2x2 = 3.14

π = QUADRATURA DEL CERCHIO

The Rosetta Stone' detail – © The Trustees of the British Museum
con il vero π : un cerchio di diametro 1 ha perimetro π, area Φ che e­le­va­ta al quadrato genera l'area Φ del quadrato di ugual perimetro, con lato = ¼ π 
Pri­ma che sui nu­me­ri, la ma­te­ma­ti­ca si basa su con­cet­ti. La Ge­o­me­tria – Ar­chi­tet­tu­ra del­l'U­ni­ver­so – mo­dalizza que­sti con­cet­ti con una pre­ci­sio­ne che nes­sun ap­pa­ra­to di cal­co­lo può rag­giun­ge­re se non in modo a­strat­to e sim­bo­li­co.

Mito ed E­re­sia

La QUA­DRA­TU­RA DEL CER­CHIO CON RIGA E COM­PAS­SO non solo non è im­pos­si­bi­le come da tem­po or­mai si im­po­ne, ma è un pro­ces­so in­si­to nel­la stes­sa ge­o­me­tria ‘fi­gu­ra­ti­va’ in ma­nie­ra na­tu­ra­le, po­i­ché il π è car­di­ne del­le leg­gi di ar­mo­nia ed e­qui­li­brio che la re­go­la­no.
Si trattava solo di sco­prir­ne la chia­ve, ago del­la bi­lan­cia ge­o­me­tri­co tra sta­to di mas­sa e sta­to e­ner­ge­ti­co.

A tut­to di­spet­to di quan­to esibì F. Lin­demann cir­ca l'ir­ri­sol­vi­bilità del pro­ble­ma, il suo suc­ces­so fu ed è tutt'ora do­vu­to u­ni­ca­men­te al fat­to che il cal­co­lo cor­ren­te del π è af­fi­da­to da sem­pre a cri­te­ri e­te­ro­ge­nei alle leg­gi ­/ na­tu­ra del cer­chio.

Il π i­sti­tu­i­to de­ri­va in­fat­ti nel più a­van­za­to dei casi, dal ri­con­di­zio­na­re il cer­chio a po­li­go­no, a­dat­tan­do alla cir­con­fe­ren­za ac­cen­tua­zio­ni po­li­go­na­li pro­gres­si­ve, se­quenziate da for­mu­le che non lo ren­do­no ge­o­me­tri­camente de­du­ci­bi­le.

DISCIPLINA DEL π E NATURALE QUADRATURA DEL CERCHIO - © 2021 The Watch Publisher"

In pa­ro­le po­ve­re, la pre­sun­ta tra­scen­den­za del π è do­vu­ta al modo in cui è sta­to for­mu­la­to, non al pa­ra­me­tro al­ge­bri­co da sem­pre ac­ces­si­bi­le, an­che se mai ac­qui­si­to fi­no­ra. La vera trascendenza, anche se non la si è mai os­ser­va­ta o compresa in quanto tale, è quella del cerchio stesso.

Si deve anzitutto riconoscere che la geometria non è seconda alla ma­te­ma­ti­ca, o una sua dipendenza come si usa pensare; semmai è il con­tra­rio, giac­ché l'Intento creatore non genera numeri ma forme, e le espressioni nu­me­ri­che, astratte e spoglie di ogni autonomia esistenziale, servono solo a ren­de­re leggibile, comprensibile e fruibile la geometria, che le compone secondo l'impianto universale, dall'atomo alla galassia.
I numeri sono solo l'alfabeto del linguaggio geometrico, e traggono il loro po­ten­zia­le sacrale dal significato intrinseco delle figure e delle relazioni che es­se rappresentano ed esprimono. Persino le quattro operazioni ma­te­ma­ti­che che li governano in formule emulano le dinamiche cardinali nel­lo spazio, vet­to­ri contrapposti e complementari, senza i quali i valori non rap­pre­sen­te­reb­be­ro che quantità sospese nel vuoto.
Preferiamo pensare che la Coscienza universale si sia manifestata rior­di­nan­do il caos tramite formule matematiche come le nostre, o realizzando for­me spazio-temporali perfettamente sinergiche?

Comunque sia, lungi dal dimostrare che la qua­dra­tu­ra del cer­chio con riga e com­pas­so è im­pos­si­bi­le, ciò evidenzia che il calcolo attuale del π non è e­sat­to ed as­so­lu­to: è solo realistico, ma non reale.
Anche se non era questa l'intenzione di Lin­demann, egli ha a suo modo blin­da­to il π da ogni avanzamento sulla sua verità; ma per la forza che a­li­men­ta la vita, si sa, anche un piccolo germoglio giunge a forare la roccia e fiorisce alla luce, fino a che nulla rimanga incompiuto.

