.1416, non vi sa­reb­be alcun motivo di accettarne la sostituzione, mantenendosi del tutto e­stra­neo alla luminosità della ricorrenza aurea, i cui molteplici risvolti non am­met­to­no ap­pros­si­mazioni di sorta.
Sennonché ripassando il suo rapporto con più attenzione, si nota un det­ta­glio piuttosto significativo che Petrie ha ventilato:
Per l'intera forma la proporzione π (l'altezza è il raggio di un cerchio = circonferenza della piramide) è stata accettata molto generalmente negli ultimi anni, ed è una re­la­zio­ne fortemente confermata dalla presenza dei numeri 7 e 22 nel numero di cubiti rispettivamente in altezza e base: 7 : 22 è una delle approssimazioni più note di π.
Con questi numeri (o qualche leggera correzione frazionaria sul 22) il progettista ha adottato 7 di una lunghezza di 20 doppi cubiti per l'altezza; e 22 di questa lunghezza per il semicircuito. Il profilo utilizzato per il lavoro è quindi 14 rialzi su 11 basi.
Fissate così la forma e le dimensioni, il pavimento della camera principale dell'edificio, la Camera del Re, fu posto al livello in cui la sezione verticale della Piramide era dimezzata, dove l'area della sezione orizzontale era metà di quella della base, dove la diagonale da un angolo all'altro era uguale alla lunghezza della base e dove la larghezza della faccia era uguale alla metà della diagonale della base.*
La Camera della Regina fu posta a metà di questa altezza sopra la base; ed esattamente nel mezzo della Piramide da N. a S.
Per precisare la correzione proprio sul 22 avrà avuto una ragione, proprio perché la base è più agevole e sicura da misurare dal vero che non l'al­tezza.
In realtà egli, al pari di quel progettista, con la sua deduzione non infondata a­ve­va già introdotto la maggior corrispondenza al π 3.14460; infatti 22,0122 /7 = 3.1446 basterebbe all'atto pratico a sanare molte im­pre­ci­sio­ni scien­ti­fi­che; ma poiché dal 1925 ad oggi ciò non avrebbe condotto a deduzioni ap­prez­za­bi­li, il det­ta­glio è stato sot­to­va­lu­ta­to, se non ignorato.
Né il semplice 22÷7 nudo e crudo poteva essere pri­vi­le­gia­to nella co­stru­zio­ne (mentre avrebbe potuto esserlo da uno scriba o su un papiro), dal mo­men­to che certi rapporti di se­zio­ne aurea, sulla quale non sus­si­sto­no ar­ro­ton­damenti ma­te­ma­ti­ci o ge­o­me­tri­ci e nessun rapporto tra numeri interi può definirla (pro­prio come non potrà MAI fare la sequenza di Fibonacci), ap­pa­io­no ot­tem­perati nelle pro­por­zio­ni e nelle de­scri­zio­ni di determinate aree, in pri­mis la Sala del Re il cui vo­lu­me e­qui­var­reb­be a 5 ×1000 cubiti.
Tuttavia 22,01223857720 o anche solo 22,01224 sarebbe stato sufficiente ad e­mu­la­re il vero π a tutti gli effetti: ecco la giusta “leggera correzione fra­zio­na­ria sul 22”, assai più precisa e con­fa­cen­te che non 21,99115, che genera il π adottato dall'establishment.

Giacché pare che non vi sia pietra in questa montagna di meraviglie, la cui col­lo­ca­zio­ne non abbia una ragion d'essere, merita almeno qual­che schema di quanto descritto, naturalmente attenendoci al pro­fi­lo già definito, in scala 10px = 0.1 mt, con perfetta sintonia di dati e risultati.
Lo studioso Petrie ha descritto con essenzialità e precisione dettagli si­gni­fi­ca­tivi, che trovano preciso riscontro nel modello che presento; ma ne tro­ve­ran­no altrettanto in tutti quelli che differiscono nelle misure? quanti autori si saranno dati la pena di verificarlo?

Va tenuto presente che ogni perimetro è soprattutto indicativo, una com­po­si­zio­ne lineare astratta, priva di consistenza se non teorica e rap­pre­sen­tativa, che delimita un'area che invece è forma e sostanza. Cercherò di a­de­gua­re l'analisi al tono descrittivo del Petrie, riportando i risultati numerici a scopo di verifica sul mio stesso impianto grafico. Partiamo da

“il pavimento della Camera del Re, al livello in cui la se­zio­ne verticale della Piramide era dimezzata, ”
La sezione verticale della Piramide (½base × altezza)÷2, presenta area:
2329,134 /2 * 1481,352 = 1725133,654584 /2 = 862566,827292
( con inverse operazioni avremmo:
2329,134 *2 / 1481,352 = π 3,14460 )
Per calcolare l'altezza della sezione verticale dimezzata applicherò al­l'al­tez­za il rap­por­to tra le due aree ridotte a basi virtuali (per la costante 0,707101) da cui:
sqrt(862566,827292) /sqrt(1725133,654584) * 1481,352 = 1047,474, o co­no­scen­do il lato del quadrato minore: 1725133,655 /1646,9464 = 1047,474

