Prima che sui numeri, la matematica si basa su concetti.
La Geometria – Architettura dell'Universo – modalizza questi concetti
con una precisione che nessun apparato di calcolo può raggiungere
se non in modo astratto e simbolico.
Mito ed Eresia
La QUADRATURA DEL CERCHIO CON RIGA E COMPASSO non solo non è impossibile come da tempo ormai si impone, ma è un processo insito nella stessa geometria ‘figurativa’ in maniera naturale, poiché il π è cardine delle leggi di armonia ed equilibrio che la regolano.
Si trattava solo di scoprirne la chiave, ago della bilancia geometrico tra stato di massa e stato energetico.
A tutto dispetto di quanto esibì F. Lindemann circa l'irrisolvibilità del problema, il suo successo fu ed è tutt'ora dovuto unicamente al fatto che il calcolo corrente del π è affidato da sempre a criteri eterogenei alle leggi / natura del cerchio.
Il π istituito deriva infatti nel più avanzato dei casi, dal ricondizionare il cerchio a poligono, adattando alla circonferenza accentuazioni poligonali progressive, sequenziate da formule che non lo rendono geometricamente deducibile.
In parole povere, la presunta trascendenza del π è dovuta al modo in cui è stato formulato, non al parametro algebrico da sempre accessibile, anche se mai acquisito finora.
Tutto è finito, infinito è solo ‘il Tutto’
Un anelito inverosimile quello di una scienza che si nomina esatta, basato sul presupposto di veder scomparire - sia pure ad improbabili limiti infinitesimali - la differenza, se non la diversità strutturale, tra segmento di retta ed arco di cerchio.
È l'errore palese a cui la ricerca forzata ha 'dovuto' indulgere;
ma a questo punto dovrà arrendersi, cominciando con il riconoscere che il vero problema non era propriamente la quadratura del cerchio, bensì l'identità del vero π.
Se il π ha superato di gran lunga il vanto della celebrità, ciò non è dovuto tanto alla sua indiscussa priorità scientifica, tanto meno all'esser comprovatamente perfetto, quanto al fatto che costituisce ancora la maggiore sfida, idealmente irrisolta ma eletta perciò a vessillo, che sbandiera millanta decimali del tutto inutili, al solo fine, più o meno conscio, di dissimulare l'inevitabile compromesso.
La Sezione Aurea Φ infatti – delle cui proprietà l'essenziale notazione è:
Φ × (1 + Φ) = 1|| 1 / φ = φ - 1 ,
per gli alterni valori: √5/2 ± .5 –
è l'unico divisore [÷] proporzionale che si pone come ago della bilancia tra la somma [+]n/Φ = n+Φn e la sottrazione [-]n/(n+Φn) = Φdel dividendo n, e che scopriremo strettamente imparentata al π
che ne è la radice quadrata, regolando attrazione/repulsione tra particelle, l'equilibrio gravitazionale ed il moto ondulatòrio
– meriterebbe altrettanto; e invece la si trova ovunque ridotta ad una pseudo spirale, attribuita per lo più con discutibile rispondenza ad opere di artisti che nemmeno la conoscevano, addirittura sorpassata, non di rado adombrata dall'anomala sequenza di Fibonacci, concepita solo qualche secolo fa in un torneo da fiera.
Questo mio lavoro illustrerà i fondamenti di tali affermazioni, che richiedono solo buon senso, introducendo alla soluzione radicale e definitiva dell'enigma π, riconducibile – assai più che a formule e calcoli infiniti che si sprecano da secoli in dibattiti e dimostrazioni negatòrie – alle proprietà auree di quello straordinario triangolo, sì! un triangolo per cominciare, analizzato e descritto nel mia precedente presentazione del "The unknown Great Golden Triangle and the Great Pyramid of Giza", che fa data fin dal 2003 ad una mia pubblicazione [ISBN 978-88-904390-5-6].
Per concludere al volo, una sintesi tout court è condensata a fine pagina; ma cliccando sul titolo potrai scaricare il PDF di 35 pagine.
PREMESSA
IL LINGUAGGIO DI RIGA E COMPASSO
Forse non occorse altro al Grande Architetto.
Che cosa significano “righello e compasso”?