inserto del 15/06/24
il fiore che ha forato la roccia
Ed eccolo quel germoglio, proprio qua, anche se rischia di rendere ob­so­le­ta gran parte della scrittura che segue, ed alla quale lo antepongo per la sua preziosa, se non de­ci­si­va rilevanza.
Il fatto è che dopo il lungo peregrinare nel giardino della geometria, co­glien­do ed esponendo alcune tra le forme più elementari quanto si­gni­fi­ca­tive, e­vi­den­te­mente doveva e poteva essere solo la geometria a dirigermi ad una ri­spo­sta emblematica al suesposto quesito, ri­con­du­cendomi al pa­ra­dig­ma del­la Grande Piramide di Giza, da cui tutto questo studio ha tratto inizio.
Sarà la piramide ad indicare da sola la verifica dell'esattezza del π da essa custodito, contro quello considerato assoluto dalla nostra ma­te­ma­tica.
Con una dimostrazione piana e lineare di due cerchi con i­den­ti­co rag­gio, ma tracciati con algoritmi diversi, uno di base a rapida e­se­cu­zio­ne, pre­su­mi­bil­men­te facente capo al π 3.14159, l'altro con l'uso di coordinate car­te­sia­ne se­no e coseno, che realizzano la circonferenza virtualmente punto per pun­to, il difetto della prima è visibile, incontestabile e spiegato fin dove pos­si­bi­le; naturalmente solo ad ingrandimenti in grado di evidenziare dif­fe­ren­ze mil­le­si­ma­li nel diagramma; ma quel che più conta, la loro di­ver­sa incidenza con un inatteso punto di incontro di cerchio, quadrato e tri­an­go­lo nello sche­ma vir­tua­le della piramide, non dovrebbe lasciare spazio per sostenere che sia giusto π = 3,14159 invece di π = 3,14460. Il che ol­tre­pas­sa l'impossibilità di venire a capo di qualunque ipotesi misurando le pietre al presente, grazie ad un messaggio geometrico che si impone da solo.
Chi poi non ne rimanesse convinto, può sempre continuare la lettura tra­la­scian­do l'attribuzione di π, per esplorare le speciali proprietà del numero 3.14460, modulato per ogni caso descritto da quel supremo triangolo au­reo che è un mondo, dotato di tali meraviglie che non si immaginava e­si­stessero racchiuse in un'unica figura.

Tut­to è fi­ni­to, in­fi­ni­to è solo ‘il Tut­to’
Un a­ne­li­to in­ve­ro­si­mi­le quel­lo di una scien­za che si no­mi­na e­sat­ta, ba­sa­to sul pre­sup­po­sto di ve­der scom­pa­ri­re - sia pure ad im­pro­ba­bi­li li­mi­ti in­fi­ni­te­si­ma­li - la dif­fe­ren­za, se non la di­ver­si­tà strut­tu­ra­le, tra seg­men­to di ret­ta ed arco di cer­chio.
È l'er­ro­re pa­le­se a cui la ri­cer­ca ir­ri­nun­cia­bi­le ha 'do­vu­to' in­dul­ge­re; ma ad un cer­to pun­to do­vrà ar­ren­der­si, co­min­cian­do con il ri­co­no­sce­re che il vero pro­ble­ma non era pro­pria­men­te la qua­dra­tu­ra del cer­chio, ben­sì l'i­den­ti­tà del­l'au­ten­ti­co π.
Un π di­gi­ta­le in­fat­ti, ov­ve­ro di­gi­talmente sfac­cet­ta­to se­con­do il cri­te­rio di un in­fi­ni­to con­ven­zionale ir­re­a­liz­za­bi­le, non po­trà mai con­te­ne­re la cur­va­tu­ra!
Solo un π or­ga­ni­co, il Pi alla ra­di­ce di Phi Φ lo può, van­tandone tut­ti i re­qui­si­ti; che se fos­se su­o­no po­trei de­fi­ni­re a­na­lo­gi­co; e non è det­to che non lo sia…

Dopo più di un anno, ho conseguito una dimostrazione i­ne­qui­vo­ca­bi­le di tale immancabile perfezione. Poiché il mio approfondimento della sezione aurea e del π si è molto amplificato da allora in varie direzioni, ed è im­pro­ba­bi­le che ven­ga letto tutto insieme, invito subito a verificare in que­st'ul­ti­ma pagina l'e­si­sten­za di un π naturale nella geometria es­sen­ziale.

Mi sto sfor­zan­do di es­se­re con­vin­cen­te, po­i­ché mi ren­do con­to che dif­fi­cil­men­te il mon­do ac­ca­de­mi­co po­treb­be i­nol­trar­si in un per­cor­so pu­ra­men­te in­tu­i­ti­vo - a di­spet­to del fa­mo­so “co­gi­to ergo sum”.
D'al­tra par­te, se ci tro­via­mo di fron­te ad un'i­po­te­si che per sua stes­sa na­tu­ra non è di­mo­stra­bi­le, è un dato di fat­to che non pos­sa es­se­re di­mo­stra­to nem­me­no il con­tra­rio, giac­ché tra le due vi­ci­nis­si­me de­fi­ni­zio­ni del π, una ne­ces­sa­riamente ar­ti­fi­cio­sa ed una ve­ro­si­mil­men­te na­ti­va, os­sia con­ge­ni­ta al­l'ar­mo­nia nu­me­ri­ca (come la trat­ta­zio­ne svi­lup­pa­ta fin qua do­vreb­be e­vi­den­zia­re) la pri­ma non po­trà as­sur­ge­re a tale pri­vi­le­gio, stan­te la ri­co­no­sciu­ta con­trad­di­zio­ne im­pli­ci­ta nel­la sua for­mu­la­zio­ne.
Pro­prio per que­sto, fo­ca­liz­za­re tale sco­per­ta e con­fron­to po­te­va che in­ter­ve­ni­re da una fon­te e­ster­na e in­di­pen­den­te.
Oc­correrà ora pren­der­ne co­scien­za e sta­bi­li­re se ar­roc­car­si nel com­pro­mes­so sco­la­sti­co, o vol­ger­si a tale ‘di­vi­na me­ra­vi­glia’ per quel caso su­pre­mo che non con­ce­de al­ter­na­ti­va.
O in­fi­ne riu­sci­re a mi­su­ra­re qua­le sia quel­lo giu­sto.