Ne deriva la distanza del pavimento della camera del Re dalla base della pi­ra­mi­de: 1481,352 - 1047,474 = 433,8779 /1646,9464
Ciò che una verifica grafica conferma in una sola mossa accattivante:
“dove l'area della sezione orizzontale era metà di quella della base”
Disegnato un quadrato per l'area 2329,1342 = 5424865,189956 (i co­lo­ri del testo sono quelli di ogni specifico profilo, per facilitare la vista) sulla base della pi­ra­mi­de, l'ho duplicato in un quadrato con area dimezzata, che in breve pre­sen­ta il lato di 1646,94644569
Posizionato al centro orizzontale del grande tri­an­go­lo, ne interseca i lati ad altezza 433,8779 dalla base, nei due punti ed il segmento che li unisce de­li­mi­ta esattamente il pavimento della Camera del Re.
Ruotato di 45°, dato che la sua area ne è dimezzata, i suoi vertici almeno de­stro e sinistro toccheranno i lati del quadrato in rosso, il che mostra che
“la diagonale da un angolo all'altro era uguale alla lunghezza della base”
È una relazione del tutto naturale tra le due figure, ma può acquistare nuova valenza se riferita alla croce degli Elementi già considerata.
A differenza dai lati, le diagonali sono due, si incrociano in un unico centro ed emergono par­ti­co­la­ri rapporti tra quelle di ciascun quadrato e l'altro, come pia­ni connessi dalla specifica disposizione verticale dentro la piramide.
Superfluo ribadire che tutto ciò manterrà valore unicamente presso un mo­del­lo di piramide perfetto, che esclude l'angolazione arrangiata a scopo de­scrit­ti­vo secondo i parametri comuni.
Per meglio comprenderli sarebbe bene visualizzare i piani separati, ma strati di un unico processo; il quadrato alla base e quello sotto la camera del re, potenzialmente ruotato di 45°, per far sì che le sue diagonali puntino ai 4 punti cardinali, a cui sono o­rien­ta­te le facce della piramide. È un aspetto che sfuggirà ma che potebbe ispirare la chiave di lettura già citata.
A sua volta lo studioso aggiunge che ½diagonale del quadrato base e­qui­va­le alla base che avrebbe ogni faccia, delimitata dal nuovo pavimento fino al ver­ti­ce. Questo perché in pratica ½diagonale è come il lato del ½quadrato.
C'è da dire che se il piano della Camera del Re è situato in un punto chiave dell'altezza in questa piramide, per ragioni a noi ignote ma certamente non ca­sua­li e prive di precipue attinenze, e lo stesso vale per la collocazione del­la Ca­me­ra della Regina, con il basamento al centro di un basilare campo di forza tra due par­ti­co­la­ri piani, e la cupola al circocentro del grande tri­an­go­lo, le relazioni tra qua­dra­ti e diagonali non sono affatto spe­cia­li, anzi geo­me­tri­ca­men­te comuni a qualunque caso con queste proporzioni.
Ricondurre il lato alla larghezza della faccia, di cui è la base, lascia piuttosto l'impressione che il Petrie abbia vo­lu­to ri­ca­ma­rci un po' su, accentuando qualche risvolto sug­ge­sti­vo, ma poco efficace in quanto tale; tuttavia potrebbe stabilire un raccordo tra le 4 semidiagonali della base ed i quattro lati del quadrato superiore, forse basato su frequenze per risonanze di lunghezze d'onda incrociate.
Una sinergia tra lati ed angoli che potrebbe far parte di un vortice piramidale, ri­pe­ten­do­si il processo di riduzione in av­vol­gi­men­to con­ti­nuo dalla base all'apice; ma è solo un'i­­dea pas­seg­gera.
Resta comunque da appurare come egli ab­bia potuto dedurre tale rapporto tra le aree di quadrati che presentano lati uno diverso dal­l'al­tro, per di più senza contare il ri­ve­sti­men­to esterno, se non con degli ar­ro­ton­da­men­ti ed intùito. Certo avrebbe poco senso che chi ha tagliato ed accostato pietre con una precisione tale da non lasciare in­ter­ca­pe­di­ne per una lametta, e scolpito e levigato l'interno di un ‘sarcofago’ di granito rosso (vedi sotto) con tecniche ancora oggi assai ardue da ipotizzare, per qual­che finalità più con­so­na a risvolti vibrazionali che non funerari, abbia potuto indulgere ad ap­pros­si­ma­zio­ni su qualsivoglia misura.

I suoi ideatori seppero proiettare la Quadratura di un Cerchio di rag­gio Φ su tre di­men­sio­ni realizzando una pi­ra­mi­de che aveva per altezza il suo rag­gio, e ½base di lunghezza pari al raggio × la sua radice qua­dra­ta: Φ × Φ, per cui:
½base × Φ ÷ Φ = Φ, una e­gua­glian­za che anche i cal­co­la­to­ri più a­van­za­ti stentano a raggiungere.
Il modello di base è uno e tra­scen­den­te, come la ratio Φ/φ = Φ, e quella ½base × 4 ÷ Φraggio è π , anche se non abbiamo modo di di­mo­strarlo.
Per ogni raggio re­a­le, la formula si com­muta in: ½base = raggio ÷ φ.

Pare proprio che siano gli zeri a suggerire il limite di definizione ne­ces­sa­ria per un impiego abbastanza corretto delle costanti irrazionali più ricorrenti, co­me Φ: 0.61803 e φ: 1.61803, φ2: 2.61803, Φ: 1.27201.
Fa eccezione Φ: 0,7861513777574232860, per 1 solo milionesimo, im­pe­gna­to tut­ta­via con i 5 de­ci­ma­li più significativi ×4 nella for­ma­zio­ne del π 3.14460, assoluta­men­te eloquente.

