2x2 = 3.14

π = QUADRATURA DEL CERCHIO

The Rosetta Stone' detail – © The Trustees of the British Museum
Pri­ma che sui nu­me­ri, la ma­te­ma­ti­ca si basa su con­cet­ti. La Ge­o­me­tria – Ar­chi­tet­tu­ra del­l'U­ni­ver­so – mo­dalizza que­sti con­cet­ti con una pre­ci­sio­ne che nes­sun ap­pa­ra­to di cal­co­lo può rag­giun­ge­re se non in modo a­strat­to e sim­bo­li­co.

Mito ed E­re­sia

La QUA­DRA­TU­RA DEL CER­CHIO CON RIGA E COM­PAS­SO non solo non è im­pos­si­bi­le come da tem­po or­mai si im­po­ne, ma è un pro­ces­so in­si­to nel­la stes­sa ge­o­me­tria ‘fi­gu­ra­ti­va’ in ma­nie­ra na­tu­ra­le, po­i­ché il π è car­di­ne del­le leg­gi di ar­mo­nia ed e­qui­li­brio che la re­go­la­no.
Si trattava solo di sco­prir­ne la chia­ve, ago del­la bi­lan­cia ge­o­me­tri­co tra sta­to di mas­sa e sta­to e­ner­ge­ti­co.

A tut­to di­spet­to di quan­to esibì F. Lin­demann cir­ca l'ir­ri­sol­vi­bilità del pro­ble­ma, il suo suc­ces­so fu ed è tutt'ora do­vu­to u­ni­ca­men­te al fat­to che il cal­co­lo cor­ren­te del π è af­fi­da­to da sem­pre a cri­te­ri e­te­ro­ge­nei alle leg­gi ­/ na­tu­ra del cer­chio.

Il π i­sti­tu­i­to de­ri­va in­fat­ti nel più a­van­za­to dei casi, dal ri­con­di­zio­na­re il cer­chio a po­li­go­no, a­dat­tan­do alla cir­con­fe­ren­za ac­cen­tua­zio­ni po­li­go­na­li pro­gres­si­ve, se­quenziate da for­mu­le che non lo ren­do­no ge­o­me­tri­camente de­du­ci­bi­le.

DISCIPLINA DEL π E NATURALE QUADRATURA DEL CERCHIO - © 2021 The Watch Publisher"

In pa­ro­le po­ve­re, la pre­sun­ta tra­scen­den­za del π è do­vu­ta al modo in cui è sta­to for­mu­la­to, non al pa­ra­me­tro al­ge­bri­co da sem­pre ac­ces­si­bi­le, an­che se mai ac­qui­si­to fi­no­ra.
Anche se non era questa l'intenzione di Lin­demann, egli ha in tal modo blin­da­to il π da ogni avanzamento sulla sua verità; ma per la forza che alimenta la vita, si sa, anche un piccolo germoglio giunge a forare la roccia e fiorisce alla luce, fino a che nulla rimanga incompiuto.
Tut­to è fi­ni­to, in­fi­ni­to è solo ‘il Tut­to’
Un a­ne­li­to in­ve­ro­si­mi­le quel­lo di una scien­za che si no­mi­na e­sat­ta, ba­sa­to sul pre­sup­po­sto di ve­der scom­pa­ri­re - sia pure ad im­pro­ba­bi­li li­mi­ti in­fi­ni­te­si­ma­li - la dif­fe­ren­za, se non la di­ver­si­tà strut­tu­ra­le, tra seg­men­to di ret­ta ed arco di cer­chio.
È l'er­ro­re pa­le­se a cui la ri­cer­ca ir­ri­nun­cia­bi­le ha 'do­vu­to' in­dul­ge­re; ma ad un cer­to pun­to do­vrà ar­ren­der­si, co­min­cian­do con il ri­co­no­sce­re che il vero pro­ble­ma non era pro­pria­men­te la qua­dra­tu­ra del cer­chio, ben­sì l'i­den­ti­tà del­l'au­ten­ti­co π.
Un π di­gi­ta­le in­fat­ti, ov­ve­ro di­gi­talmente sfac­cet­ta­to se­con­do il cri­te­rio di un in­fi­ni­to con­ven­zionale ir­re­a­liz­za­bi­le, non po­trà mai con­te­ne­re la cur­va­tu­ra!
Solo un π or­ga­ni­co, il Pi alla ra­di­ce di Phi Φ lo può, van­tandone tut­ti i re­qui­si­ti; che se fos­se su­o­no po­trei de­fi­ni­re a­na­lo­gi­co; e non è det­to che non lo sia…

Dopo più di un anno, ho conseguito una dimostrazione i­ne­qui­vo­ca­bi­le di tale immancabile perfezione. Poiché il mio approfondimento della sezione aurea e del π si è molto amplificato da allora in varie direzioni, ed è improbabile che ven­ga letto tutto insieme, invito subito a verificare in quest'ultima pagina l'e­si­sten­za di un π naturale nella geometria essenziale.