Se il π ha su­pe­ra­to di gran lun­ga il van­to del­la ce­le­bri­tà, ciò non è do­vu­to tan­to alla sua in­di­scus­sa prio­ri­tà scien­ti­fi­ca, tan­to meno al­l'es­ser com­pro­vatamente per­fet­to, quan­to al fat­to che co­sti­tu­i­sce an­co­ra la mag­gio­re sfi­da, i­de­al­men­te ir­ri­sol­ta ma e­let­ta per­ciò a ves­sil­lo, che sban­die­ra mil­lan­ta de­ci­ma­li del tut­to i­nu­ti­li, al solo fine, più o meno con­scio, di dis­si­mu­la­re l'i­ne­vi­ta­bi­le com­pro­mes­so.
La Se­zio­ne Au­rea Φ in­fat­ti – del­le cui pro­prie­tà l'es­sen­zia­le no­ta­zio­ne è:
Φ × (1 + Φ) = 1  ||  1 ­/ φ = φ - 1 , per gli al­ter­ni va­lo­ri: 5­/2 ± .5
è l'u­ni­co di­vi­so­re [÷] pro­por­zionale che si pone come ago del­la bi­lan­cia tra la som­ma [+] n­/Φ = n+Φn e la sot­tra­zio­ne [-] n­/(n+Φn) = Φ del di­vi­den­do n, e che sco­priremo stret­ta­men­te im­pa­ren­ta­ta al π che ne è la ra­di­ce qua­dra­ta, re­go­lan­do at­tra­zio­ne­/re­pul­sio­ne tra par­ti­cel­le, l'e­qui­li­brio gra­vi­ta­zio­na­le ed il moto on­du­latòrio – me­ri­te­reb­be al­tret­tan­to; e in­ve­ce la si tro­va o­vun­que ri­dot­ta ad una pse­u­do spi­ra­le, at­tri­bu­i­ta per lo più con di­scu­ti­bi­le ri­spon­den­za ad o­pe­re di ar­ti­sti che nem­me­no la co­no­sce­va­no, ad­di­rit­tu­ra sor­pas­sa­ta, non di rado a­dombrata dal­l'a­no­ma­la se­quen­za di Fi­bo­nac­ci, con­ce­pi­ta solo qual­che se­co­lo fa in un tor­neo da fie­­ra.
Siate pur certi che il tanto diffuso esaltare la sequenza di Fibonacci non è che dissimulare quel che non si è ancora compreso della profondità della sezione aurea nel creato. L'unico risvolto auspicabile è che tale scaletta ru­di­men­ta­le possa avvicinare alla verità matematica del Φ.

Sarà proprio la sezione aurea a indicarci la soluzione più contigua, de­su­mi­bi­le nell'ultima fase del lavoro su questo sito, ma che a questo punto me­ri­ta an­ti­ci­pa­re. Se non altro perché questa mia ricerca è talmente lunga ed ar­ti­co­la­ta su pagine interattive per argomentazioni in con­ti­nuo au­men­to, che ben pochi saranno disposti a seguirle fino in fondo.
Sia dato un cerchio con area Φq, che per qualunque teoria fondata del π ha diametro approssimabile a 1,000.
Vogliamo stabilirne la quadratura, il che dal punto di vista semantico, o an­che letterale, si attua in duplice modo sor­pren­den­te­men­te semplice e diretto: portandolo al quadrato o riportandolo alla sua radice quadrata.
Il primo caso significa non solo moltiplicarlo per se stesso, ma tra­sfor­mar­ne l'area in quella di valore Φq di un poligono quadrato, il cui la­to sarà ex novo Φ = 0.78615 ed il pe­ri­me­tro Φ × 4 = 3.14460…
Ora, se si calcola il raggio del cerchio dato, dalla formula π × r² = Φ,
per r²=Φ /3.1416, risulterà il raggio r=0,25024 quindi = 0,50024.
per r²=Φ /3.1446, risulterà il raggio r=0,25000 cioè = 0,500000.
Proseguendo l'interessante analisi comparativa sotto il profilo semantico, si osserva con quanta estrema facilità si può definire la quadratura del cer­chio per ottenere l'equivalente area delle due figure.
In pratica, come si porta al quadrato l'area del cerchio per giungere al po­li­go­no quadrato con uguale perimetro π, la si può utilizzare in senso op­po­sto quale identica area di un poligono quadrato, la cui ra­di­ce qua­dra­ta è la mi­su­ra del la­to, ovverosia4Φ = 0,88665; niente è più facile, na­tu­ra­le ed e­spli­ca­tivo.
Il rapporto tra i due risultati opposti, sulla bilancia ricorrente del quadrato e del­la sua radice, sia in termini di linguaggio che geometrici è e­sat­ta­men­te 4φ = 1,12784, e così deve essere, in accordo a quel limite della ragio­ne aurea per cui Φ × φ = 1, mentre qualsiasi valore dell'area di par­ten­za mag­gio­re o minore non potrà rispettarla di­sco­stan­dosene pro­gres­si­va­mente.

Tutta questa rispondenza armonica decade per scarti millesimali, se si fis­sa il π a 3.1416: tout court, il rapporto finale è 1.2732(² = 1,62114 e non 1.618).