Semplicemente — e O, un segmento ed un potenziale cerchio di dimensioni variabili, tracciabili ovunque purché a partire da punti (oltre al primo) idealmente definiti dallo sviluppo dell'impianto geometrico.
A livello esecutivo umano, ‘idealmente’ sottintende che la precisione teorica del tracciato potrà richiedere non tanto di avere la mano abbastanza ferma, quanto che nessuna collocazione dei tratti possa essere ottenuta da misurazione o squadra o goniometro, oppure arbitrata, come ad es. una tangente o una perpendicolare o un angolo per quanto evidenti.
Ogni punto dal quale proceda un tracciato, oltre a quello di partenza, deve poter risultare da un'equazione algebrica che rifletta il disegno.
Prima di calarci nella profonda relazione tra cerchio e quadrato, rivelata da una formazione triangolare della Sezione Aurea,
merita esaminare alcune semplici premesse, che introducono una simbolica relazione tra gli strumenti, concreti ed astratti, necessari e sufficenti ad inquadrare le strutture geometriche fondamentali.
Strumenti che appunto la geometria manuale rende fruibili, nei due che sono i termini di riferimento essenziali:
il righello, atto a tracciare linee rette, o meglio segmenti con un inizio ed una fine, per lo più determinati da punti di incontro di altre linee.
Rappresentano una continuità concreta e statica tra unità elementari, idealmente chiamate punti, adiacenti e non misurabili ma solo disegnabili.
il compasso, per tracciare linee curve, cerchi o archi di circonferenze che definiscono secondo lo stesso principio distanze costanti e dinamiche, relative ad estremità o punti di incontro di altre linee.
Così come il righello esprime di per sé concretezza, materialmente ravvisabile ad una linea già in essere, il compasso è astrazione costituita da due punte che esprimono solo la loro elongazione, peraltro non utilizzabile per riprodurre misure, e che non potranno mai congiungersi con un moto rettilineo.
In pratica, mentre il righello delinea se stesso, stabilendo una misurazione da un qualunque punto di partenza senza bisogno del compasso, quest'ultimo virtualmente deve fare riferimento ad un centro definito, ed in vari casi ad una misura detta raggio, virtualmente rappresentata o rappresentante un segmento, senza la quale, singolarmente, non sarebbe riconducibile ad alcuna espressione significativa.
Un cerchio quindi non può dare avvio ad un tracciato, poiché né il suo centro, né qualunque punto della circonferenza potrebbe essere assunto per continuare, non risultando da un percorso che lo identifichi.
È interessante meditare sul fatto che per poter riconoscere al cerchio la proprietà intrinseca di definire un segmento alla sua prima comparsa: una sorta di posa in opera, o prima pietra impersonata dal suo raggio, su cui costruire, dovremmo poter accedere al suo centro; ma il centro è irraggiungibile in quanto tale, ed il solo primo punto che si può fissare ed usare è quello di inizio o termine di una linea.
Ove perciò tale raggio fosse già definito da un segmento – o il compasso lo definisse con la sua apertura, facendo centro su un estremo della linea – i suoi due estremi consentiranno al cerchio come di sdoppiarsi ripetendo il centro su ciascuno dei due, dando luogo il loro incrocio ai più edificanti sviluppi.
Mi propongo di additare brevemente come il cerchio per sua proiezione sia la matrice di ogni poligono non solo nella costruzione manuale, ma anche nella proiezione geometrica astratta.
Nessuna incompatibilità preclude la quadratura del cerchio ma, come vedremo, la disomogeneità dei due formati si risolve nel legame imperscrutabile che connette il cerchio ad ogni sua ‘creatura’.
Appare primaria ed indicativa l'operazione per la quale, determinato un segmento AB, su questo potremo costruire con due soli passi il triangolo equilatero, primo tra i poligoni. Due circonferenze uguali e speculari con i centri sugli estremi A e B definiranno il punto di intersezione C, equidistante da A e B e potenziale vertice del triangolo ABC, ma anche di un rombo, o dello spaccato in piano di un tetraedro.
Utilizzerò di proposito cerchi interi anche se basterebbero dei semplici archi di circonferenza, per evidenziare un certo simbolismo che una mente attenta saprà cogliere.
Se due cerchi basteranno per il triangolo, per ottenere un quadrato – partendo da una base prefissata – il processo non sarà altrettanto immediato e potrebbe richiedere una certa concentrazione.