Non v'è altro in questo mondo che ci conduca a così diretto confronto con la Quadratura del Cerchio ed il π, e tralasciare un simile banco di prova sa­reb­be una perdita incolmabile; e poi dovreste spiegarvi per secoli come mai con il π = 3.14460 tutti i conti tor­na­no alla perfezione, mentre con l'altro nes­su­no.
D'altra parte, se pure questa lacuna del π è ormai avvertita per mol­ti versi, e quanto meno la sua trattazione in questo dominio dovrebbe con­tri­bu­i­re a sol­le­vare, il problema vero non è o sarà di natura scientifica, quanto prag­ma­ti­ca, poiché le implicazioni tecniche, storiche e formali saranno ster­mi­nate, tra­vol­gen­ti e assai lunghe da dipanare.

A dirla tutta, la stessa Potenza Di Fuoco del Grande Triangolo Aureo sten­te­rà ancora oggi ad essere recepita fino in fondo, e tutto ciò che di mi­ste­rio­so è sta­to diffusamente propagato nei secoli ed in parte provato, rimane ogetto di linee di osservazione differenti; ma i tempi stanno evolvendo verso un livello vibratòrio più elevato la coscienza dell'uomo. Come ho già sot­to­li­ne­a­to, Ke­ple­ro stesso ne aveva intuito la portata solo per metà.

Il problema di fondo che tecnicamente persiste deriva in tutti i casi dal dover fare capo ad un π re-impostato in tempi moderni, che ha la capacità di ren­de­re invalidante qualunque verifica approfondita, con cifre di almeno a 24 de­ci­ma­li consentiti dai moderni calcolatori, sufficenti a garantire la co­e­si­sten­za ef­fet­ti­va di π e φ nelle proporzioni sia pure virtuali del monumento.
È palese che so­vrap­po­nen­do il Grande Triangolo Aureo al disegni di valenti stu­dio­si sus­se­guitisi nei secoli, lo vediamo cor­ri­spon­de­re a occhio nudo con sod­di­sfa­cen­te pre­ci­sio­ne, anche se da di­se­gni esegui­ti a mano dei qua­li i tratti stessi pos­so­no ma­sche­ra­re le dif­fe­ren­ze mi­ni­me del­le mi­su­re, ma suf­fi­cien­ti a ri­nun­cia­re alla de­cantata magia numerale.

Del resto è im­pen­sa­bi­le che l'aver raf­fi­gu­ra­to 230 metri reali in una pub­bli­ca­zio­ne di due secoli or sono faccia di­stin­gue­re quelle differenze che o­scil­la­no da 3.1416 a 3.1446; tuttavia solo in certi gra­fi­ci più recenti, troppo im­prov­vi­sa­ti o arbitrari la so­vrap­posizione non cor­ri­spon­de nep­pu­re a livello visivo.
Allo stesso tempo trovo im­pos­si­bi­le l'aver concepito questo colossale pro­get­to sulla base di nozioni approssimative, in tal caso una enorme palafitta ge­o­me­tri­ca, ma la cui ipnotica corrispondenza sa­reb­be giunta a smuovere una ta­le gam­ma di ipotesi senza fine… tutte prive di con­nes­sio­ne de­fi­ni­tiva.
Nondimeno se anche fosse, ciò avrebbe offerto, o riaperto al sottoscritto la via per il Grande Tri­an­go­lo, ‘terzo tesoro della geometria’ con tutti i suoi con­te­nu­ti imprescindibili, svi­lup­pa­ti in que­sto ed altri miei domini Web, fino al π ca­pa­ce, proprio ad hoc, di chiu­de­re il cerchio di tali nozioni, anche se a po­ste­riori.

Perciò riprendo lo schema grafico del Vyse 1839, questa volta pubblicato da Piazzi Smyth (che ho lasciato vo­lu­ta­men­te grande, per un ampio scher­mo) e la sua vista con il tri­an­go­lo ros­so qua sovrapposto, come ul­te­rio­re esempio di quanto differenze anche mag­gio­ri abbiano effetti visibili e di conseguenza misurabili minimi, rispet­to al gap che rende incompatibili un π = 3.14159 con il vero di 3.14460!
Ho dimostrato alla pagina precedente quanto sia fin troppo facile con­fon­de­re o sovrapporre ipotetici metodi di calcolo della circonferenza basati su 3.1416 o 3.1446 (rivelando il difetto del primo, ed io per primo); addirittura tra con­ver­sio­ni multiple di unità di misura sacre e profane, risalenti ad un'e­po­ca in cui pochi decimali erano già troppi da rispettare.

Oggi la domanda a fronte dei grafici prodotti e posti a confronto è sempre la stessa: è sufficiente uno scarto pressoché invisibile nei tracciati ad evadere il mo­del­lo essenziale? o piuttosto lo riconferma, con i limiti di tolleranza pre­messi?!

Non è del resto ben chiaro come pos­sa­no tut­ti gli au­to­ri ve­ri­fi­ca­re dei mil­li­me­tri di mi­su­ra, se non qua­li se­gni di cal­co­li pre­sun­ti o a­dat­ta­ti ai pro­pri mo­del­li di ri­fe­ri­men­to, cer­ta­men­te più che ad ap­pa­ra­ti stru­men­ta­li veri e propri o a mi­su­ra­zio­ni in loco.
Si può obiettare che il presente studio faccia lo stesso, ma qua il modello è super partes e inequivocabile; deriva da rilevamenti effettuati con ap­pa­rec­chia­tu­re avanzate; il CAD è strumento ideale per progetti di ar­chi­tet­tu­ra e mec­ca­ni­ca, tanto da consentire agli occhi della logica la conferma di aver ri­ve­la­to fin da subito la piramide ideale, arca perfetta di π e Φ, che non vi sono stati celati, come qualcuno ironizza per escluderne la presenza, ma esposti con trasparenza assoluta.