Se poi si applica la procedura ad un'area maggiore, diciamo = 0.88665, il cerchio avrà raggio = 0.5310 e circonferenza = 3.339563, il perimetro del quadrato con la stessa area sarà 3.7665; con π = 3.1416, raggio = 0.5312 e circonferenza 3.337963, valore che si allontana ancor più dal 3.7665.
Ciò dovrebbe confermare che la Sezione Aurea è per così dire la com­bi­na­zio­ne della cassaforte, risultando la quadratura del cerchio insita, o in­te­gra­ta nella Divina Proporzione; a patto che si riconosca il π come la sua ra­di­ce quadrata moltiplicata per quattro, il che esprime appunto la sintesi vir­tua­le di quadratura del cerchio, dal suo centro~vertice Unico di origine da cui l'energia universale si espande e modalizza attraverso i quattro vet­to­ri com­po­nen­ti ­l'e­si­sten­za terrena.

Si tratterà pertanto di scegliere se prediligere le vanità di una ricerca sto­ri­ca i­ne­vi­ta­bil­men­te artificiosa, e pertanto non assolutamente perfetta, o l'am­ma­e­stra­men­to nell'immancabile per­fe­zio­ne del­l'In­tel­li­gen­za Vitale, an­che se ol­tre­pas­sa ogni possibilità di dimostrazione diretta.

Que­sto mio la­vo­ro il­lu­strerà i fon­da­men­ti iniziali di tali af­fer­ma­zio­ni, che ri­chie­do­no solo buon sen­so, in­tro­du­cen­do alla so­lu­zio­ne ra­di­ca­le e de­fi­ni­ti­va del­l'e­nig­ma π, ri­con­du­ci­bi­le – as­sai più che a for­mu­le e cal­co­li in­fi­ni­ti che si sprecano da se­co­li in di­bat­ti­ti e di­mo­stra­zioni ne­gatòrie – alle pro­prie­tà au­ree di quel­lo stra­or­di­na­rio trian­go­lo, sì! un trian­go­lo per co­min­cia­re, a­na­liz­za­to e de­scrit­to nel mia pre­ce­den­te pre­sen­ta­zio­ne del "The un­known Great Gol­den Triangle and the Great Py­ra­mid of Giza", che fa data fin dal 2003 ad una mia pub­bli­ca­zio­ne [ISBN 978-88-904390-5-6].
Per con­clu­de­re al volo, una sin­te­si tout co­urt è con­den­sa­ta a fine pa­gi­na; ma clic­can­do sul ti­to­lo po­trai sca­ri­ca­re il PDF di 35 pa­gi­ne.
PRE­MES­SA

IL LINGUAGGIO DI RIGA E COMPASSO

Forse non occorse altro al Grande Architetto.
Che cosa si­gni­fi­ca­no “ri­ghel­lo e com­pas­so”? Sem­pli­ce­mente e O, un seg­men­to ed un po­ten­zia­le cer­chio di di­men­sio­ni va­ria­bi­li, trac­ciabili o­vun­que pur­ché a par­ti­re da pun­ti (ol­tre al pri­mo) i­de­al­men­te de­fi­ni­ti dal­lo svi­lup­po del­l'im­pian­to ge­o­me­tri­co.

A li­vel­lo e­se­cu­ti­vo u­ma­no, ‘i­de­al­men­te’ sot­tin­ten­de che la pre­ci­sio­ne te­o­ri­ca del trac­cia­to po­trà ri­chie­de­re non tan­to di a­ve­re la mano ab­ba­stan­za fer­ma, quan­to che nes­su­na col­lo­ca­zio­ne dei trat­ti pos­sa es­se­re ot­te­nu­ta da mi­su­ra­zio­ne o squa­dra o go­nio­me­tro, op­pu­re ar­bitrata, come ad es. una tan­gen­te o una per­pen­di­co­la­re o un an­go­lo per quan­to e­vi­den­ti.
Ogni pun­to dal qua­le pro­ce­da un trac­cia­to, ol­tre a quel­lo di par­ten­za, deve po­ter ri­sul­ta­re da un'e­qua­zio­ne al­ge­bri­ca che ri­flet­ta il di­se­gno.