In questo caso, al fine di indurre un profilo epistemologico ad una ricerca che trovo emblematica del rapporto diretto ed esclusivo tra cerchio e quadrato, per mantenere il passo già avviato, vorremo essere tanto più esclusivi da ripetere come uno stampo la stessa circonferenza, avente per raggio il segmento di base; come dire con un compasso ad angolo fisso.
Ciò le attribuirà valenza univoca, escludendo ogni artificio o gioco di sponda di probabili percorsi alternativi, lasciando ad una regola quanto più possibile intrinseca tutta la sua trasparenza esplicativa, e con il minor numero di chiari passaggi, laddove l'utilizzo di cerchi a raggio variable non può rappresentare che dei più o meno semplici costrutti di geometria pratica.
Pur trattandosi senza dubbio del quesito più significativo, esso appare estraneo alle numerose esposizioni diffuse sul Web; forse perché si tratta di un rapporto ormai ufficialmente al bando.
Non rinuncerò quindi a sottoporlo al lettore, come l'ho sottoposto a me stesso, certo che troverà stimolante questo piccolo cimento, dal momento che non ho intravisto esempi e nemmeno risposte indirette nei vari siti che illustrano l'uso di righello e compasso.
Troverà la soluzione qua, ma non prima di essersi concentrato in proprio su carta e matita.
La domanda:
Delineare un quadrato di lato AB con un compasso a raggio fisso.
Se hai cliccato senza volere, puoi ancora attendere e provarci…
altrimenti procedi.
A posteriori (genn. 2023), posso solo aggiungere che quando ho inteso aprire questa ‘parentesi’, non avevo idea dello straordinario percorso che mi avrebbe atteso, fino al punto da creare un altro apposito dominio dedicato alla spirale aurea; lascio la stessa sorpresa a chi vorrà addentrarsi, alla scoperta di cose di cui non avrebbe sospettato l'esistenza, e che sarebbe troppo anticipare.
QUADRATO E CERCHIO
Altre riflessioni che seguono, proprio in quanto risultanti da una più attenta ponderazione maturata con lo studio che presento, potranno svolgere un'utile funzione introduttiva, in virtù di un carattere più letterario e descrittivo che matematico.
Lo studio proposto è frutto di riflessione infatti, ben più che di calcoli, che la natura pare aver elargito senza alcuno sforzo.
Starà al giudizio del lettore stabilire quale abbia precedenza e maggior rilievo.
Al di là del mero assunto geometrico, necessariamente limitato poiché di concezione umana e strumentale,
se il quadrato con le quattro direzioni che presenta si può considerare emblema dello spazio, della materia e della massa statica, il cerchio riconduce all'energia, alla vibrazione ondulatoria o suono, al tempo, che si attua e si svolge tramite le sue quattro fasi cicliche.
Il quadrato necessita di tutti i suoi estremi, o di una croce come dei quattro punti cardinali, che virtualmente lo definisca.
Dar vita ad un cerchio è assai più semplice: basta lasciar cadere una goccia, il suo centro, su una superficie d'acqua ferma, per veder formarsi non un solo circolo, ma una sequenza di anelli in rapida espansione con diametri via via crescenti.
Anche se le istantanee fotografiche non colgono che un attimo degli impulsi d'onde che si alternano dal centro, non è difficile rapportarne le dinamiche a schemi ricorrenti, che dipendono naturalmente dal peso, l'ampiezza e rispondenza del [velo] liquido ed altri fattori, ma sempre dando luogo e forma a ben distinti campi concentrici, di proporzioni crescenti, fino a perdersi in singole onde una accanto all'altra con l'esaurirsi della spinta iniziale.
Basta cercare “drop of water image” sulla rete per raffrontarle in quantità. Il cerchio esprime ad un tempo equidistanza da una sorgente [contrazione] e continuità isometrica [espansione].
La sua potenzialità, che virtualmente può racchiudersi anche nel solo centro, si manifesta a livello ondulatòrio, per tradursi in atto nel quadro delle sue fasi.
La geometria del quadrato ne ‘cristallizza’ la continua alternanza circolare, proiettandola in aree e direzioni distinte e separabili.