Mi sto sfor­zan­do di es­se­re con­vin­cen­te, po­i­ché mi ren­do con­to che dif­fi­cil­men­te il mon­do ac­ca­de­mi­co po­treb­be i­nol­trar­si in un per­cor­so pu­ra­men­te in­tu­i­ti­vo - a di­spet­to del fa­mo­so “co­gi­to ergo sum”.
D'al­tra par­te, se ci tro­via­mo di fron­te ad un'i­po­te­si che per sua stes­sa na­tu­ra non è di­mo­stra­bi­le, è un dato di fat­to che non pos­sa es­se­re di­mo­stra­to nem­me­no il con­tra­rio, giac­ché tra le due vi­ci­nis­si­me de­fi­ni­zio­ni del π, una ne­ces­sa­riamente ar­ti­fi­cio­sa ed una ve­ro­si­mil­men­te na­ti­va, os­sia con­ge­ni­ta al­l'ar­mo­nia nu­me­ri­ca (come la trat­ta­zio­ne svi­lup­pa­ta fin qua do­vreb­be e­vi­den­zia­re) la pri­ma non po­trà as­sur­ge­re a tale pri­vi­le­gio, stan­te la ri­co­no­sciu­ta con­trad­di­zio­ne im­pli­ci­ta nel­la sua for­mu­la­zio­ne.
Pro­prio per que­sto, fo­ca­liz­za­re tale sco­per­ta e con­fron­to po­te­va che in­ter­ve­ni­re da una fon­te e­ster­na e in­di­pen­den­te.
Oc­correrà ora pren­der­ne co­scien­za e sta­bi­li­re se ar­roc­car­si nel com­pro­mes­so sco­la­sti­co, o vol­ger­si a tale ‘di­vi­na me­ra­vi­glia’ per quel caso su­pre­mo che non con­ce­de al­ter­na­ti­va.
O in­fi­ne riu­sci­re a mi­su­ra­re qua­le sia quel­lo giu­sto.

Se il π ha su­pe­ra­to di gran lun­ga il van­to del­la ce­le­bri­tà, ciò non è do­vu­to tan­to alla sua in­di­scus­sa prio­ri­tà scien­ti­fi­ca, tan­to meno al­l'es­ser com­pro­vatamente per­fet­to, quan­to al fat­to che co­sti­tu­i­sce an­co­ra la mag­gio­re sfi­da, i­de­al­men­te ir­ri­sol­ta ma e­let­ta per­ciò a ves­sil­lo, che sban­die­ra mil­lan­ta de­ci­ma­li del tut­to i­nu­ti­li, al solo fine, più o meno con­scio, di dis­si­mu­la­re l'i­ne­vi­ta­bi­le com­pro­mes­so.
La Se­zio­ne Au­rea Φ in­fat­ti – del­le cui pro­prie­tà l'es­sen­zia­le no­ta­zio­ne è:
Φ × (1 + Φ) = 1  ||  1 ­/ φ = φ - 1 , per gli al­ter­ni va­lo­ri: 5­/2 ± .5
è l'u­ni­co di­vi­so­re [÷] pro­por­zionale che si pone come ago del­la bi­lan­cia tra la som­ma [+] n­/Φ = n+Φn e la sot­tra­zio­ne [-] n­/(n+Φn) = Φ del di­vi­den­do n, e che sco­priremo stret­ta­men­te im­pa­ren­ta­ta al π che ne è la ra­di­ce qua­dra­ta, re­go­lan­do at­tra­zio­ne­/re­pul­sio­ne tra par­ti­cel­le, l'e­qui­li­brio gra­vi­ta­zio­na­le ed il moto on­du­latòrio – me­ri­te­reb­be al­tret­tan­to; e in­ve­ce la si tro­va o­vun­que ri­dot­ta ad una pse­u­do spi­ra­le, at­tri­bu­i­ta per lo più con di­scu­ti­bi­le ri­spon­den­za ad o­pe­re di ar­ti­sti che nem­me­no la co­no­sce­va­no, ad­di­rit­tu­ra sor­pas­sa­ta, non di rado a­dombrata dal­l'a­no­ma­la se­quen­za di Fi­bo­nac­ci, con­ce­pi­ta solo qual­che se­co­lo fa in un tor­neo da fie­­ra.
Siate pur certi che il tanto diffuso esaltare la sequenza di Fibonacci non è che dissimulare quel che non si è ancora compreso della profondità della sezione aurea nel creato. L'unico risvolto auspicabile è che tale scaletta ru­di­men­ta­le possa avvicinare alla verità matematica del Φ.