Pri­ma di calarci nel­la pro­fon­da re­la­zio­ne tra cer­chio e qua­dra­to, ri­ve­la­ta da una for­ma­zio­ne trian­go­la­re del­la Se­zio­ne Au­rea, me­ri­ta e­sa­mi­na­re al­cu­ne sem­pli­ci pre­mes­se, che in­tro­du­co­no una sim­bo­li­ca re­la­zio­ne tra gli stru­men­ti, con­cre­ti ed a­strat­ti, ne­ces­sa­ri e suf­fi­cen­ti ad in­qua­dra­re le strut­tu­re ge­o­me­tri­che fon­da­men­ta­li.
Stru­men­ti che ap­pun­to la ge­o­me­tria ma­nua­le ren­de fru­i­bi­li, nei due che sono i ter­mi­ni di ri­fe­ri­men­to es­sen­zia­li:
  1. il ri­ghel­lo, atto a trac­cia­re li­nee ret­te, o me­glio seg­men­ti con un i­ni­zio ed una fine, per lo più de­ter­mi­na­ti da pun­ti di in­con­tro di al­tre li­nee.
    Rap­pre­sen­tano una con­ti­nu­i­tà con­cre­ta e sta­ti­ca tra u­ni­tà e­le­men­ta­ri, i­de­al­men­te chia­ma­te pun­ti, a­dia­cen­ti e non mi­su­ra­bi­li ma solo di­se­gnabili.
  2. il com­pas­so, per trac­cia­re li­nee cur­ve, cer­chi o ar­chi di cir­con­fe­ren­ze che de­fi­ni­sco­no se­con­do lo stes­so prin­ci­pio di­stan­ze co­stan­ti e di­na­mi­che, re­la­ti­ve ad e­stre­mi­tà o pun­ti di in­con­tro di al­tre li­nee.
    La sua am­piez­za quin­di non po­trà mai es­se­re au­to­no­ma­men­te riu­ti­lizzata a sco­po ri­pe­ti­ti­vo.
Così come il ri­ghel­lo e­spri­me di per sé con­cre­tez­za, ma­te­rial­men­te rav­vi­sa­bi­le ad una li­nea già in es­se­re, il com­pas­so è a­stra­zio­ne co­sti­tu­i­ta da due pun­te che e­spri­mo­no solo la loro e­lon­ga­zio­ne, pe­ral­tro non u­ti­liz­za­bi­le per ri­pro­dur­re mi­su­re, e che non po­tran­no mai con­giun­ger­si con un moto ret­ti­li­neo.
In pra­ti­ca, men­tre il ri­ghel­lo de­li­nea se stes­so, sta­bi­len­do una mi­su­ra­zio­ne da un qua­lun­que pun­to di par­ten­za sen­za bi­so­gno del com­pas­so, que­st'ul­ti­mo vir­tual­men­te deve fare ri­fe­ri­men­to ad un cen­tro de­fi­ni­to, ed in vari casi ad una mi­su­ra det­ta rag­gio, vir­tual­men­te rap­pre­sentata o rap­pre­sentante un seg­men­to, sen­za la qua­le, sin­go­lar­men­te, non sa­reb­be ri­con­du­ci­bi­le ad al­cu­na e­spres­sio­ne si­gni­fi­ca­tiva.
Un cer­chio quin­di non può dare av­vio ad un trac­cia­to, po­i­ché né il suo cen­tro, né qua­lun­que pun­to del­la cir­con­fe­ren­za po­treb­be es­se­re as­sun­to per con­ti­nua­re, non ri­sul­tan­do da un per­cor­so che lo i­den­ti­fi­chi.
È in­te­res­san­te me­di­ta­re sul fat­to che per po­ter ri­co­no­sce­re al cer­chio la pro­prie­tà in­trin­se­ca di de­fi­ni­re un seg­men­to alla sua pri­ma com­par­sa: una sor­ta di posa in o­pe­ra, o pri­ma pie­tra im­per­so­na­ta dal suo rag­gio, su cui co­stru­i­re, do­vrem­mo po­ter ac­ce­de­re al suo cen­tro; ma il cen­tro è ir­rag­giun­gi­bi­le in quan­to tale, ed il solo pri­mo pun­to che si può fis­sa­re ed u­sa­re è quel­lo di i­ni­zio o ter­mi­ne di una li­nea.
Ove per­ciò tale rag­gio fos­se già de­fi­ni­to da un seg­men­to – o il com­pas­so lo de­finisse con la sua a­per­tu­ra, fa­cen­do cen­tro su un e­stre­mo del­la li­nea – i suoi due e­stre­mi con­sen­tiranno al cer­chio come di sdop­piar­si ri­pe­ten­do il cen­tro su cia­scu­no dei due, dan­do luo­go il loro in­cro­cio ai più e­di­fi­can­ti svi­lup­pi.

Mi pro­pon­go di ad­di­ta­re bre­ve­men­te come il cer­chio per sua pro­ie­zio­ne sia la ma­tri­ce di ogni po­li­go­no non solo nel­la co­stru­zio­ne ma­nua­le, ma an­che nel­la pro­ie­zio­ne ge­o­me­tri­ca a­strat­ta. Nes­su­na in­com­pa­ti­bi­li­tà pre­clu­de la qua­dra­tu­ra del cer­chio ma, come ve­dre­mo, la di­so­mo­ge­ne­i­tà dei due for­ma­ti si ri­sol­ve nel le­ga­me im­per­scru­ta­bi­le che con­net­te il cer­chio ad ogni sua ‘cre­a­tu­ra’.