Sono brevi note ‘letterarie’ che vorremo considerare astratte, ma non astruse, intese a stimolare l'attenzione sulla natura e sul significato potenziale del cerchio, come di un'espressione latente sulla quale occorre meditare, per meglio assimilarne l'essenza e la radice profonda e funzionale, che si può senza dubbi definire trascendente.
L'origine [centro] e il manifesto avvolgimento del tutto [circonferenza], si possono ben riconoscere in primis nel più complesso e rappresentativo impianto geometrico del simbolismo esoterico mondiale (tramandato come Śrī Chakra yantra, la cui costruzione completa ho risolta da anni con esattezza assoluta per la prima volta nella nostra storia), poiché riconduce ad un costrutto cosmico universalmente riconosciuto come tale.
La sua planimetria si estende con tratti sorprendenti sulla serie di 8 cerchi concentrici, i cui diametri risultano in progressione aurea tra loro.
Gli stessi che si osservano in questa figura, applicati al medesimo triangolo maestro del mandala, corrispondente al profilo di sezione della grande piramide di Giza, secondo un'ordinata proiezione verticale che pubblicai in quel 2003, lasciando ipotizzare una sequenza di campi vibratòri con precisa risonanza all'interno della struttura; cosa che circa sette anni dopo sembra aver trovato un riscontro per lo meno da una analisi spettrale, grazie all'installazione di strumenti scientifici (muon detectors).
Oltre ad esser base di ogni relazione orbitale, da atomica ad astrofisica, la più misteriosa modalità di affermazione del cerchio è senza dubbio la spirale, simbiosi bidirezionale dei due valori di centro e periferia, origine e destino, che raccorda l'infinitesimo all'infinito.
Ritroveremo questi primi ingredienti come necessari se non sufficenti alla risoluzione naturale della quadratura del cerchio, presentata in questo lavoro, dal quale si evince la corretta definizione e genesi del π, la sola vera incognita e chiave del millenario enigma.
Prolungate riflessioni, tendenti a focalizzare ed esprimere meglio una certa linea di pensiero a seguire la pagina 28 del mio saggio, mi conducono con sempre maggior insistenza alla concezione del π oltre che come argomento di conversione dal quadrato al cerchio, come costante introduttiva alla geometria della gravità.
Poiché la gravità è sferica, ed il vero π è quello che determina la curvatura sferica partendo dal quadrato di qualunque raggio, traslando ora dagli assi cartesiani ad un sistema a 3 dimensioni xyz (concepito come spazio euclideo), esso (l'agente π) è il vettore della 4ª dimensione, la forza gravitazionale che, come un fattore di conversione dalla discretizzazione euclidea all'isotropia sferica, prelude o soprassiede all'addensamento della materia, abilitando l'equilibrio gravitativo la collocazione ed il moto delle masse, dalle particelle ai corpi celesti; e rallentando il livello vibratòrio [della Coscienza Creativa Universale] fino alla dimensione a noi visibile e praticabile; rallentamento che innesca la ‘rotondità del tempo’, in funzione degli attributi rotatòri e della ciclicità nel nostro spazio evolutivo.
Sotto il profilo matematico, e se volete quale approccio euristico, vorrei quindi poterlo considerare come la soglia - o elemento di transito - tra lo spazio euclideo [astratto] ed il non euclideo [concreto].
Il termine 'elemento' mi richiama l'idea del Fuoco, che a differenza da Terra, Acqua ed Aria non è soggetto a gravità, non avendo massa né dimensione propria, ma interagisce come tale con la massa degli altri tre trasformandola, sia dal loro interno che dall'esterno, e regolando gli equilibri dinamici per moto o per inerzia, espansione e contrazione, attrazione o repulsione.
È la funzione che sembra riconosciuta alla costante 0,78615[137775742…].
Il π agisce in quattro direzioni: l'integrazione stretta cerchio~quadrato, quattro, radice quadrata e moltiplicazione per quattro, o quattro al quadrato sono connaturate con sempre più evidenza.
Partendo dal π “singolo” da me proposto, l'area del cerchio di raggio =1 è la √Φ × 4.
L'area della sfera, non è che il ripetersi di uno spicchio, ¼ di superfice sferica, somma di quattro aree dei quadranti piani ottenuti da π × r², ossia di 4 aree del cerchio massimo. Il suo volume è quindi il ripetersi del volume di uno spicchio