Que­sto mio la­vo­ro il­lu­strerà i fon­da­men­ti di tali af­fer­ma­zio­ni, che ri­chie­do­no solo buon sen­so, in­tro­du­cen­do alla so­lu­zio­ne ra­di­ca­le e de­fi­ni­ti­va del­l'e­nig­ma π, ri­con­du­ci­bi­le – as­sai più che a for­mu­le e cal­co­li in­fi­ni­ti che si sprecano da se­co­li in di­bat­ti­ti e di­mo­stra­zioni ne­gatòrie – alle pro­prie­tà au­ree di quel­lo stra­or­di­na­rio trian­go­lo, sì! un trian­go­lo per co­min­cia­re, a­na­liz­za­to e de­scrit­to nel mia pre­ce­den­te pre­sen­ta­zio­ne del "The unknown Great Gol­den Triangle and the Great Py­ra­mid of Giza", che fa data fin dal 2003 ad una mia pub­bli­ca­zio­ne [ISBN 978-88-904390-5-6].
Per con­clu­de­re al volo, una sin­te­si tout co­urt è con­den­sa­ta a fine pa­gi­na; ma clic­can­do sul ti­to­lo po­trai sca­ri­ca­re il PDF di 35 pa­gi­ne.
PRE­MES­SA

IL LINGUAGGIO DI RIGA E COMPASSO

Forse non occorse altro al Grande Architetto.
Che cosa si­gni­fi­ca­no “ri­ghel­lo e com­pas­so”? Sem­pli­ce­mente e O, un seg­men­to ed un po­ten­zia­le cer­chio di di­men­sio­ni va­ria­bi­li, trac­ciabili o­vun­que pur­ché a par­ti­re da pun­ti (ol­tre al pri­mo) i­de­al­men­te de­fi­ni­ti dal­lo svi­lup­po del­l'im­pian­to ge­o­me­tri­co.

A li­vel­lo e­se­cu­ti­vo u­ma­no, ‘i­de­al­men­te’ sot­tin­ten­de che la pre­ci­sio­ne te­o­ri­ca del trac­cia­to po­trà ri­chie­de­re non tan­to di a­ve­re la mano ab­ba­stan­za fer­ma, quan­to che nes­su­na col­lo­ca­zio­ne dei trat­ti pos­sa es­se­re ot­te­nu­ta da mi­su­ra­zio­ne o squa­dra o go­nio­me­tro, op­pu­re ar­bitrata, come ad es. una tan­gen­te o una per­pen­di­co­la­re o un an­go­lo per quan­to e­vi­den­ti.
Ogni pun­to dal qua­le pro­ce­da un trac­cia­to, ol­tre a quel­lo di par­ten­za, deve po­ter ri­sul­ta­re da un'e­qua­zio­ne al­ge­bri­ca che ri­flet­ta il di­se­gno.