Triangle From Circle Ap­pa­re pri­ma­ria ed in­di­ca­ti­va l'o­pe­ra­zio­ne per la qua­le, de­ter­mi­na­to un seg­men­to AB, su que­sto po­tre­mo co­stru­i­re con due soli pas­si il trian­go­lo e­qui­la­te­ro, pri­mo tra i po­li­go­ni. Due cir­con­fe­ren­ze u­gua­li e spe­cu­la­ri con i cen­tri su­gli e­stre­mi A e B de­fi­niranno il pun­to di in­ter­se­zio­ne C, e­qui­di­stan­te da A e B e po­ten­zia­le ver­ti­ce del trian­go­lo ABC, ma an­che di un rom­bo, o del­lo spac­ca­to in pia­no di un te­tra­e­dro.
U­ti­lizzerò di pro­po­si­to cer­chi in­te­ri an­che se ba­ste­reb­be­ro dei sem­pli­ci ar­chi di cir­con­fe­ren­za, per e­vi­den­zia­re un cer­to sim­bo­li­smo che una men­te at­ten­ta sa­prà co­glie­re.
Se due cer­chi ba­ste­ran­no per il trian­go­lo, per ot­te­ne­re un qua­dra­to – par­ten­do da una base pre­fis­sa­ta – il pro­ces­so non sarà al­tret­tan­to im­me­dia­to e po­treb­be ri­chie­de­re una cer­ta con­cen­tra­zio­ne.
In que­sto caso, al fine di in­dur­re un pro­fi­lo e­pi­ste­mo­lo­gi­co ad una ri­cer­ca che tro­vo em­ble­ma­ti­ca del rap­por­to di­ret­to ed e­sclu­si­vo tra cer­chio e qua­dra­to, per man­te­ne­re il pas­so già av­via­to, vor­re­mo es­se­re tan­to più e­sclu­si­vi da ri­pe­te­re come uno stam­po la stes­sa cir­con­fe­ren­za, a­ven­te per rag­gio il seg­men­to di base; come dire con un com­pas­so ad an­go­lo fis­so.
Ciò le at­tribuirà va­len­za u­ni­vo­ca, e­sclu­den­do ogni ar­ti­fi­cio o gio­co di spon­da di pro­ba­bi­li per­cor­si al­ter­na­ti­vi, la­scian­do ad una re­go­la quan­to più pos­si­bi­le in­trin­se­ca tut­ta la sua tra­spa­ren­za e­spli­ca­ti­va, e con il mi­nor nu­me­ro di chia­ri pas­sag­gi, lad­do­ve l'u­ti­liz­zo di cer­chi a rag­gio va­riable non può rap­pre­sen­ta­re che dei più o meno sem­pli­ci co­strut­ti di ge­o­me­tria pra­ti­ca.
Pur trat­tan­do­si sen­za dub­bio del que­si­to più si­gni­fi­ca­ti­vo, esso ap­pa­re e­stra­neo alle nu­me­ro­se e­spo­si­zio­ni dif­fu­se sul Web; for­se per­ché si trat­ta di un rap­por­to or­mai uf­fi­cial­men­te al ban­do.
Non ri­nun­ce­rò quin­di a sot­to­por­lo al let­to­re, come l'ho sot­to­po­sto a me stes­so, cer­to che tro­ve­rà sti­mo­lan­te que­sto pic­co­lo ci­men­to, dal mo­men­to che non ho in­tra­vi­sto e­sem­pi e nem­me­no ri­spo­ste in­di­ret­te nei vari siti che il­lu­stra­no l'uso di ri­ghel­lo e com­pas­so.
Tro­ve­rà la so­lu­zio­ne qua, ma non pri­ma di es­ser­si con­cen­tra­to in pro­prio su car­ta e ma­ti­ta.

QUADRATO E CERCHIO

Al­tre ri­fles­sio­ni che se­guo­no, pro­prio in quan­to ri­sul­tan­ti da una più at­ten­ta pon­de­ra­zio­ne ma­tu­ra­ta con lo stu­dio che pre­sen­to, po­tran­no svol­ge­re un'u­ti­le fun­zio­ne in­tro­dut­ti­va, in vir­tù di un ca­rat­te­re più let­te­ra­rio e de­scrit­ti­vo che ma­te­ma­ti­co.
Lo stu­dio pro­po­sto è frut­to di ri­fles­sio­ne in­fat­ti, ben più che di cal­co­li, che la na­tu­ra pare aver e­lar­gi­to sen­za al­cu­no sfor­zo.
Sta­rà al giu­di­zio del let­to­re sta­bi­li­re qua­le ab­bia pre­ce­den­za e mag­gior ri­lie­vo.

Al di là del mero as­sun­to ge­o­me­tri­co, ne­ces­sa­riamente li­mi­ta­to po­i­ché di con­ce­zio­ne u­ma­na e stru­men­ta­le, se il qua­dra­to con le quat­tro di­re­zio­ni che pre­sen­ta si può con­si­de­ra­re em­ble­ma del­lo spa­zio, del­la ma­te­ria e del­la mas­sa sta­ti­ca, il cer­chio ri­con­du­ce al­l'e­ner­gia, alla vi­bra­zio­ne on­du­la­to­ria o su­o­no, al tem­po, che si at­tua e si svol­ge tra­mi­te le sue quat­tro fasi ci­cli­che.

Il qua­dra­to ne­ces­si­ta di tut­ti i suoi e­stre­mi, o di una cro­ce come dei quat­tro pun­ti car­di­na­li, che vir­tual­men­te lo de­fi­ni­sca.
Dar vita ad un cer­chio è as­sai più sem­pli­ce: ba­sta la­sciar ca­de­re una goc­cia, il suo cen­tro, su una su­per­fi­cie d'ac­qua fer­ma, per ve­der for­mar­si non un solo cir­co­lo, ma una se­quen­za di a­nel­li in ra­pi­da e­span­sio­ne con dia­me­tri via via cre­scen­ti.

An­che se le i­stan­ta­nee fo­to­gra­fi­che non col­go­no che un at­ti­mo de­gli im­pul­si d'onde che si al­ter­na­no dal cen­tro, non è dif­fi­ci­le rap­portarne le di­na­mi­che a sche­mi ri­cor­ren­ti, che di­pen­do­no na­tu­ral­men­te dal peso, l'am­piez­za e ri­spon­den­za del [velo] li­qui­do ed al­tri fat­to­ri, ma sem­pre dan­do luo­go e for­ma a ben di­stin­ti cam­pi con­cen­tri­ci, di pro­por­zio­ni cre­scen­ti, fino a per­der­si in sin­go­le onde una ac­can­to al­l'al­tra con l'e­sa­u­rir­si del­la spin­ta i­ni­zia­le.
Ba­sta cer­ca­re “drop of wa­ter i­ma­ge” sul­la rete per raf­frontarle in quan­ti­tà.
Il cer­chio e­spri­me ad un tem­po e­qui­di­stan­za da una sor­gen­te [con­tra­zio­ne] e con­ti­nu­i­tà i­so­me­tri­ca [e­span­sio­ne].
La sua po­ten­zia­li­tà, che vir­tual­men­te può rac­chiu­der­si an­che nel solo cen­tro, si ma­ni­fe­sta a li­vel­lo on­du­latòrio, per tra­dur­si in atto nel qua­dro del­le sue fasi.
La ge­o­me­tria del qua­dra­to ne ‘cri­stal­liz­za’ la con­ti­nua al­ter­nan­za cir­co­la­re, pro­iet­tandola in aree e di­re­zio­ni di­stin­te e se­pa­ra­bi­li.
Sono bre­vi note ‘let­te­ra­rie’ che vor­re­mo con­si­de­ra­re a­strat­te, ma non a­stru­se, in­te­se a sti­mo­la­re l'at­ten­zio­ne sul­la na­tu­ra e sul si­gni­fi­ca­to po­ten­zia­le del cer­chio, come di un'e­spres­sio­ne la­ten­te sul­la qua­le oc­cor­re me­di­ta­re, per me­glio as­si­milarne l'es­sen­za e la ra­di­ce pro­fon­da e fun­zio­na­le, che si può sen­za dub­bi de­fi­ni­re tra­scen­den­te.