Devo ancora una volta scusarmi con chi ha avuto la pazienza di leggermi fin qua, per le immancabili ripetizioni ed eventuali sviste in qualche parte del te­sto. Tutta questa ricerca non ha fatto che amplificarsi su se stessa, mol­ti­pli­can­do le direzioni e i dati da scoprire e confrontare, ritornando spesso sui ar­go­men­ti già introdotti, rimeditandoli e ravvivandoli ove necessario.
Non ho redatto un libro da vendere, anche se l'impegno profuso potrebbe giu­sti­ficarlo insieme ai contenuti; né cerco notorietà; ne ho già accumulata quanto basta nei secoli passati. Soprattutto so già che il tempo necessario a riordinare gli scritti in un corpus pianificato a posteriori, verrebbe sottratto ad ulteriori que­stio­ni di non minore importanza, che sono già all'orizzonte, anzi introdotte al paragrafo seguente, proprio perché emerse tra pieghe e i rilevamenti del ca­so ciascuno dei quali ne suggerisce altri, e intanto il tempo corre.

Un'ultima nota, personale. Qualunque studioso più o meno titolato potrebbe arroccarsi dietro l'idea che tutto questo lavoro non sia altro che un mio sogno, distinto dalla realtà attuale del monumento. Un'opinione che non mancherei di rispettare, ma non senza aver fatto notare che, se così fosse, si tratterebbe co­mun­que di un sogno geometricamente e matematicamente impeccabile.
Sogno sviluppatosi verosimilmente dall'essermi sdraiato all'interno del “sar­co­fa­go”, qualche migliaio di anni or sono, o magari in sogno.
Quell'arca senza coperchio, sonora come una campana, di cui il vo­lu­me del vu­o­to e­qui­va­le al vo­lu­me del pie­no (con­te­nu­to e con­te­ni­to­re), cri­te­rio pro­get­tua­le che la­scia in­ten­de­re che un co­per­chio sa­reb­be sta­to su­per­fluo, il che a sua vol­ta do­vreb­be pro­va­re che non era de­sti­na­to ad ac­co­glie­re una mum­mia, da cui si e­vin­ce che non vi fos­se de­sti­na­to il fa­ra­o­ne Cheope, e meno an­co­ra che ne fos­se l'ar­te­fi­ce: tutte con­ven­zio­ni, che non sono mai state provate.

«Pyramid casing stone» by National Museum Scotland – www.nms.ac.uk/explore-our-collections

dal π ad Apophis
Al termine di questa discreta carrellata, ad un ultimo tentativo di verificare se e quanto il problema del π fosse notorio, fa la sua comparsa un caso dav­ve­ro inatteso, lì per lì un'ultima amenità, ma che a posteriori ha dato fon­do ad un ulteriore faticoso capitolo di ricerche e verifiche, che non po­te­vo evitare.
Secondo un gruppo dedito a comunicare con entità extraterrestri, che scio­ri­na conoscenze e tecnologie occulte in base alle quali un certo Billy, ba­san­do­si sul dato che “nell'intero universo esistono 280 elementi dopo che Guido ha ot­te­nu­to questo dato attraverso dei calcoli”, avrebbe “calcolato che l'al­tez­za o­ri­gi­na­le della Piramide di Giza era di 152,955347 metri” e che “ l'altezza odierna di circa 136,8 metri è dovuta al fatto che gli antichi egizi, ecc., ri­mos­se­ro così tanto materiale dalla piramide tale si ridusse di con­se­guenza.
Ebbene, gli scienziati terrestri affermano che la Grande Piramide di Giza o­ri­gi­na­ria­men­te aveva un'altezza di 146,6 metri, il che però, secondo i miei calcoli e le vostre affermazioni, non corrisponde affatto alla verità.”

Una serie di improvvisazioni piuttosto sconnesse, ma collegate da una sin­go­la­re magia narrativa. Di quali calcoli parla? Abbiamo visto che il solo modo per calcolare l'altezza della piramide sia averla misurata almeno in parte, na­tu­ral­men­te tenendo in conto che non gli antichi egizi (supposizione as­sur­da), ma i sac­cheg­gia­to­ri arabi negli ultimi sette secoli scorsi l'avevano spo­glia­ta fin dove po­te­va­no, fino alle più recenti applicazioni edilizie.
Anche se molti studiosi terrestri attribuiscono alla Grande Piramide di Giza un'altezza di 146.6 metri, non affermano che l'avesse o­ri­gi­na­ria­men­te, sem­mai i più noti 148+, né specialmente che l'altezza odierna sia di 136.8 m., visto che la minima formulata dal 1840 ad oggi supera i 146. Si direbbe che chi scri­­ve non sappia di cosa parla, o voglia far in modo che altri non lo sappiano.

Fermo restando l'inconfutabile Grande Tri­an­go­lo Aureo quale modello di pro­por­zio­ni, se mai la piramide fosse diminuita in altezza per più di un 10%, la stessa base avrebbe dovuto restringersi altrettanto e per le stesse cause, a me­no che si dimostri quanto e quale materiale abbia potuto essere con­ve­nien­temente asportato dalla sola cima; ma un 10% alla base significa ben 23 mt. mentre i ri­ve­sti­men­ti di pietra non avevano uno spessore di 11 mt.