Pri­ma di calarci nel­la pro­fon­da re­la­zio­ne tra cer­chio e qua­dra­to, ri­ve­la­ta da una for­ma­zio­ne trian­go­la­re del­la Se­zio­ne Au­rea, me­ri­ta e­sa­mi­na­re al­cu­ne sem­pli­ci pre­mes­se, che in­tro­du­co­no una sim­bo­li­ca re­la­zio­ne tra gli stru­men­ti, con­cre­ti ed a­strat­ti, ne­ces­sa­ri e suf­fi­cen­ti ad in­qua­dra­re le strut­tu­re ge­o­me­tri­che fon­da­men­ta­li.
Stru­men­ti che ap­pun­to la ge­o­me­tria ma­nua­le ren­de fru­i­bi­li, nei due che sono i ter­mi­ni di ri­fe­ri­men­to es­sen­zia­li:
  1. il ri­ghel­lo, atto a trac­cia­re li­nee ret­te, o me­glio seg­men­ti con un i­ni­zio ed una fine, per lo più de­ter­mi­na­ti da pun­ti di in­con­tro di al­tre li­nee.
    Rap­pre­sen­tano una con­ti­nu­i­tà con­cre­ta e sta­ti­ca tra u­ni­tà e­le­men­ta­ri, i­de­al­men­te chia­ma­te pun­ti, a­dia­cen­ti e non mi­su­ra­bi­li ma solo di­se­gnabili.
  2. il com­pas­so, per trac­cia­re li­nee cur­ve, cer­chi o ar­chi di cir­con­fe­ren­ze che de­fi­ni­sco­no se­con­do lo stes­so prin­ci­pio di­stan­ze co­stan­ti e di­na­mi­che, re­la­ti­ve ad e­stre­mi­tà o pun­ti di in­con­tro di al­tre li­nee.
    La sua am­piez­za quin­di non po­trà mai es­se­re au­to­no­ma­men­te riu­ti­lizzata a sco­po ri­pe­ti­ti­vo.
Così come il ri­ghel­lo e­spri­me di per sé con­cre­tez­za, ma­te­rial­men­te rav­vi­sa­bi­le ad una li­nea già in es­se­re, il com­pas­so è a­stra­zio­ne co­sti­tu­i­ta da due pun­te che e­spri­mo­no solo la loro e­lon­ga­zio­ne, pe­ral­tro non u­ti­liz­za­bi­le per ri­pro­dur­re mi­su­re, e che non po­tran­no mai con­giun­ger­si con un moto ret­ti­li­neo.
In pra­ti­ca, men­tre il ri­ghel­lo de­li­nea se stes­so, sta­bi­len­do una mi­su­ra­zio­ne da un qua­lun­que pun­to di par­ten­za sen­za bi­so­gno del com­pas­so, que­st'ul­ti­mo vir­tual­men­te deve fare ri­fe­ri­men­to ad un cen­tro de­fi­ni­to, ed in vari casi ad una mi­su­ra det­ta rag­gio, vir­tual­men­te rap­pre­sentata o rap­pre­sentante un seg­men­to, sen­za la qua­le, sin­go­lar­men­te, non sa­reb­be ri­con­du­ci­bi­le ad al­cu­na e­spres­sio­ne si­gni­fi­ca­tiva.
Un cer­chio quin­di non può dare av­vio ad un trac­cia­to, po­i­ché né il suo cen­tro, né qua­lun­que pun­to del­la cir­con­fe­ren­za po­treb­be es­se­re as­sun­to per con­ti­nua­re, non ri­sul­tan­do da un per­cor­so che lo i­den­ti­fi­chi.
È in­te­res­san­te me­di­ta­re sul fat­to che per po­ter ri­co­no­sce­re al cer­chio la pro­prie­tà in­trin­se­ca di de­fi­ni­re un seg­men­to alla sua pri­ma com­par­sa: una sor­ta di posa in o­pe­ra, o pri­ma pie­tra im­per­so­na­ta dal suo rag­gio, su cui co­stru­i­re, do­vrem­mo po­ter ac­ce­de­re al suo cen­tro; ma il cen­tro è ir­rag­giun­gi­bi­le in quan­to tale, ed il solo pri­mo pun­to che si può fis­sa­re ed u­sa­re è quel­lo di i­ni­zio o ter­mi­ne di una li­nea.
Ove per­ciò tale rag­gio fos­se già de­fi­ni­to da un seg­men­to – o il com­pas­so lo de­finisse con la sua a­per­tu­ra, fa­cen­do cen­tro su un e­stre­mo del­la li­nea – i suoi due e­stre­mi con­sen­tiranno al cer­chio come di sdop­piar­si ri­pe­ten­do il cen­tro su cia­scu­no dei due, dan­do luo­go il loro in­cro­cio ai più e­di­fi­can­ti svi­lup­pi.

Mi pro­pon­go di ad­di­ta­re bre­ve­men­te come il cer­chio per sua pro­ie­zio­ne sia la ma­tri­ce di ogni po­li­go­no non solo nel­la co­stru­zio­ne ma­nua­le, ma an­che nel­la pro­ie­zio­ne ge­o­me­tri­ca a­strat­ta. Nes­su­na in­com­pa­ti­bi­li­tà pre­clu­de la qua­dra­tu­ra del cer­chio ma, come ve­dre­mo, la di­so­mo­ge­ne­i­tà dei due for­ma­ti si ri­sol­ve nel le­ga­me im­per­scru­ta­bi­le che con­net­te il cer­chio ad ogni sua ‘cre­a­tu­ra’.