L'o­ri­gi­ne [cen­tro] e il ma­ni­fe­sto av­vol­gi­men­to del tut­to [cir­con­fe­ren­za], si pos­so­no ben ri­co­no­sce­re in pri­mis nel più com­ples­so e rap­pre­sen­ta­ti­vo im­pian­to ge­o­me­tri­co del sim­bo­li­smo e­so­te­ri­co mon­dia­le (tra­man­da­to come Śrī Chakra yantra, la cui co­stru­zio­ne com­ple­ta ho ri­sol­ta da anni con e­sat­tez­za as­so­lu­ta per la pri­ma vol­ta nel­la no­stra sto­ria), po­i­ché ri­con­du­ce ad un co­strut­to co­smi­co u­ni­ver­sal­men­te ri­co­no­sciu­to come tale.

La sua pla­ni­me­tria si e­sten­de con trat­ti sor­pren­den­ti sul­la se­rie di 8 cer­chi con­cen­tri­ci, i cui dia­me­tri ri­sul­ta­no in pro­gres­sio­ne au­rea tra loro.

Una vi­sta sche­ma­ti­ca rimanda ad
un e­strat­to PDF del te­sto o­ri­gi­na­le
.

Gli stes­si che si os­ser­va­no in que­sta fi­gu­ra, ap­pli­ca­ti al me­de­si­mo trian­go­lo ma­e­stro del man­da­la, cor­ri­spon­den­te al pro­fi­lo di se­zio­ne del­la gran­de pi­ra­mi­de di Giza, se­con­do un'or­di­na­ta pro­ie­zio­ne ver­ti­ca­le che pub­bli­cai in quel 2003, la­scian­do i­po­tiz­za­re una se­quen­za di cam­pi vi­bratòri con pre­ci­sa ri­so­nan­za al­l'in­ter­no del­la strut­tu­ra; cosa che cir­ca set­te anni dopo sem­bra aver tro­va­to un ri­scon­tro per lo meno da una a­na­li­si spet­tra­le, gra­zie al­l'in­stal­la­zio­ne di stru­men­ti scien­ti­fi­ci (muon de­tec­tors).

Si noti che tale disposizione verticale con la magica tangenzialità e sin­cro­ni­ci­tà dei cerchi in rapporto aureo, può dare corpo ad un solo tipo di triangolo: quel grande triangolo aureo di cui parlerò con effusione.
L'argomento cerchio~quadrato a sua volta troverà ulteriori sviluppi, fino ad un ultimo articolo sul φ e π nella Grande Piramide, poiché questa homepage ormai è solamente introduttiva.

Ol­tre ad es­ser base di ogni re­la­zio­ne or­bi­ta­le, da a­to­mi­ca ad a­stro­fi­si­ca, la più mi­ste­rio­sa mo­da­li­tà di af­fer­ma­zio­ne del cer­chio è sen­za dub­bio la spi­ra­le, sim­bio­si bi­di­re­zio­na­le dei due va­lo­ri di cen­tro e pe­ri­fe­ria, o­ri­gi­ne e de­sti­no, che rac­cor­da l'in­fi­ni­te­si­mo al­l'in­fi­ni­to.

Ri­troveremo que­sti pri­mi in­gre­dien­ti come ne­ces­sa­ri se non suf­fi­cen­ti alla ri­so­lu­zio­ne na­tu­ra­le del­la qua­dra­tu­ra del cer­chio, pre­sen­ta­ta in que­sto la­vo­ro, dal qua­le si e­vince la cor­ret­ta de­fi­ni­zio­ne e ge­ne­si del π, la sola vera in­co­gni­ta e chia­ve del mil­le­na­rio e­nig­ma.