Una delle pietre più grandi rimaste alla base è alta circa 1.5 x 2.4 mt di base, e pesa circa 14 tonnellate. Certi calcoli ipotizzano che tut­te le pietre di rivestimento in posa a­vreb­be­ro l'ef­fet­to di giganteschi specchi, ri­flet­ten­ti una lu­ce tanto intensa da essere vi­si­bi­le dalla lu­na co­me fosse una stella splen­den­te sulla terra.

Strabone le descrive come se facessero apparire la piramide: “un edificio ca­la­to dal cielo, non toccato da mani d'uomo”.
Sembrava che la ridda di delucidazioni che seguono, tanto descrittive quan­to in apparenza impegnative, ma non documentate (se non da ‘Rap­por­ti di Con­tat­to’ non di pubblico dominio e privi di fondamento dimostrativo) an­das­se oltre il nostro topico, se non fino al punto in cui si introduce il sig. Guido Mo­os­brug­ger, membro del “Nucleo Centrale dei 49”, il primo a cal­co­la­re il corretto va­lo­re del π. Seguono autorevoli commenti di
Ptaah:
Questo calcolo è davvero sorprendente, ma è ancora troppo presto poter ag­giun­ge­re informazioni più dettagliate e più precise al riguardo.
Billy:
temevamo questa risposta, ma volevamo solo provare.
Ptaah:
Certo, capisco, ma devo davvero attenermi a quanto detto. Se dovessi entrare più in dettaglio al riguardo, allora dovrei violare le nostre direttive, ma non lo facciamo.

‘calcolo sorprendente’ 4/ φ ? ‘troppo presto per informazioni più det­ta­gliate e precise’, su che cosa? Sembrerebbe di assistere ad una recita sco­la­sti­ca, se non fosse che poi e­mer­geranno i connotati dell'inganno.
Poi sulla piramide:
L'altezza originaria in realtà ammontava a 152.955.347 metri, che, trasposta in chilometri, corrisponde esattamente alla distanza Terra-Sole
Anzitutto, quale sarebbe in un'orbita ellittica la distanza Terra-Sole a cui at­te­ner­si per definire l'altezza originaria della piramide ‘in realtà’ e a dispetto delle misurazioni di fatto? e perché il raggio massimo dell'afelio?
YearPerihelionDistanceAphelionDistance
20243 gen   1.38147.100.632 km5 lug   7.06152.099.968 km
20254 gen 14.28147.103.686 km3 lug 21.54152.087.738 km
20263 gen 18.15147.099.894 km6 lug 19.30152.087.774 km
20273 gen   3.32147.104.592 km5 lug 7.05152,100,481 km
20285 gen 13.28147.100.687 km4 lug   0.18152.093.129 km
* All aphelion/perihelion times are in local Pisa time.
anche così i conti non tornano, neppure riveduti con il π 3.14460; lo scarto è troppo grande, anzi pare si attesti più al perielio.

In ogni caso c'era ben poco da calcolare, e comunque nessun calcolo sor­pren­den­te: il manoscritto su carta riporta con una semplice divisione quel rap­por­to pre­sta­bi­li­to e presente da 10mila anni tra base e altezza della piramide, se­con­do quanto la tradizione fin dai primi relatori egizi e greci ha tramandato; ma chis­sà perché lo conferma con misure arbitrarie non corrispondenti a quan­to è stato rilevato strumentalmente, e ciò nonostante allineate a 9 de­ci­ma­li (l'ultimo è errato) con il π deducibile dal Grande Tri­an­go­lo.
Se ne può dedurre che non potendo l'autore averle inventate e non essendo motivate nel suo scritto autografo, gli siano state passate da fonte esterna, per poi presentarle come il sorprendente risultato di presunti calcoli a­stro­no­mi­ci sulla distanza dalla Terra al Sole, sicuramente più comoda da cal­co­la­re che non l'altezza reale del monumento; forse per garantirsi un primato su un dato pro­por­zionale già delineato da vari autori, ma da sempre pre­sen­te nella Grande Piramide per netta conoscenza dei costruttori.

In ogni caso non ci sarebbe gran che da “violare”, se non l'intelligenza di chi legge. Se poi non basta il membro Mo­os­brug­ger, si introduce questo nuovo pre­cur­so­re: Harry Lear, il quale a sua volta ne fa oggetto di allarme per la scien­za – la sola causa giusta e degna di nota – ma non dimostra affatto l'er­ro­re del valore 3.14159, né l'assolutezza del π 3.14460.
Anch'egli propone infatti una serie di analogie ideali ap­pli­can­do il π 3.1446 al con­fron­to del 3.1416, sempre perdente; ma si tratta solo di alcune cer­ti­fi­ca­zio­ni da parte sua, su chissà quante altre possibili. Ben­ché do­ta­te di co­py­right, che per qualunque procedura matematica non è am­mes­so, di­mo­stra­zioni as­so­lu­te nes­su­na. Lo attesta il semplice fatto che se anche una sola lo fosse re­al­men­te, non vi sarebbe alcuni bisogno delle altre.
Forse è per questo che alla fine invita chi ne ha vo­glia a spe­ri­men­ta­re il ta­glio di un modello multistrato fresato con un metro di diametro.
Per inciso, l'ho contattato benevolmente seguendo l'invito presso il suo sito, ma il mio com­men­to è stato cestinato.