Triangle From Circle Ap­pa­re pri­ma­ria ed in­di­ca­ti­va l'o­pe­ra­zio­ne per la qua­le, de­ter­mi­na­to un seg­men­to AB, su que­sto po­tre­mo co­stru­i­re con due soli pas­si il trian­go­lo e­qui­la­te­ro, pri­mo tra i po­li­go­ni. Due cir­con­fe­ren­ze u­gua­li e spe­cu­la­ri con i cen­tri su­gli e­stre­mi A e B de­fi­niranno il pun­to di in­ter­se­zio­ne C, e­qui­di­stan­te da A e B e po­ten­zia­le ver­ti­ce del trian­go­lo ABC, ma an­che di un rom­bo, o del­lo spac­ca­to in pia­no di un te­tra­e­dro.
U­ti­lizzerò di pro­po­si­to cer­chi in­te­ri an­che se ba­ste­reb­be­ro dei sem­pli­ci ar­chi di cir­con­fe­ren­za, per e­vi­den­zia­re un cer­to sim­bo­li­smo che una men­te at­ten­ta sa­prà co­glie­re.
Se due cer­chi ba­ste­ran­no per il trian­go­lo, per ot­te­ne­re un qua­dra­to – par­ten­do da una base pre­fis­sa­ta – il pro­ces­so non sarà al­tret­tan­to im­me­dia­to e po­treb­be ri­chie­de­re una cer­ta con­cen­tra­zio­ne.
In que­sto caso, al fine di in­dur­re un pro­fi­lo e­pi­ste­mo­lo­gi­co ad una ri­cer­ca che tro­vo em­ble­ma­ti­ca del rap­por­to di­ret­to ed e­sclu­si­vo tra cer­chio e qua­dra­to, per man­te­ne­re il pas­so già av­via­to, vor­re­mo es­se­re tan­to più e­sclu­si­vi da ri­pe­te­re come uno stam­po la stes­sa cir­con­fe­ren­za, a­ven­te per rag­gio il seg­men­to di base; come dire con un com­pas­so ad an­go­lo fis­so.
Ciò le at­tribuirà va­len­za u­ni­vo­ca, e­sclu­den­do ogni ar­ti­fi­cio o gio­co di spon­da di pro­ba­bi­li per­cor­si al­ter­na­ti­vi, la­scian­do ad una re­go­la quan­to più pos­si­bi­le in­trin­se­ca tut­ta la sua tra­spa­ren­za e­spli­ca­ti­va, e con il mi­nor nu­me­ro di chia­ri pas­sag­gi, lad­do­ve l'u­ti­liz­zo di cer­chi a rag­gio va­riable non può rap­pre­sen­ta­re che dei più o meno sem­pli­ci co­strut­ti di ge­o­me­tria pra­ti­ca.
Pur trat­tan­do­si sen­za dub­bio del que­si­to più si­gni­fi­ca­ti­vo, esso ap­pa­re e­stra­neo alle nu­me­ro­se e­spo­si­zio­ni dif­fu­se sul Web; for­se per­ché si trat­ta di un rap­por­to or­mai uf­fi­cial­men­te al ban­do.
Non ri­nun­ce­rò quin­di a sot­to­por­lo al let­to­re, come l'ho sot­to­po­sto a me stes­so, cer­to che tro­ve­rà sti­mo­lan­te que­sto pic­co­lo ci­men­to, dal mo­men­to che non ho in­tra­vi­sto e­sem­pi e nem­me­no ri­spo­ste in­di­ret­te nei vari siti che il­lu­stra­no l'uso di ri­ghel­lo e com­pas­so.
Tro­ve­rà la so­lu­zio­ne qua, ma non pri­ma di es­ser­si con­cen­tra­to in pro­prio su car­ta e ma­ti­ta.

QUADRATO E CERCHIO

Al­tre ri­fles­sio­ni che se­guo­no, pro­prio in quan­to ri­sul­tan­ti da una più at­ten­ta pon­de­ra­zio­ne ma­tu­ra­ta con lo stu­dio che pre­sen­to, po­tran­no svol­ge­re un'u­ti­le fun­zio­ne in­tro­dut­ti­va, in vir­tù di un ca­rat­te­re più let­te­ra­rio e de­scrit­ti­vo che ma­te­ma­ti­co.
Lo stu­dio pro­po­sto è frut­to di ri­fles­sio­ne in­fat­ti, ben più che di cal­co­li, che la na­tu­ra pare aver e­lar­gi­to sen­za al­cu­no sfor­zo.
Sta­rà al giu­di­zio del let­to­re sta­bi­li­re qua­le ab­bia pre­ce­den­za e mag­gior ri­lie­vo.