Pro­lun­ga­te ri­fles­sio­ni, ten­den­ti a fo­ca­liz­za­re ed e­spri­me­re me­glio una cer­ta li­nea di pen­sie­ro a se­gui­re la pa­gi­na 28 del mio sag­gio, mi con­du­co­no con sem­pre mag­gior in­si­sten­za alla con­ce­zio­ne del π ol­tre che come ar­go­men­to di con­ver­sio­ne dal qua­dra­to al cer­chio, come co­stan­te in­tro­dut­ti­va alla ge­o­me­tria del­la gra­vi­tà.
Po­i­ché la gra­vi­tà è sfe­ri­ca, ed il vero π è quel­lo che de­ter­mi­na la cur­va­tu­ra sfe­ri­ca par­ten­do dal qua­dra­to di qua­lun­que rag­gio, tra­slan­do ora da­gli assi car­te­sia­ni ad un si­ste­ma a 3 di­men­sio­ni xyz (con­ce­pi­to come spa­zio eu­cli­deo), esso (l'a­gen­te π) è il vet­to­re del­la 4ª di­men­sio­ne, la for­za gra­vi­ta­zio­na­le che, come un fat­to­re di con­ver­sio­ne dal­la di­scre­tizzazione eu­cli­dea al­l'i­so­tro­pia sfe­ri­ca, pre­lu­de o so­prassiede al­l'ad­den­sa­men­to del­la ma­te­ria, a­bi­li­tan­do l'e­qui­li­brio gra­vi­tativo la col­lo­ca­zio­ne ed il moto del­le mas­se, dal­le par­ti­cel­le ai cor­pi ce­le­sti; e ral­len­tan­do il li­vel­lo vi­bratòrio [del­la Co­scien­za Cre­a­ti­va U­ni­ver­sa­le] fino alla di­men­sio­ne a noi vi­si­bi­le e pra­ti­ca­bi­le; ral­len­ta­men­to che in­ne­sca la ‘ro­ton­di­tà del tem­po’, in fun­zio­ne de­gli at­tri­bu­ti ro­tatòri e del­la ci­cli­ci­tà nel no­stro spa­zio e­vo­lu­ti­vo.
Sot­to il pro­fi­lo ma­te­ma­ti­co, e se vo­le­te qua­le ap­proc­cio eu­ri­sti­co, vor­rei quin­di po­ter­lo con­si­de­ra­re come la so­glia - o e­le­men­to di tran­si­to - tra lo spa­zio eu­cli­deo [a­strat­to] ed il non eu­cli­deo [con­cre­to]. Il ter­mi­ne 'e­le­men­to' mi ri­chia­ma l'idea del Fu­o­co, che a dif­fe­ren­za da Ter­ra, Ac­qua ed Aria non è sog­get­to a gra­vi­tà, non a­ven­do mas­sa né di­men­sio­ne pro­pria, ma in­te­ra­gi­sce come tale con la mas­sa de­gli al­tri tre tra­sfor­mandola, sia dal loro in­ter­no che dal­l'e­ster­no, e re­go­lan­do gli e­qui­li­bri di­na­mi­ci per moto o per i­ner­zia, e­span­sio­ne e con­tra­zio­ne, at­tra­zio­ne o re­pul­sio­ne.
È la fun­zio­ne che sem­bra ri­co­no­sciu­ta alla co­stan­te 0,78615[137775742…].
Il π a­gi­sce in quat­tro di­re­zio­ni: l'in­te­gra­zio­ne stret­ta cer­chio~qua­dra­to, quat­tro, ra­di­ce qua­dra­ta e mol­ti­pli­ca­zio­ne per quat­tro, o quat­tro al qua­dra­to sono con­na­tu­ra­te con sem­pre più e­vi­den­za.
Par­ten­do dal π “sin­go­lo” da me pro­po­sto, l'area del cer­chio di rag­gio =1 è la Φ × 4.
L'area del­la sfe­ra, non è che il ri­pe­ter­si di uno spic­chio, ¼ di su­per­fi­ce sfe­ri­ca, som­ma di quat­tro aree dei qua­dran­ti pia­ni ot­te­nu­ti da π × r², os­sia di 4 aree del cer­chio mas­si­mo. Il suo vo­lu­me è quin­di il ri­pe­ter­si del vo­lu­me di uno spic­chio

2x2 = 3.14

DISCIPLINA DEL π E NATURALE QUADRATURA DEL CERCHIO
© The Watch Publisher


in un cer­chio di dia­me­tro 1, π è la Ra­di­ce Qua­dra­ta del­la sua se­zio­ne au­rea
per se­co­la­re con­ven­zio­ne mol­ti­pli­ca­to ×4 = 3,144605511029693144
In altri termini, una volta estrapolato il Tri­an­go­lo d'Oro dalla Grande Piramide di Giza, niente di più facile:
Il solo modo per raggiungere il π è attraverso la Quadratura del Cerchio; e questa
è presente per quanto si sa unicamente nella vera architettura della Grande Piramide di Giza.

 
Non­di­me­no un'ul­te­rio­re a­na­li­si, a dir poco sin­go­la­re, è sta­ta svi­lup­pa­ta in ap­pen­di­ce pres­so A­stroTime. Non solo vie­ne co­stru­i­ta la Car­ta-del-Cie­lo ge­netliaca del tra­di­zio­na­le pi day – fe­steg­gia­to dal 1988 come ‘Gior­na­ta mon­dia­le del­la ma­te­ma­ti­ca’ – con una stu­pe­fa­cen­te sco­per­ta a­stro­lo­gi­ca, ma si ri­sol­ve fi­nan­che la strut­tu­ra ge­ne­ti­ca del­la ce­le­berrima quan­to sco­no­sciu­ta co­stan­te π, che a di­spet­to del più ca­le­i­do­scopico tiro al ber­sa­glio pen­sa­bi­le, con­ti­nua a go­ver­na­re il mon­do fi­si­co e non solo.
Per come la vedo io, al seguito di un amorevole e persistente esercizio di me­di­ta­zio­ne, voglio dar un'ulteriore dimostrazione del grado di parentela del π con la Sezione Aurea, un riscontro che abbatta qualsiasi obiezione.
Una riprova sconosciuta alla tradizione matematica globale, essendo im­per­nia­ta sul vero π.

feb­bra­io 2024 -Una prova che non si può rifiutare


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