Il cerchio è trascendente ed è trascendenza: può inscrivere o circoscrivere in ogni dimensione, ma non vi è possibilità di convertirlo direttamente in una qual­si­vo­glia figura geometrica alternativa.
Allo stesso modo, penso che il π non sia dimostrabile a senso unico, lo si può soltanto scegliere, dopo averlo in­di­vi­dua­to quanto basta.
O meglio ancora coglierne l'es­sen­za con­fi­dan­do nel­la mo­der­na fi­si­ca a­to­mi­ca, che ci e­lar­gi­sce la co­stan­te 0.78615 ap­pli­ca­ta alla ve­lo­ci­tà del­la luce, co­stan­te u­ni­ver­sa­le che mol­ti­pli­ca­ta per quat­tro ge­ne­ra il π, ed al qua­dra­to Φ 0.618 che – devo ri­ba­dir­lo un'ul­ti­ma vol­ta – è la vera Se­zio­ne Au­rea.
Come ho già esposto con dettagli, se l'area del quadrato è Φ, quella del cer­chio di u­gua­le perimetro è la sua radice quadrata 0.78615.

Chi assume come Sezione Aurea il numero φ 1.618 incorre in una duplice svista: in primis 1.618 non può essere definito la sezione aurea di 1, giac­ché il va­lo­re e il concetto di qualsivoglia “sezione” non può essere mag­gio­re del­l'u­ni­tà; e poi perché 1.618 si pone come un paravento che pre­clu­de la giu­sta visione-interpetazione della suddetta genesi del π 3.14460 e della sua ratio con i quarti di cerchio e fasi ondulatorie, stabilita dal valore universale 0.78615 che io chiamo o Platinum, da cui derivano la sezione aurea stessa ed il solo au­ten­ti­co π.
Non è che la magica combinazione di 1 + Φ = 1 ÷ Φ.
La cifra 1.2720 è solo il risultato di .φ, non sembra una costante significativa come in­ve­ce lo è 0.78615 .Φ; diciamo che sta all'estremo opposto del per­cor­so; la vedo come una specie di capolinea, come un vicolo cieco privo di indicazioni, che non supporta in quanto tale la realtà fenomenica.
In fondo tutta la mia ricerca fino al vero π è scaturita dal focalizzare dei cer­chi aurei dall'esterno al centro della sezione piramidale, in simbiosi a quel Divino Tri­an­go­lo i cui lati rappresentano tutto questo al massimo grado.
Vorrei anche ribadire la mia opinione che è la sezione aurea a derivare dal π, di cui ¼ (stante l'uso comune) o è comunque la radice, il motore pri­mo, non il contrario, anche se viene o verrà scoperto dopo.
Qualcuno può offrirmi un buon motivo per preferire il π 3.1416 artificiale al 3.1446? o dimostrarmi a questo punto che il primo è matematicamente più valido e affidabile?

In compenso alla sobrietà espositiva del manoscritto sorprendente, pos­sia­mo gustarne una lavagna piena di abbondanti calcoli intitolata alla “Mi­su­ra­zio­ne del Pi Greco tra­mi­te Radice Quadrata della Se­zio­ne Aurea” e de­di­ca­ta nien­te meno che al Presidente degli USA e per conoscenza a 26 per­so­na­li­tà del­l'am­bien­te scientifico e dirigenziale.
La didascalia (hint) sul­l'immagine è prodotta dal sito web.
È un tacito e­sem­pio del rapporto non fra π e Φ, ma tra il soffiare fumo negli occhi di chi non è preparato, e le verità più lineari.
in luogo dei calcoli insulsi di cui è stra­pie­na, i soli attinenti e possibili infatti sarebbero tutti qua: π = Φ×4  dove  Φ =(5-1)÷2.
Ne riproduco alcuni passi tra i più adatti ad una disamina.
Nota: la NASA afferma che la distanza dalla Terra al Sole, 1 UA (Unità Astronomica), è pari a 149 597 871 km, ma in realtà è 152 955 335,7 km.
Per la seconda volta si rivolge una precisa accusa alla comunità scientifica, supportata dall'espressione “in realtà”. Una leggerezza imperdonabile ed in­giu­sti­ficata. La 28ª assemblea generale dell'Unione astronomica in­ter­na­zio­na­le ha definita fin dal 2012 (6 anni prima della lettera) l'u­ni­tà a­stro­no­mi­ca [AU], con il valore di 149 597 870 707 m, che rappresenta la distanza media tra Ter­ra­-So­le.
I 152 955 335,7 in realtà non sono rapportabili che alla massima distanza Terra-Sole, l'Aphelion, e sono già differenti dai 152 955 347 dallo stesso FIGU enuncia­ti “e­sat­ta­men­te” e sempre ‘in realtà’, per l'altezza della piramide.
Naturalmente per chi calcola l'orbita ellittica del pianeta con la formula di un cerchio – formula che illustrerà nei particolari a scienziati chiamati ad un al­lar­me per collisione di orbite – il termine e significato di “distanza me­dia” non ha motivo di esistere.
Come sapete la circonferenza di un cerchio (come le orbite della Terra e di Apophis) è calcolata dalla semplice equazione C = d x p, dove C è Circonferenza,
d è il diametro dell'orbita e π è una costante.
Tanto più che procede con la gentile concessione alla NASA del valore im­pie­ga­to, per applicargli calcoli e relazione priva di conclusione matematica de­fi­ni­ti­va, senza ren­der­si conto che la distanza media Terra-Sole non ha alcun va­lo­re nei con­fron­ti di un momento e luogo precisi di ipotetico impatto orbitale del­l'a­ste­ro­i­de, per calcolare il quale varrebbe soltanto l'effettiva meccanica ce­leste; ma tanto di calcoli non ne fa.
Notare che chi è in grado di navigare per spazi interstellari di­spo­ne ov­via­men­te di una tecnologia che consente previsioni orbitali peraltro ne­ces­sa­rie ai loro scopi, niente di trascendentale o profetico su un asteroide.
Naturalmente la NASA si è accorta di Apophis quando è entrato nel suo rag­gio di interesse.
Tutto questo sembra però non aver importanza, per chi si appoggia ad un
Bollettino seguito da circa 29000 scienziati e altri settori interessati perché Meier e i Plejaren (che dice di aver contattato “Solo per divertimento”), hanno precedentemente e costantemente fornito informazioni astronomiche e scientifiche corrette (n.d.t: proprio pubblicando dati molto precisi su questo Bollettino), a cui gli scienziati di tutto il mondo sono molto interessati.
Scienziati per di più chiamati ad un allarme per collisione di orbite (ellittiche)