Al di là del mero as­sun­to ge­o­me­tri­co, ne­ces­sa­riamente li­mi­ta­to po­i­ché di con­ce­zio­ne u­ma­na e stru­men­ta­le, se il qua­dra­to con le quat­tro di­re­zio­ni che pre­sen­ta si può con­si­de­ra­re em­ble­ma del­lo spa­zio, del­la ma­te­ria e del­la mas­sa sta­ti­ca, il cer­chio ri­con­du­ce al­l'e­ner­gia, alla vi­bra­zio­ne on­du­la­to­ria o su­o­no, al tem­po, che si at­tua e si svol­ge tra­mi­te le sue quat­tro fasi ci­cli­che.

Il qua­dra­to ne­ces­si­ta di tut­ti i suoi e­stre­mi, o di una cro­ce come dei quat­tro pun­ti car­di­na­li, che vir­tual­men­te lo de­fi­ni­sca.
Dar vita ad un cer­chio è as­sai più sem­pli­ce: ba­sta la­sciar ca­de­re una goc­cia, il suo cen­tro, su una su­per­fi­cie d'ac­qua fer­ma, per ve­der for­mar­si non un solo cir­co­lo, ma una se­quen­za di a­nel­li in ra­pi­da e­span­sio­ne con dia­me­tri via via cre­scen­ti.

An­che se le i­stan­ta­nee fo­to­gra­fi­che non col­go­no che un at­ti­mo de­gli im­pul­si d'onde che si al­ter­na­no dal cen­tro, non è dif­fi­ci­le rap­portarne le di­na­mi­che a sche­mi ri­cor­ren­ti, che di­pen­do­no na­tu­ral­men­te dal peso, l'am­piez­za e ri­spon­den­za del [velo] li­qui­do ed al­tri fat­to­ri, ma sem­pre dan­do luo­go e for­ma a ben di­stin­ti cam­pi con­cen­tri­ci, di pro­por­zio­ni cre­scen­ti, fino a per­der­si in sin­go­le onde una ac­can­to al­l'al­tra con l'e­sa­u­rir­si del­la spin­ta i­ni­zia­le.
Ba­sta cer­ca­re “drop of wa­ter i­ma­ge” sul­la rete per raf­frontarle in quan­ti­tà.
Il cer­chio e­spri­me ad un tem­po e­qui­di­stan­za da una sor­gen­te [con­tra­zio­ne] e con­ti­nu­i­tà i­so­me­tri­ca [e­span­sio­ne].
La sua po­ten­zia­li­tà, che vir­tual­men­te può rac­chiu­der­si an­che nel solo cen­tro, si ma­ni­fe­sta a li­vel­lo on­du­latòrio, per tra­dur­si in atto nel qua­dro del­le sue fasi.
La ge­o­me­tria del qua­dra­to ne ‘cri­stal­liz­za’ la con­ti­nua al­ter­nan­za cir­co­la­re, pro­iet­tandola in aree e di­re­zio­ni di­stin­te e se­pa­ra­bi­li.
Sono bre­vi note ‘let­te­ra­rie’ che vor­re­mo con­si­de­ra­re a­strat­te, ma non a­stru­se, in­te­se a sti­mo­la­re l'at­ten­zio­ne sul­la na­tu­ra e sul si­gni­fi­ca­to po­ten­zia­le del cer­chio, come di un'e­spres­sio­ne la­ten­te sul­la qua­le oc­cor­re me­di­ta­re, per me­glio as­si­milarne l'es­sen­za e la ra­di­ce pro­fon­da e fun­zio­na­le, che si può sen­za dub­bi de­fi­ni­re tra­scen­den­te.

L'o­ri­gi­ne [cen­tro] e il ma­ni­fe­sto av­vol­gi­men­to del tut­to [cir­con­fe­ren­za], si pos­so­no ben ri­co­no­sce­re in pri­mis nel più com­ples­so e rap­pre­sen­ta­ti­vo im­pian­to ge­o­me­tri­co del sim­bo­li­smo e­so­te­ri­co mon­dia­le (tra­man­da­to come Śrī Chakra yantra, la cui co­stru­zio­ne com­ple­ta ho ri­sol­ta da anni con e­sat­tez­za as­so­lu­ta per la pri­ma vol­ta nel­la no­stra sto­ria), po­i­ché ri­con­du­ce ad un co­strut­to co­smi­co u­ni­ver­sal­men­te ri­co­no­sciu­to come tale.

La sua pla­ni­me­tria si e­sten­de con trat­ti sor­pren­den­ti sul­la se­rie di 8 cer­chi con­cen­tri­ci, i cui dia­me­tri ri­sul­ta­no in pro­gres­sio­ne au­rea tra loro.

Una vi­sta sche­ma­ti­ca rimanda ad
un e­strat­to PDF del te­sto o­ri­gi­na­le
.

Gli stes­si che si os­ser­va­no in que­sta fi­gu­ra, ap­pli­ca­ti al me­de­si­mo trian­go­lo ma­e­stro del mandala, cor­ri­spon­den­te al pro­fi­lo di se­zio­ne del­la gran­de pi­ra­mi­de di Giza, se­con­do un'or­di­na­ta pro­ie­zio­ne ver­ti­ca­le che pub­bli­cai in quel 2003, la­scian­do i­po­tiz­za­re una se­quen­za di cam­pi vi­bratòri con pre­ci­sa ri­so­nan­za al­l'in­ter­no del­la strut­tu­ra; cosa che cir­ca set­te anni dopo sem­bra aver tro­va­to un ri­scon­tro per lo meno da una a­na­li­si spet­tra­le, gra­zie al­l'in­stal­la­zio­ne di stru­men­ti scien­ti­fi­ci (muon de­tec­tors).

Ol­tre ad es­ser base di ogni re­la­zio­ne or­bi­ta­le, da a­to­mi­ca ad a­stro­fi­si­ca, la più mi­ste­rio­sa mo­da­li­tà di af­fer­ma­zio­ne del cer­chio è sen­za dub­bio la spi­ra­le, sim­bio­si bi­di­re­zio­na­le dei due va­lo­ri di cen­tro e pe­ri­fe­ria, o­ri­gi­ne e de­sti­no, che rac­cor­da l'in­fi­ni­te­si­mo al­l'in­fi­ni­to.

Ri­troveremo que­sti pri­mi in­gre­dien­ti come ne­ces­sa­ri se non suf­fi­cen­ti alla ri­so­lu­zio­ne na­tu­ra­le del­la qua­dra­tu­ra del cer­chio, pre­sen­ta­ta in que­sto la­vo­ro, dal qua­le si e­vince la cor­ret­ta de­fi­ni­zio­ne e ge­ne­si del π, la sola vera in­co­gni­ta e chia­ve del mil­le­na­rio e­nig­ma.