Non si vede però che l'exploit Apophis abbia riscosso rinomanza presso 29.000 scienziati etc., forse perché questo approccio confusionale e quel suo con­clu­de­re, cinematografico più che matematico, con il

suggerire una soluzione…
spostiamo semplicemente Apophis fuori dalla sua orbita attuale,
anziché contribuire a far riconoscere il peso epocale del π e Φ, abbia sortito l'effetto opposto. Scrive al Presidente Trump:
…portate le mie dimostrazioni matematiche ai Plejaren e i Plejaren hanno affermato (con un certo stupore ed eccitazione, …) che, sebbene non fossero autorizzati a interferire fisicamente negli affari della Terra, le mie dimostrazioni matematiche e calcoli riguardanti il vero valore di π erano assolutamente corretti.
Una sequela di affermazioni senza capo né coda, solo per far effetto:
‘dimostrazioni matematiche’ consistenti? ‘interferire fisicamente’??

Dimostrazioni matematiche e calcoli di cui vengono i­nol­tre ci­ta­te 23 pa­gi­ne da par­te di Guido Mo­os­brug­ger, mai e­spo­ste sul web in quan­to ta­li.
Oltre al frammento ri­pro­dot­to so­pra come una re­li­quia, del suo li­bro non ve­do in­di­cizzate che no­ti­zie sugli UFO ed in­con­tri alieni, che mi con­du­co­no alla sco­per­ta di Billy Me­ier e del­le sue ostentate ‘profezie di Henoch’.

Una scoperta che purtroppo introdurrà ad una lunga sequela di ricerche e va­lu­ta­zio­ni per un resoconto di estrema criticità, destinato ad essere estrapolato in un'apposita relazione, poiché fuoriesce da questa trattazione, ma ormai è reso pub­bli­co da questo stesso studio a cui si ricollega.

Al di sopra da tutto ciò, la verità π = Φ × 4 brilla da sempre e stabilmente nel co­strut­to della pi­ra­mi­de, leitmotiv della trattazione attuale, che la pone sotto gli occhi di chi vuol vedere e vagliare a fondo.

Quanto all'asteroide Apophis, al secolo 99942, per gli Egiziani deità del caos, della distruzione e antagonista di Rà il sole, è stato stimato che un cor­po così grande si avvicini tanto alla Terra solo una volta ogni 5 mila/ 10 mila anni… Ebbene, il problema potrebbe non limitarsi ad un impatto, con­si­de­ra­to più pro­ba­bi­le solo di recente, ma a mio avviso estendersi ad effetti gravitazionali e di altro genere, dovuti all'interazione del ripetuto pas­sag­gio con il campo gra­vi­ta­zio­na­le terrestre, capaci di interferire con l'equilibrio polare.
I 10 mila anni, che potrebbero far pensare agli 11500 associati da tempo allo slit­ta­men­to dei poli, sono alle porte,
Non vorrei azzardare ipotesi che vanno oltre la mia preparazione, ma nel mio quadriennale impegno nell'astro-sismologia (2011-2014), in cui cal­colavo e re­la­zionavo quotidianamente rapporti orbitali nel sistema solare con i terremoti (come questo o questo, tutt'ora oggetti di sistematica consultazione a mi­glia­ia dal 2014 da parte di sismologi, non certo di bloggers), non senza sva­ria­te previsioni andate segno, indirizzate anche all'INGV via Twitter, no­no­stan­te la sua dimensione ridotta di 375 km non va trascurato il fatto che Plu­to­ne, per la mia esperienza in astro-sismologia, pur essendo il più lon­ta­no dalla Terra e circa soltanto 6.32 volte più grande dell'asteroide, è sem­pre stato una delle più pericolose pre­sen­ze, quando coinvolto da Aspetti pre­ci­si nelle configurazioni ge­o­cen­triche; ho sempre pensato a questioni on­du­la­to­rie, o di risonanza ancora più che di gravità; ma poi mi sono oc­cu­pa­to di altro. Il primo pas­sag­gio nel 1929 potrebbe quindi essere solo pre­pa­ra­to­rio di quello di 7 anni dopo; ma non di “un'enorme ca­ta­stro­fe co­smi­ca” ben­sì della fine improrogabile di un mondo che è giunta l'ora di rin­no­va­re; fosse an­che l'intervento del distruttore Apophis solo simbolico.