Pro­lun­ga­te ri­fles­sio­ni, ten­den­ti a fo­ca­liz­za­re ed e­spri­me­re me­glio una cer­ta li­nea di pen­sie­ro a se­gui­re la pa­gi­na 28 del mio sag­gio, mi con­du­co­no con sem­pre mag­gior in­si­sten­za alla con­ce­zio­ne del π ol­tre che come ar­go­men­to di con­ver­sio­ne dal qua­dra­to al cer­chio, come co­stan­te in­tro­dut­ti­va alla ge­o­me­tria del­la gra­vi­tà.
Po­i­ché la gra­vi­tà è sfe­ri­ca, ed il vero π è quel­lo che de­ter­mi­na la cur­va­tu­ra sfe­ri­ca par­ten­do dal qua­dra­to di qua­lun­que rag­gio, tra­slan­do ora da­gli assi car­te­sia­ni ad un si­ste­ma a 3 di­men­sio­ni xyz (con­ce­pi­to come spa­zio eu­cli­deo), esso (l'a­gen­te π) è il vet­to­re del­la 4ª di­men­sio­ne, la for­za gra­vi­ta­zio­na­le che, come un fat­to­re di con­ver­sio­ne dal­la di­scre­tizzazione eu­cli­dea al­l'i­so­tro­pia sfe­ri­ca, pre­lu­de o so­prassiede al­l'ad­den­sa­men­to del­la ma­te­ria, a­bi­li­tan­do l'e­qui­li­brio gra­vi­tativo la col­lo­ca­zio­ne ed il moto del­le mas­se, dal­le par­ti­cel­le ai cor­pi ce­le­sti; e ral­len­tan­do il li­vel­lo vi­bratòrio [del­la Co­scien­za Cre­a­ti­va U­ni­ver­sa­le] fino alla di­men­sio­ne a noi vi­si­bi­le e pra­ti­ca­bi­le; ral­len­ta­men­to che in­ne­sca la ‘ro­ton­di­tà del tem­po’, in fun­zio­ne de­gli at­tri­bu­ti ro­tatòri e del­la ci­cli­ci­tà nel no­stro spa­zio e­vo­lu­ti­vo.
Sot­to il pro­fi­lo ma­te­ma­ti­co, e se vo­le­te qua­le ap­proc­cio eu­ri­sti­co, vor­rei quin­di po­ter­lo con­si­de­ra­re come la so­glia - o e­le­men­to di tran­si­to - tra lo spa­zio eu­cli­deo [a­strat­to] ed il non eu­cli­deo [con­cre­to]. Il ter­mi­ne 'e­le­men­to' mi ri­chia­ma l'idea del Fu­o­co, che a dif­fe­ren­za da Ter­ra, Ac­qua ed Aria non è sog­get­to a gra­vi­tà, non a­ven­do mas­sa né di­men­sio­ne pro­pria, ma in­te­ra­gi­sce come tale con la mas­sa de­gli al­tri tre tra­sfor­mandola, sia dal loro in­ter­no che dal­l'e­ster­no, e re­go­lan­do gli e­qui­li­bri di­na­mi­ci per moto o per i­ner­zia, e­span­sio­ne e con­tra­zio­ne, at­tra­zio­ne o re­pul­sio­ne.
È la fun­zio­ne che sem­bra ri­co­no­sciu­ta alla co­stan­te 0,78615[137775742…].
Il π a­gi­sce in quat­tro di­re­zio­ni: l'in­te­gra­zio­ne stret­ta cer­chio~qua­dra­to, quat­tro, ra­di­ce qua­dra­ta e mol­ti­pli­ca­zio­ne per quat­tro, o quat­tro al qua­dra­to sono con­na­tu­ra­te con sem­pre più e­vi­den­za.
Par­ten­do dal π “sin­go­lo” da me pro­po­sto, l'area del cer­chio di rag­gio =1 è la Φ × 4.
L'area del­la sfe­ra, non è che il ri­pe­ter­si di uno spic­chio, ¼ di su­per­fi­ce sfe­ri­ca, som­ma di quat­tro aree dei qua­dran­ti pia­ni ot­te­nu­ti da π × r², os­sia di 4 aree del cer­chio mas­si­mo. Il suo vo­lu­me è quin­di il ri­pe­ter­si del vo­lu­me di uno spic­chio

2x2 = 3.14

DISCIPLINA DEL π E NATURALE QUADRATURA DEL CERCHIO
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in un cer­chio di dia­me­tro 1, π è la Ra­di­ce Qua­dra­ta del­la sua se­zio­ne au­rea
per se­co­la­re con­ven­zio­ne mol­ti­pli­ca­to ×4 = 3,144605511029693144

 
Non­di­me­no un'ul­te­rio­re a­na­li­si, a dir poco sin­go­la­re, è sta­ta svi­lup­pa­ta in ap­pen­di­ce pres­so A­stroTime. Non solo vie­ne co­stru­i­ta la Car­ta-del-Cie­lo ge­netliaca del tra­di­zio­na­le pi day – fe­steg­gia­to dal 1988 come ‘Gior­na­ta mon­dia­le del­la ma­te­ma­ti­ca’ – con una stu­pe­fa­cen­te sco­per­ta a­stro­lo­gi­ca, ma si ri­sol­ve fi­nan­che la strut­tu­ra ge­ne­ti­ca del­la ce­le­berrima quan­to sco­no­sciu­ta co­stan­te π, che a di­spet­to del più ca­le­i­do­scopico tiro al ber­sa­glio pen­sa­bi­le, con­ti­nua a go­ver­na­re il mon­do fi­si­co e non solo.
Per come la vedo io, al seguito di un amorevole e persistente esercizio di me­di­ta­zio­ne, voglio dar un'ulteriore dimostrazione del grado di parentela del π con la Sezione Aurea, un riscontro che abbatta qualsiasi obiezione.
Una riprova sconosciuta alla tradizione matematica globale, essendo im­per­nia­ta sul vero π.

feb­bra­io 2024 -Una prova che non si può rifiutare


An­to­nio A­lessi © The Watch Pu­blisher, 2003-24