Tutto ciò mi stimola a lasciarvi ancora con un gioco, un eloquente simpatico rom­pi­ca­po, che offro proprio per riportarvi sui miei passi mentre scrivo.
Avrete di che stupirvi se osservate con pazienza questa meravigliosa se­quen­za e le corrispondenze di questi cerchi, tutti disegnati a partire dal ros­so e­ster­no [1] secondo una riduzione aurea progressiva dei loro dia­me­tri; tranne uno, il minore in tratteggio azzurro [2], che ha diametro uguale al rag­gio del pri­ma­rio, con due sue riduzioni auree alla base.
Condurrà per direttissima ad una doppia quadratura, già sintetizzata sul finire della home page, ma non spiegata se non all'interno del sito.
Il cerchio [1] ha raggio Φ [0.618].
Vogliamo tracciare un cer­chio con rag­gio = 0.5 [mo­na­de del­la se­zio­ne au­rea], pas­san­te per il suo cen­tro, e ve­de­re co­me interagiscono.
Ricorderete dalla figura madre del Gran­de Trian­go­lo, che il cen­tro del nu­o­vo cer­chio sarà si­tua­to nel pun­to del rag­gio Φ che di­sta dal­la cir­con­fe­ren­za ½Φ3 [0.118]; l'in­ter­se­zio­ne con un rag­gio qual­sia­si [qua ver­ti­ca­le] di un cer­chio Φ2, di­viderà il rag­gio in due par­ti, di cui il cen­tro del­la mi­no­re sarà il cen­tro da cui di­se­gna­re il cer­chio [3], in seconda figura.
Con riga e com­pas­so lo si ricava an­che u­nen­do le intersezioni di due cer­chi di raggio Φ3, uno tangente al Φ4 e alla base delΦ1 [1], l'altro centrato all'estremo inferiore del raggio; tra l'altro risulterà e­sat­ta­men­te inscritto nel tri­an­go­lo abd che de­scrivo sotto. Come si può vedere, è anche il cen­tro della seconda ri­du­zio­ne ×Φ del cerchio [2], che vale sempre ½Φ3 con perfetta tangenza bilaterale.
Vor­rei solo far os­ser­va­re l'in­cre­di­bi­le se­rie di cor­ri­spon­den­ze che ma­ni­fe­sta un'ar­mo­nia na­sco­sta, ma per­va­si­va di ogni rac­cor­do funzionale.
Disegnato il cerchio [3] dal suo cen­tro C e rag­gio e­ste­so fino al cen­tro del cer­chio [1] quin­di = 0.5, il seg­men­to bd che u­ni­sce i pun­ti di in­ter­se­zio­ne di que­sto [3] con il cer­chio [1] as­sol­ve di­ver­si com­pi­ti. Pri­ma fra tut­ti de­li­nea la Qua­dra­tu­ra [ver­de] del Cer­chio [1], che si so­vrap­po­ne in sim­me­tri­a pro­prio at­tra­ver­so i suoi e­stre­mi; poi è la base del tri­an­go­lo au­reo bda in cui cia­scun lato in­tro­du­ce la qua­dra­tu­ra del cer­chio [3], ed in­fi­ne la base del­lo stes­so tri­an­go­lo abd che, ruo­ta­ta di cir­ca 76°352 sul ver­ti­ce b di­ven­ta lato del più gran­de Tri­an­go­lo Au­reo bcd, pertinente al cer­chio [1] e do­ta­to di nu­o­ve spe­cia­li com­bi­na­zio­ni con l'im­pian­to au­reo ge­ne­ra­le, per le inattese cor­ri­spon­den­ze d'in­ter­se­zio­ni, e quelle doti di tan­gen­zialità che hanno condotto alla sua sco­perta.
Ho poi aggiunto alla fig. 2 un tri­an­go­lo aureo ruotato -90°, con la base a­dia­cen­te a un lato verticale del quadrato, in posizione tale che il vertice cor­ri­spon­da all'intersezione della base del quadrato con il raggio che unisce i 2 cer­chi (un effetto dei pixel bitmap riduce la precisione, che però è ben vi­si­bi­le nel PDF, di cui lascio la stimolante esplorazione al lettore curioso quanto me): e scopro che risulta tangente al cerchio Φ2; nel suo punto d'in­ter­se­zio­ne con il tri­an­go­lo aureo.
Subito accanto, attraversa l'incrocio di altri due cerchi: il Φ2 principale con quel­lo inscritto nel tri­an­go­lo aureo ricavato, la base del tri­an­go­lo aureo ridotto al 50% (rosato), e capovolto al centro del tri­an­go­lo aureo del cerchio [3], che insieme sviluppa tangenzialità ed attinenze ai vertici con altri tre cer­chi si­gni­fi­ca­tivi [azzurri]. Non è che un piccolo saggio di quel che può Φ!
Essendo solo un capriccio illustrativo, non ho programmato tutto in PostScript, per­ciò può non risultare perfetto in qualche punto, comunque non manca di ac­cu­ra­tezza e di una validità auto-dimostrante.

Quanto al mio operato personale in questo spazio di matematica, è stato svol­to non per ap­pa­ri­re una scoperta, esclusiva o meno, ma per solecitare gli uomini a com­pren­de­re e recepire fi­nal­men­te la preziosa eredità che han­no ricevuto.

E per cominciare, a correggere il π, per il bene di tutti.

Antonio Alessi © The Watch Publisher, 2003-24

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